L’Umbria ragiona di ripresa tra tartufo, olio e Dieta mediterranea

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L’incontro a Campello sul Clitunno per discutere di opportunità in chiave turistica ed economica. Tre elementi legati a vario titolo al riconoscimento Unesco possono fare sistema sul territorio

   

Olio e tartufo come elementi trainanti di una ripresa economica e turistica per l’Umbria attraverso una doppia cornice, quella della Dieta mediterranea di cui sono, il primo elemento di base, il secondo un arricchimento, e quella del riconoscimento Unesco. Di questo si è discusso a Campello sul Clitunno, durante un dibattito con molti soggetti coinvolti a vario titolo in questo ragionamento che può aprire diverse opportunità. Presenti alla tavola rotonda ‘Dieta Mediterranea e tartufo’ Michele Boscagli, presidente dell’Associazione nazionale Città del tartufo’, Maurizio Calisti, sindaco di Campello sul Clitunno, Bernardino Sperandio, sindaco di Trevi e referente per la Fascia Olivata Assisi-Spoleto, e Vincenzo Naschi, operatore turistico del Relais Borgo Campello che ha ospitato l’incontro. Mentre sono oltre dieci anni che la Dieta mediterranea è patrimonio immateriale dell’umanità, la ‘Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali’ è la candidatura italiana a patrimonio immateriale per il 2021 e la Fascia olivata Assisi- Spoleto ha presentato domanda per l’iscrizione alla cosiddetta Tentative list per l’Unesco.

“L’Umbria cuore verde del Mediterraneo” così è stata definita questa regione da Vincenzo D’Antonio, giornalista moderatore dell’incontro, che ha riscontrato come sia una terra in cui sono presenti gli elementi fondamentali della Dieta mediterranea, olio, vino e grano, ma anche eccellenze come il tartufo che si configurano come valore aggiunto. Quello che ha messo tutti d’accordo è l’idea che, di fronte alla presenza di così tante risorse, sia necessario fare sistema, per un’offerta integrata e di qualità, ma anche per la conservazione e la tutela di paesaggi, da una parte, e di un bagaglio culturale e tradizionale antico e prezioso dall’altra.

“Negli anni in cui abbiamo lavorato sulla nostra candidatura – ha dichiarato Boscagli – abbiamo capito veramente l’importanza di fare sistema e soprattutto di stare insieme e condividere le esperienze. Metterci insieme ci ha consentito di arrivare alla candidatura, auspichiamo che a dicembre diventi un riconoscimento ufficiale perché territori come questo possano beneficiare di un sapere e surplus culturale che può aiutare i piccoli borghi rurali a crescere”.

Un mondo quello legato al tartufo che al 2019 conta, ha ricordato Boscagli, 80mila tesserini in tutta Italia, di cui circa 8mila in Umbria. Di questi i cercatori realmente attivi sono, sia a livello nazionale che locale, circa il 20-25 per cento.

“Purtroppo, la scarsa emersione e la difficile tracciabilità del prodotto – ha aggiunto Boscagli – impediscono lo sviluppo dei territori che, invece, potrebbero crescere enormemente. In Italia ci sono quasi tre milioni di turisti legati al tartufo, l’Umbria per noi è la regione più popolosa a livello di soci e questo testimonia la forte vocazione tartufigena del territorio”.

Mettere insieme olio, vino, tartufo, dunque, una bella occasione di sviluppo.

“Sono molto felice – ha commentato Calisti – di aver ospitato nel nostro comune questo convegno perché per noi tartufo e olio sono due gioielli, un diamante il tartufo, l’olio è importantissimo e speriamo faccia da traino per far conoscere il territorio e valorizzarlo attraverso l’eccellenza”.

 Tra le recenti presentazioni di candidatura all’Unesco la Fascia olivata Assisi, Spoleto, un territorio pedemontano di circa 70 chilometri ininterrotti di uliveto.

“Questo grande patrimonio olivicolo – ha spiegato Sperandio – vive una situazione di degrado perché è una coltivazione particolare su terreni scoscesi. Produciamo un olio di grande qualità venduto a pochissimo prezzo. L’idea è nata per fare in modo che i nostri coltivatori di ulivi continuino a farlo perché questo è il nostro paesaggio, è la nostra identità, per far questo ci vuole economia”.

Tutti potenziali elementi di una ripartenza dalla forte connotazione culturale a cui si lega il settore ricettivo turistico che durante la pandemia

“ha sofferto tantissimo – ha commentato Naschi –.  Qualunque altro settore che avesse perso il 40 per cento di Pil così come ha fatto quello turistico, probabilmente sarebbe morto in qualunque Paese. In Italia il 26 aprile, quando il governo ci ha dato l’opportunità di ricominciare, in realtà siamo partiti subito e abbiamo fatto una stagione fino a oggi di grande soddisfazione”. 

Questo perché le imprese del settore

“sono di carattere familiare e dunque più resilienti delle grandi – ha aggiunto Naschi -, è stato un grande vantaggio. C’è uno svantaggio però, perché l’impresa familiare ha poche risorse per investire nel settore turistico e oggi sono necessari investimenti importanti di infrastrutture e marketing per portare i clienti soprattutto in posti come questi un po’ fuori dai grandi circuiti e dai canoni tradizionali”.

Di questa possibile e necessaria ripresa in “qualità” le Città del Tartufo faranno oggetto di dibattito nazionale nelle Fiere d’autunno.