Montone: il borgo orgoglioso della “Medaglia d’onore” ricevuta da Alfredo Ricci

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Riconoscimento consegnato alla nipote Annalisa nel “Giorno della Memoria”

   

“La Comunità di Montone è stata davvero orgogliosa del conferimento al nostro concittadino Alfredo Ricci della “Medaglia d’onore”, in qualità di internato nei campi di prigionia tedeschi”. Sono le parole del sindaco Mirco Rinaldi, e dell’intera amministrazione comunale, appresa la notizia della cerimonia di consegna da parte del Prefetto di Perugia di undici Medaglie d’Onore, concesse dal Presidente della Repubblica a cittadini deportati ed internati nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale, tra cui Alfredo Ricci, nato e ancora residente nel borgo dell’Altotevere.

“Ho creduto opportuno –  prosegue il primo cittadino – ringraziarla ufficialmente come sindaco di Montone e, con l’occasione, esprimere il mio pensiero a ridosso della Giornata della Memoria. L’istituzione di una data e di una ricorrenza così importante per ricordare le vittime dell’Olocausto è per tutti un valore assoluto. Assume poi, nel Comune di Montone, dove è nato e vive Alfredo Ricci, eroico sopravvissuto nonché testimone di quelle atrocità e barbarie, un valore ASSOLUTO.

Avremmo avuto piacere di essere presenti in questa importante giornata celebrativa ma siamo lo stesso molto lieti, come comunità, per questo riconoscimento al nostro concittadino, vero esempio dei Giusti.

È questo un momento di grande difficoltà legata a molteplici fattori, come quelli sanitari, economici, sociali, ma la negazione dei diritti, la violenza e la sopraffazione, si stanno riaffacciando prepotentemente. C’è un PATRIMONIO della MEMORIA che dobbiamo assolutamente preservare e far conoscere. Alfredo Ricci, rappresenta LA MEMORIA, del e per il nostro territorio, di quella tremenda storia legata al totalitarismo nazista e al genocidio di tutte le categorie indesiderate o considerate inferiori, per razza, sesso, religione.

Mai come oggi, nella società globalizzata, occorrono modelli positivi, esempi inoppugnabili, ai quali ispirarsi per costruire percorsi basati sul rispetto umano. Le “armi” di queste persone sono il contrario della sopraffazione, della negazione! Solo con immane sacrificio, profonda sofferenza, durissime privazioni, si sono opposti eroicamente, riconquistando dignità e rispetto dei diritti umani.

Primo Levi in ‘Se questo è un uomo’, si chiede se possano definirsi uomini coloro che sono privati della loro umanità cosicché non possano più difendersi o reagire.  Sono dure le immagini che emergono dal racconto di ciò che si viveva in un campo di concentramento; tuttavia Levi ci ha invitato a riflettere affinché l’errore e l’orrore non si ripetano, dicendo: ‘MEDITATE CHE QUESTO È STATO’.

Su questo insegnamento continueremo ad impegnarci per conservare la memoria, rivolgendoci in particolare alle giovani generazioni con lo scopo di non dimenticare e non ripetere mai più quelle atrocità, così sarà onorato anche il concittadino Alfredo Ricci”.

La Medaglia d’onore consegnata alla nipote Annalisa Bargelli

A ritirare la medaglia per Alfredo Ricci, durante la cerimonia che si è svolta in Prefettura, è stata la nipote Annalisa Bargelli, che nel portare il toccante ricordo di quanto vissuto dal nonno, nato nel 1922, ha voluto sottolineare la gioia per questo significativo riconoscimento da parte di tutta la famiglia, e in particolare dei figli del signor Ricci, Paola e Silvano, e degli altri nipoti, Eugenia, Gianluca e Rodolfo.

La testimonianza di Annalisa Bargelli, nipote di Alfredo Ricci:

“All’epoca dei fatti – racconta – mio nonno era un militare del reparto sanità del distretto militare di Perugia. Nel giorno del suo ventunesimo compleanno, il 09/09/1943, fu fatto prigioniero dai tedeschi a Lubjiana nella ex Jugoslavia.

Deportato in Germania, in una località ancora a noi sconosciuta, fu impiegato probabilmente per scavare trincee prima e per ricostruire una linea ferroviaria poi. Nel settembre del ‘44 fu spostato nei pressi del paese di Ahlen, qui fu costretto ai lavori forzati in una fabbrica che produceva proiettili per cannoni.

Lavorò nel campo di WASTEDDER STRET 178 per un’industria metalmeccanica, tuttora operante, “BUSCHHOFF & CO” dal 1 settembre del 1944 fino alla sua liberazione.

Ricostruire la sua storia e individuare il campo di lavoro dove fu internato è stato difficile: il foglio matricolare del distretto militare di Perugia è incompleto con riferimento al suo periodo di prigionia, che va dal 09/09/1943 al giorno della sua liberazione il 01/04/1945. Ci siamo serviti dei suoi ricordi e di alcune registrazioni dei suoi racconti.

Soltanto dopo lunghe ricerche e richieste di informazioni abbiamo ricevuto un fortunato riscontro. Ringraziamo, ancora emozionati, Mr. George Wendt e Mr. UweGrupp, Kreisarchivar del distretto di Wasseralfingen per aver creato, con grande sensibilità e professionalità, un’importante rete di comunicazione e contatti che ci ha permesso di risalire alla persona giusta: il dr. KNUT LANGEWAND, responsabile dell’archivio di Ahalen, che ci ha fornito le risposte che da tanto tempo stavamo cercando.

Dall’archivio storico del distretto di WARENDORF (KREISARCHIV), a cui appartiene la città di AHLEN, abbiamo ricevuto dunque la “permit card”, documento che certifica che mio nonno fu prigioniero ad AHLEN dal 1944 al 1945 nella fabbrica di carpenteria metallica di BUSCHHOFF & CO.

Resta da ricostruire il periodo che va dal 9 settembre del 1943 all’arrivo al campo di Walstedder – Street 178 – di AHLEN.

Mio nonno fu liberato dagli americani il 1° aprile 1945 e riuscì, dopo un lungo viaggio dovuto alla distruzione delle linee ferroviarie, ad arrivare alla frontiera italiana il 24 agosto 1945.

Nonostante mio nonno, ad oggi, 99enne, presenti delle condizioni cliniche che ne determinano la totale non autosufficienza, sono sicura che riuscirà a comprendere e riconoscere l’onorificenza che ha ricevuto”.