Occhi di Perugia, la mostra di Harari ora è un volume che racconta la città

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E’ stato presentato alla Loggia dei Lanari, alla presenza della sindaca Vittoria Ferdinandi, del vicesindaco con delega alle politiche culturali Marco Pierini e dell’autore, il volume che raccoglie tutte le fotografie (quasi 200) realizzate per la mostra “Guido Harari. Occhi di Perugia”, ospitata a Palazzo della Penna Centro per le Arti Contemporanee dal 25 aprile al 2 giugno.

Il catalogo, 192 pagine di ritratti per lo più in bianco e nero, con sporadiche incursioni nel colore e quattro immagini posizionate in chiusura, dopo l’elenco dei nomi dei soggetti, per sottolinearne lo stile peculiare, si potrà trovare nelle librerie e su Amazon, curato in tutti i dettagli da Wall of Sounds Editions.

Un libro dove quasi non ci sono parole, finanziato dalla Fondazione Innovarci Ets (il cui presidente, Franco Calzini, ha firmato una delle presentazioni a corredo, insieme a quelle di Ferdinandi e Pierini e del fotografo), che svela “gli occhi di chi ha scelto di entrare nella Caverna Magica di Guido Harari, di trascorrere del tempo parlando di sé, degli affetti e delle passioni che lo agitano, a volte portandosi appresso il proprio mondo fatto di altre persone, di animali e di oggetti”.

Ripercorrendo le tappe di una mostra che ha suscitato molto interesse, Pierini ha detto che il progetto, in linea con le intenzioni dell’amministrazione, “è riuscito a restituire in modo intenso l’anima di Perugia grazie a uno sguardo che non giudica e non esclude, offrendo un’idea di città di cui tutti possono sentirsi parte, anche chi viene tenuto ai margini o passa occasionalmente, magari provenendo da un’altra regione o nazione”.

“Tutto è nato dalla volontà di ospitare la Caverna Magica – ha ancora spiegato Pierini -. Ai ritratti di chi ha scelto di fare questa esperienza, esposti via via nelle sale del Centro per le arti contemporanee, il Comune di Perugia ne ha aggiunti cinquanta, poi pressoché raddoppiati grazie all’entusiasmo dell’artista, chiamati Ritratti Sospesi riprendendo la tradizione partenopea del caffè offerto anonimamente”.

Richiamata “la fondamentale collaborazione con Arci, Borgorete, Capodarco, Caritas, Omphalos”, che ha consentito a Guido Harari di incrociare “una grande varietà di sguardi, prestando attenzione anche a ciò che la nostra società tende a non guardare”, Pierini ha sottolineato che “con generosità l’autore ha donato tutte le stampe fotografiche che compongono Occhi di Perugia per l’insolito finissage del 2 giugno, quando ogni foto è stata battuta all’incanto e l’intero ricavato ha finanziato cinque progetti delle associazioni che hanno condiviso il progetto”.

“È riduttivo parlare di ‘mostra’ in riferimento a un percorso che ha accompagnato la nostra comunità in un periodo non scelto a caso, in cui si celebrano ricorrenze che richiamano i valori fondanti della nostra Repubblica – ha poi detto la sindaca Ferdinandi -. E’ stata una esperienza che, come tutti i percorsi più autentici, passo dopo passo si è arricchita di nuove idee. Il punto di partenza esaltante è stata quella Caverna Magica in cui si arriva per entrare in contatto con sé stessi e per essere finalmente ‘visti’, cioè per appagare uno dei più grandi e urgenti bisogni di questo tempo. Guido Harari è quindi stato uno strumento della volontà di tornare a vedere Perugia valorizzando quella diversità che spesso spaventa la nostra società. Ora tutto il percorso si traduce in un oggetto concreto che parla della città attraverso gli sguardi incrociati dal fotografo e rimettendo al centro l’altro. Per questo abbiamo deciso di farne un dono istituzionale per chi entrerà in rapporto con il nostro ente”. La sindaca ha rivolto “un particolare ringraziamento anche a Marco Pierini, che in un anno ha riacceso la fiamma della Perugia del sapere e della cultura, di una città che guarda sempre avanti e vuole essere interprete della contemporaneità”.

“E’ il libro più veloce che io abbia mai realizzato – ha scherzato Harari -. Rispetto alle foto esposte a Palazzo della Penna, il racconto è un po’ diverso, un nuovo mix da cui farsi trasportare. Non ci sono storie né didascalie, solo foto nate sulla base degli spunti fornite dai soggetti e cercando di portare a galla aspetti a volte nascosti della loro personalità. Sono felice di questo ritratto trasversale di Perugia, nato grazie a tutti coloro che sono transitati dal set. E’ stata una esperienza trasformativa sia per loro sia per me, che ancora una volta mi sono calato in situazioni del tutto inaspettate e sconosciute grazie alla vita vera di persone per lo più invisibili. Ho tentato di rappresentare una città e la sua gente non con l’occhio del maestro, ma attraverso le reazioni tra esseri umani che si innescano sul set e generano le foto. Ringrazio l’amministrazione per aver accolto e fatto crescere ulteriormente il mio progetto”.