In punta di pennello. Verso la conclusione la mostra dedicata all’arte giapponese

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Ospitata fino al 31 gennaio negli spazi della Galleria Tesori d’Arte del Complesso Monumentale di San Pietro, l’esposizione è ricca di contenuti, con più di cinquanta opere d’arte dal Duecento ad oggi, e ha attirato l’attenzione di appassionati e curiosi, perugini e turisti, anche per la sua formula innovativa e accessibile


Si avvia a conclusione la mostra In punta di pennello. Natura e cultura nell’arte giapponese, ospitata fino al 31 gennaio negli spazi della Galleria Tesori d’Arte del Complesso Monumentale di San Pietro. In queste settimane l’esposizione, promossa da CAMS – Centro di Ateneo per i Musei Scientifici, Università degli Studi di Perugia e Fondazione per l’Istruzione Agraria di Perugia, ha attirato l’attenzione di appassionati e curiosi, perugini e turisti, e visto l’interesse arrivato anche da fuori regione gli organizzatori stanno lavorando per riproporla nei prossimi mesi in altre città.

Ricca di contenuti – più di cinquanta opere d’arte dal Duecento ad oggi – la mostra ha colto nel segno anche per la sua formula innovativa e accessibile. Introdotta “in persona” da Hokusai – l’artista giapponese più noto in occidente – In punta di pennello si sviluppa attraverso dieci sezioni in cui le opere e i manufatti esposti sono virtualmente presentati e spiegati attraverso dei video animati da alcuni dei più famosi personaggi della storia della cultura giapponese. L’arte della calligrafia è introdotta da un’opera attribuita a Yishan Yining – Issan Ichinei, il monaco cinese che nel XIII secolo diffuse lo Zen tra i samurai e i feudatari nipponici. Matsuo Bashō, il più famoso poeta giapponese, spiega perché una sua lettera in mostra è trattata come un’opera d’arte. Maruyama Ōkyo, il pittore più influente del Settecento giapponese, partendo da una sua pittura raffigurante un gallo e una gallina spiega i caratteri della sua scuola di pittura accademica basata sull’osservazione dal vero. Sesson Shukei, il più grande pittore del Cinquecento giapponese illustra, a partire da un’opera a lui attribuita, la tradizione dei paesaggi realizzati con le macchie di inchiostro. La pittura zen è rappresentata, tra l’altro, da un Enso o cerchio dell’illuminazione, dipinto da Kobori Enshū nel Seicento. Enshū è stato un talentuoso ed eclettico feudatario che durante la vita ha rinnovato l’arte dei giardini, la cerimonia del tè e l’ikebana, cioè l’arte della disposizione dei fiori. Watanabe Seitei, il pittore che sbalordì nel 1878 gli impressionisti con le sue capacità tecniche, è presente in mostra con un dittico e con un taccuino di disegni.