Si tratta di un percorso triennale articolato in otto sezioni
Un percorso triennale articolato in otto azioni, condiviso tra Comune di Perugia e Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi, che punta, tra l’altro, a rendere capillare la partecipazione attraverso luoghi dedicati al coinvolgimento diretto delle comunità. E’ quanto è stato illustrato nella sala dei Notari del Palazzo dei Priori nel pomeriggio del 30 maggio, alla presenza di oltre 250 persone.
A intervenire sono stati la sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi, la professoressa Alessandra Valastro, responsabile del progetto di ricerca-azione su processi e organismi partecipativi nel territorio comunale, Pasquale Bonasora, presidente nazionale Associazione Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà, Lanfranco Binni, collaboratore di Aldo Capitini negli anni Sessanta e direttore per Il Ponte Editore della collana “Opere di Aldo Capitini”, e Marco Pizzi, membro del gruppo di ricerca dell’Università. Nel corso dell’incontro, brani tratti da opere di Aldo Capitini, su musiche di Rachele Spingola, sono state letti da Francesco Bolo Rossini.
La collaborazione tra Comune e ateneo
Ad aprire l’incontro è stata la professoressa Valastro, spiegando che la collaborazione avviata già da alcuni anni tra il Comune di Perugia e il Master in politiche partecipative di Scienze Politiche con la nuova amministrazione è stata estesa. Il risultato è “un progetto di ricerca e terza missione assai più articolato e ambizioso, dedicato allo studio e alla realizzazione di processi e organismi partecipativi nel territorio comunale”. “Il progetto – ha proseguito Valastro – intende sperimentare forme regolative, soluzioni organizzative e strumenti partecipativi efficaci per l’amministrazione comunale, soprattutto alla luce delle più recenti e innovative direzioni aperte dal modello dell’amministrazione condivisa: ciò al fine di assicurare il coinvolgimento effettivo delle comunità locali nella costruzione delle politiche pubbliche”.
“Obiettivo dell’intero progetto – ha aggiunto la professoressa – è la strutturazione della partecipazione come metodo dell’agire pubblico, attraverso azioni che vanno dalla formazione interna e dalla riorganizzazione delle competenze all’organizzazione di tavoli territoriali per l’ascolto strutturato delle comunità locali, dalla coprogettazione delle Case della partecipazione alla condivisione di patti di collaborazione per la cura dei beni comuni, dalla revisione degli atti normativi comunali in tema di partecipazione alla valutazione partecipata delle politiche, ecc.”.
Amministrazione condivisa come vera e propria funzione
“Dopo il primo Festival nazionale dell’amministrazione condivisa tenutosi ad Assisi alla fine di marzo, prosegue l’impegno di sempre più Comuni verso la strutturazione di un metodo partecipativo nella costruzione delle proprie politiche”, ha notato Pasquale Bonasora. “L’amministrazione condivisa – ha aggiunto – è ormai un modello di riferimento che, prendendo le mosse dallo strumento dei Patti di collaborazione, ha assunto un significato giuridico, culturale e politico assai più ampio, in quanto riferito ad un certo modo di governare il Paese.
I patti, oggi più di 8mila in Italia, stanno diventando vero e proprio strumento di costruzione delle politiche, anche negli ambiti più sensibili, come quelli del lavoro, dell’inclusione, dell’innovazione sociale. E la grande innovazione sta nel fatto di essere pensati per valorizzare le risorse che chiunque, anche i gruppi informali e le singole persone, possono portare alla costruzione di risposte efficaci ai bisogni. Ma non si tratta di un modello di delega al contrario (dal pubblico ai privati, in luogo della delega tradizionale dai privati al pubblico): si tratta di un modello che può consolidarsi solo se si ripensa dal di dentro l’amministrazione pubblica, accogliendo l’amministrazione condivisa come vera e propria funzione”.
Il “potere nuovo” del governo locale secondo Capitini
Lanfranco Binni ha delineato le tappe fondamentali del pensiero di Aldo Capitini: dall’antifascismo “liberalsocialista” degli anni Trenta agli esperimenti di “nuova socialità” (Centri di Orientamento Sociale) nell’immediato dopoguerra, al “potere di tutti” della democrazia diretta (nelle due fasi “dal potere senza governo al potere dal governo”) nel 1968, anno della morte del filososo.
“Capitini – ha ricordato Binni – riteneva che la democrazia, senza la vitalità di movimenti dal basso, diventasse un regime di caste e concentrò la sua attenzione sugli enti locali piccoli e medi, a suo avviso caratterizzati da dinamiche che si prestano a configurare un ‘potere nuovo’, perché tutti i cittadini coinvolti in processi partecipativi ‘dal basso’ sono portatori di potere. Tutti, grazie a forme di partecipazione che non siano semplice condivisione di scelte altrui ma fonte di questo potere ‘diverso’, possono diventare soggetti della storia”. Per Binni, in conclusione, sembra naturale che la partecipazione, come politica pubblica strutturata, prenda piede proprio a Perugia, “ente locale medio con un forte retroterra capitiniano”.
Le conclusioni della sindaca Ferdinandi
“Speranza, positività, avere a cuore, socializzazione. Sono state parole come queste a emozionarmi alla fine dei primi due incontri territoriali per la costruzione delle Case della partecipazione svolti a Madonna Alta e a Ponte San Giovanni. Parole pronunciate da cittadine e cittadini che hanno scelto di incontrarsi, conoscersi, confrontarsi – ha detto la sindaca Ferdinandi -. Quanti hanno preso parte all’avvio di questo percorso, che di certo sarà lungo e non semplice, hanno subito interpretato le future Case della partecipazione, prima che come sottostrutture di governo capaci di rimettere i territori al centro e di elaborare politiche pubbliche più efficaci, come luoghi aperti di accoglienza e ascolto attivo, con una funzione sociale, capaci di favorire il dialogo intergenerazionale e di creare ponti tra cittadinanza e istituzioni. Spazi di relazione, quindi, contro la solitudine e in cui tornare a sentirci comunità. Ecco perché, al termine del nostro progetto, immagino una città più unita, solidale, partecipe alla vita politica e amministrativa, più responsabile, capace di pensare al bene comune e, soprattutto, in grado di combattere con più forza la solitudine sociale, grande emergenza del nostro tempo. Il cammino che stiamo strutturando con l’ateneo può servire a vincere questa e altre sfide fondamentali e l’invito che rivolgo a tutte e a tutti è di mettersi in gioco e farne parte”.
