Il ricordo di Paolo Rossi: “Una leggenda per amico”

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Il ricordo di Paolo Rossi: “Una leggenda per amico”. Il ‘nostro’ Avv. Gian Luca Laurenzi ripercorre le tappe di un rapporto molto solido con il ‘Campione del Mondo 82’

   

Scrivere non mi ha mai messo paura: d’altronde fa parte del mio lavoro di avvocato.

Stamattina, quando il Direttore Sonaglia mi ha chiesto se me la sentissi di scrivere alcune righe su Paolo Rossi, ho risposto subito di sì.

Ma ora davanti alla tastiera non so da dove cominciare, perché in maniera ossessiva mi gira in mente il pensiero “e che cavolo!! Pure Paolino, no, NO!!”.

Pensare a Paolo Rossi, per me, è pensare a sua moglie Federica, quella che per me è la mia “sorellina” acquisita.

Sì, perché quando una trentina di anni fa ero in rianimazione, lottando tra la vita e la morte, da una parte avevo la mia sorella vera, Maria Laura e dall’altra la mia amica Federica, entrambe che lottavano con me.

Quando, nel 2011, improvvisamente morì mio padre, quella maledetta mattina in ospedale con me e la mia famiglia, c’erano Federica e Paolo.

Ed ho visto nascere la stupenda storia d’amore tra lei e Paolo.

Per amore di Paolo, Federica – che ha una prosa sopraffina – ha abbandonato la carriera di giornalista, che sono sicuro, sarebbe stata strepitosa.

Alla fine degli anni ’90, Federica riportò Paolino dopo anni a Perugia alla Sala dei Notari.

Conosco bene Chica e mi ero accorto di come si guardavano quella sera lei e Paolo: «Chica, non mi devi dire nulla??»«No, Lalli, cosa ti dovrei dire?» mi rispose con i suoi occhi furbi che ridevano.

Poco tempo dopo, mi chiamò da Firenze, dove lavorava per La Nazione «Ti devo dire una cosa: mi vedo con Paolo, ma stiamo tenendo la cosa riservata».

«Sei felice?» le chiesi, «Tanto Lalli: è una persona straordinaria, quando lo conoscerai ti renderai conto».

E quando lo conobbi, mi resi conto che Federica non si sbagliava.

Paolo Rossi è stato un mito, una leggenda.

Colui che ha schiantato il Brasile più forte – dopo quello di Pelè e Garrincha – conuna tripletta, consegnando all’Italia la terza Coppa del Mondo.

Colui che ha vinto scudetti, classifiche cannonieri, Coppe ed il Pallone d’oro, primo italiano dopo Rivera.

Conoscere personalmente una leggenda, molte volte è una delusione, perché l’uomo spesso non è all’altezza del mito.

Paolo, invece, è stata la classica eccezione che conferma la regola e mi sono accorto che Federica aveva ragione: una persona straordinaria.

Un’estate di una decina di anni fa eravamo tutti insieme in spiaggia a Forte dei Marmi, sotto la nostra tenda.

C’era anche la mamma di Paolo, la signora Ivana.

Ed era un continuo viavai di persone che volevano salutarlo, farsi un selfie o solo vederlo da vicino.

Gli chiesi come faceva ad essere sempre cortese e disponibile con tutti, mai esasperato dalle continue intromissioni di estranei.

«Sai» mi rispose «Lo fanno per amore… se sono Paolo Rossi lo devo anche a loro e non sarebbe giusto essere scostante e tirarmi indietro».

Questo era Paolino.

E tutte le volte che l’ho chiamato per attività benefiche non si è mai tirato indietro, come immagine e, soprattutto, col portafoglio, ma pretendendo sempre che le sue donazioni rimanessero riservate.

Come quando organizzammo al Teatro Brecht di S. Sisto la raccolta fondi con la rappresentazione teatrale della “Stravagante notte di Mamma Natale”, scritta ed interpretata da Federica e Maria Vittoria, con Paolo che salì sul palco per esortare tutti ad aiutare.

Ma Paolo era anche un “amicone”, pronto alla battuta o alla presa in giro, con la sua insopprimibile toscanità.

Quando scrisse “1982. Il mio mitico mondiale” mi chiese un breve contributo da inserire nel libro e lì confessai di non aver visto in diretta la leggendaria Italia-Brasile, perché mi stavo “intrattenendo” con una ragazza.

Dato che non sono mai stato un “dongiovanni”, per una volta che ero riuscito finalmente a rimorchiarne una, mi ero perso la sua tripletta, che rividi la sera in differita.

Mi ricordo che quando gli mandai il manoscritto, mi telefonò e non riusciva a parlare da quanto stava ridendo.

Ho in mente la fotografia di Federica che allatta Maria Vittoria – nata pochi mesi prima – nella sala d’aspetto della sala parto, mentre stava nascendo mio nipote; oppure io e Paolino che chiacchieriamo seduti sul letto della camera d’ospedale di Federica, mentre attendiamo che l’ostetrica portasse Sofia Elena, nata poche ore prima.

Tutte le volte – anche poco tempo fa – che ho avuto bisogno, Federica e Paolo ci sono sempre stati.

Oggi penso a Federica, ma soprattutto penso a Maria Vittoria e Sofia Elena, le loro bellissime figlie.

E quindi, se oggi tutto il mondo pensa alla leggenda, al campione Paolo Rossi, io voglio pensare con affetto al padre, al marito, all’amico.

Avv. Gian Luca Laurenzi