Riapre il Museo paleontologico di Pietrafitta

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È tra i più importanti in Europa di animali vertebrati del Pleistocene Inferiore

   

Giovedì 15 giugno, alle ore 17.30 sarà ufficialmente riaperto al pubblico il Museo paleontologico “Luigi Boldrini” di Pietrafitta. Grazie alla collezione ospitata, figura tra i più importanti in Europa di animali vertebrati del Pleistocene Inferiore.

Sono previsti i saluti di Marco Pierini, direttore della Direzione regionale musei Umbria, Tiziana Caponi, direttore del Museo paleontologico Luigi Boldrini, Roberto Rettori, delegato per il settore Orientamento, tutorato e divulgazione scientifica dell’Università degli Studi di Perugia, Marco Cherin, professore associato di Paleontologia e Paleoecologia all’Università degli Studi di Perugia, Roberto Ferricelli, sindaco di Piegaro.

Alle 18.30 e alle 19.30 saranno effettuate visite guidate per adulti e bambini a cura di Marco Cherin. L’ingresso sarà gratuito con apertura straordinaria fino alle 22.30.

Il Museo si è avvalso di una serie di collaborazioni con le varie realtà del territorio, come Enel e, in particolare, Enel X, società del Gruppo dedicata a servizi innovativi e digitali, efficienza energetica, illuminazione pubblica e artistica. Con il suo supporto è stato, infatti, realizzato in tempi recenti un impianto fotovoltaico da 32 kW per aiutare la sostenibilità e ridurre i consumi energetici con benefici economici ed ambientali.

Le ligniti di Pietrafitta sono parte della successione sedimentaria del Bacino di Tavernelle-Pietrafitta che si sviluppa in direzione est-ovest per 12 km con un’ampiezza massima di 5 km e registra la presenza prima di un grande lago, poi di un sistema fluviale nel corso del Pleistocene. Gli scavi della lignite destinata ad alimentare la centrale termoelettrica “Città di Roma”, creata nel 1959 sotto la gestione di Acea e dal 1963 di proprietà dell’Enel, hanno portato alla luce migliaia di resti fossili di piante (36 specie identificate mediante frutti e semi, 11 specie mediante pollini), molluschi d’acqua dolce (5 specie), insetti (almeno 6 ordini) e soprattutto vertebrati (ben 40 specie tra pesci dulciacquicoli, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi). Sono proprio i vertebrati a rendere unica la fauna di Pietrafitta, considerata dagli scienziati la più ricca d’Italia per l’intervallo di tempo chiamato Unità Faunistica di Farneta (circa 1,5 milioni di anni fa). Il “pezzo forte” della collezione è senz’altro il mammuth, riferito alla specie Mammuthus meridionalis.

Tra i perissodattili, spettacolari sono gli scheletri del rinoceronte Stephanorhinus etruscus, mentre piuttosto rari sono i resti di cavallo (Equus sp.), che evidentemente nel Pleistocene prediligeva ambienti più aridi rispetto a quelli, rigogliosi, presenti a Pietrafitta.

Ricchissima la collezione di artiodattili, con almeno due specie di cervi (tra cui la forma gigante Praemegaceros obscurus) e con una delle testimonianze più antiche d’Europa per il gruppo dei bisonti, rappresentati dalla specie arcaica Eobison degiulii, recentemente studiata dai paleontologi dell’Università di Perugia. Degna di nota anche la presenza di un primate, la bertuccia Macaca sylvanus, e del castoro Castor fiber, entrambi presenti con record tra i più ricchi d’Europa.

Tra i carnivori compaiono un ghepardo gigante (Acinonyx pardinensis), un orso di taglia medio-piccola (Ursus etruscus), un mustelide semiacquatico (Pannonictis nesti), oltre a testimonianze di frequentazione di iena rappresentate da escrementi fossili (coproliti).

Gli uccelli, generalmente molto rari nel record fossile, sono invece molto abbondanti con circa 200 resti scheletrici identificati.

La maggior parte è riferibile a specie acquatiche o semiacquatiche simili a quelle oggi presenti nell’area mediterranea, ma con qualche notevole eccezione. Ad esempio, spiccano alcune ossa di un grosso gallo (genere Gallus), che non era mai stato rinvenuto in nessun sito europeo del Pleistocene. I vertebrati “a sangue freddo”, ossia gli ectotermi di Pietrafitta, sono stati oggetto recentemente di studi approfonditi.

Rispetto alle precedenti conoscenze, il numero delle specie riconosciute è aumentato, con almeno quattro pesci d’acqua dolce, due anfibi (tra cui l’importantissima segnalazione europea del genere Latonia, una rana “gigante” che si credeva estinta milioni di anni prima), almeno tre serpenti (tra cui la rarissima segnalazione di una vipera orientale) e alcuni splendidi fossili di testuggine palustre e testuggine di Hermann.

L’assidua attività di recupero prima di Luigi Boldrini, assistente capoturno di miniera e dipendente Enel, poi dei ricercatori dell’Università di Perugia, ha consentito il recupero di questa enorme quantità di materiale che è tutt’ora in corso di studio. Le informazioni relative all’importante sito sono pertanto destinate ad aumentare con il progredire delle ricerche.