Il legale dell’uomo suicida in carcere: “Doveva essere sorvegliato 24 ore su 24”

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Fonte foto ANSA

Per il difensore “era una persona disturbata e sconvolta”

   

“Mi chiedo, come mai questa persona non era tenuta sotto stretta sorveglianza h24, a meno di due giorni dal grave fatto di sangue””: a dirlo è l’avvocato Giorgio Cerquetti, difensore d’ufficio del sessantaduenne che si è suicidato in carcere dopo il fermo con l’accusa di avere ucciso la moglie.

Un provvedimento per il quale non è stata ancora fissata l’udienza per esaminare la richiesta di convalida da parte della Procura.

Nell’interrogatorio davanti agli inquirenti l’uomo, bloccato in casa subito dopo il delitto, aveva chiesto scusa ed era apparso molto confuso.
“Questa mattina – ha detto ancora l’avvocato Cerquetti – sono andato nel carcere di Terni per avere un colloquio con il mio assistito in vista dell’udienza di convalida che doveva essere ancora fissata. Lì ho incontrato il pubblico ministero che mi ha informato dell’accaduto. Nessuno mi aveva avvertito prima, sul posto c’era già personale della Usl, la polizia penitenziaria e quella di Stato”.
“La sua condizione mentale – prosegue il legale parlando dell’uomo fermato – era assolutamente precaria, come era parso evidente a me, ma anche all’autorità giudiziaria, quando giovedì sera era stato sentito in questura. Ho avuto subito la percezione di una persona disturbata, sconvolta, mi è bastato parlarci qualche minuto. Impressione confermata anche nel successivo interrogatorio da parte del pm. Dai resoconti giornalistici ho appreso dei suoi problemi di salute, del fatto che assumesse farmaci, e queste condizioni problematiche, fisiche ma pure mentali, mi sono sembrate palesi. Anche per questo non lavorava più da anni. Mi chiedo se ci sia stata la doverosa attenzione, in carcere, verso una persona così provata e a poche ore dall’omicidio”.