A Perugia l’intelligenza artificiale per studiare l’Alzheimer

213
Anziani, foto generica

Obiettivo creare un modello di malattia per aiutare i medici

   

Utilizzare l’intelligenza artificiale per affrontare l’Alzheimer costruendo un modello della malattia che possa aiutare i medici a identificare precocemente i sintomi e a prevederne l’evoluzione è l’obiettivo di un progetto di ricerca dell’Università degli Studi di Perugia.

Finanziato con 70 mila euro dalla Fondazione Perugia, nell’ambito del bando “Qualità della vita e sostenibilità del sistema sanitario: prevenzione, promozione della salute e potenziamento dell’assistenza territoriale”.

  Il progetto “Modelli basati su intelligenza artificiale per la diagnosi precoce, prognosi e gestione della malattia di Alzheimer” è coordinato dal professor Luca Gammaitoni, fisico sperimentale presso l’Ateneo. “Il progetto ha come obiettivo di migliorare la capacità del sistema sanitario di identificare i primi sintomi della malattia e di guidare i medici nel seguirne lo sviluppo al fine di migliorare le condizioni dei pazienti” spiega rispondendo all’ANSA. “L’intelligenza artificiale, per come la conosciamo oggi – aggiunge -, consiste in una serie di tecniche che servono a classificare con grande efficienza enormi quantità di dati. In questo progetto ci proponiamo di analizzare le informazioni già raccolte, al momento della prima visita, da più di mille pazienti afferenti alla sezione di sezione di Neurologia dell’Università di Perugia. Sulla base di queste informazioni puntiamo a costruire un modello della malattia”.
Un progetto che vede insieme fisica e medicina. E’ il segno che la ricerca sta cambiando? “Sì, certamente” la risposta del professor Gammaitoni. “Sempre più spesso – prosegue – i problemi complessi con cui abbiamo a che fare richiedono competenze che si estendono ben aldilà delle tradizionali discipline. E’ necessario superare vecchi steccati per costruire dei gruppi di ricerca che possano attingere a scienziati di diversa provenienza. In questo caso abbiamo fisici, neurobiologi, medici e informatici che collaborano insieme per trovare una strada nell’identificazione precoce delle malattie neurodegenerative.
E’ il segno di un’Università che cambia in meglio”. Nel gruppo guidato da scienziati affermati c’è anche la professoressa Lucilla Parnetti, del Dipartimento di medicina e chirurgia, ma anche giovani. “In particolare ne cito due – afferma il fisico – che si sono molto impegnati nella fase di preparazione della proposta progettuale, Igor Neri del Dipartimento di Fisica e Geologia, e Giovanni Bellomo del Dipartimento di Medicina e Chirurgia”. Il professor Gammaitoni ha già organizzato lo scorso marzo un convegno a Perugia, per parlare di potenzialità e limiti di questa nuova disciplina. “Presso l’Università di Perugia – ricorda – operano colleghi, appartenenti a differenti aree, con cui stiamo lavorando per portare avanti la riflessione a più livelli. C’è il livello delle applicazioni delle tecnologie attuali, quelle chiamate di machine learning, che trovano impiego in diversi settori, per esempio in ambito biomedico. Grazie al professor Vincenzo Nicola Talesa, direttore del dipartimento di Medicina e chirurgia e ai colleghi Alfredo Milani, matematica e informatica, e Gianluca Reali, ingegneria elettronica e dell’informazione, abbiamo creato un laboratorio chiamato Aiba, che sta per Artificial intelligence for biomedical applications. Oltre alle applicazioni, stiamo anche riflettendo sugli aspetti fondamentali dell’intelligenza artificiale, sui suoi limiti e sulle potenzialità. Con alcuni colleghi dell’area umanistica, tra cui il prof. Andrea Capaccioni del dipartimento di lettere – lingue, letterature e civilta’ antiche e moderne, stiamo organizzando un convegno per la prossima primavera in cui questa tematica troverà ampia risonanza”.