Magione: la figlia di Giorgio Bassani ospite degli eventi per il Giorno della memoria. Doppio appuntamento sabato 30 gennaio sulla pagina facebook Magione cultura. Domenica 31 chiude il programma l’assessore Vanni Ruggeri
Doppio appuntamento sabato 30 gennaio, sulla pagina Fb Magione cultura, per le iniziative organizzate dall’assessorato alla cultura del Comune di Magione sul tema “Negazionismo e Olocausto. Paradigmi, paradossi e pratiche della memoria” in occasione delle commemorazioni per il Giorno della memoria.
La mattina, alle ore 12, sarà in diretta Paola Bassani, figlia dello scrittore poeta e politico italiano fondatore e poi presidente di Italia Nostra, Giorgio Bassani, che interverrà sul racconto “Una notte del ’43” tratto dai Racconti ferraresi. Alle 17.30 incontro con la docente Lucia Annunziata del liceo scientifico Italo Calvino di Città della Pieve su “Letteratura e Shoah” con spunti dai libri “I sommersi e i salvati” di Primo Levi e “La notte” di Elie Wiesel.
Domenica 31, alle ore 17.30, ultimo appuntamento con la conversazione di Vanni Ruggeri, assessore alla cultura del comune di Magione, sul libro “La verità negata” di Deborah Lipstadt.
“Ci avviciniamo al termine di un percorso – afferma Vanni Ruggeri – che ha affrontato da diversi punti di vista uno dei temi più attuali sull’Olocausto: la memoria. Non potevamo che cominciare dal contesto storico generale, esaurientemente ricostruito da Alberto Stramaccioni per proseguire con la testimonianza di quanti, in circostanze drammatiche, hanno messo a repentaglio la propria vita per salvare quella delle vittime delle deportazioni. Di alcuni di questi eroi poi proclamati Giusti tra le Nazioni si era perduta la memoria, come nel caso di don Ottavio Posta, di altri si era negato l’effettivo coinvolgimento, come per Gino Bartali. Dino Renato Nardelli ne ha ricordato fisionomie, tempi e luoghi, restituendo piena conoscenza di atti di generosità che hanno rappresentato una luce di speranza per molti. Fondamentale per comprendere come la memoria possa essere manipolata, deformata ed edulcorata fino ad assumere i caratteri di controverità e negazione della storia, amplificandosi grazie ad internet e ai social network, l’intervento dello storico Claudio Vercelli, massimo esperto italiano in materia di negazionismo. Quella di Tullia Calabi Zevi, ripercorsa attraverso le vivide pagine di Puma Valentina Scricciolo rappresenta, a dieci anni dalla scomparsa, una figura fondamentale sia per l’impegno profuso nelle pratiche della memoria dell’Olocausto che per il grande cambiamento che ha segnato la sua elezione a presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei). L’incontro con la figlia di Giorgio Bassani – erede insieme al fratello dell’importante patrimonio letterario che oggi costituisce la Fondazione omonima con sede a Ferrara – incentrato sul racconto “Una notte del 43” focalizza l’attenzione sul grande tema degli “uomini in grigio”, sulla maggioranza silenziosa stretta tra negazione dei fatti, volontà di dimenticare in fretta i drammi vissuti in colpevole silenzio e comodo trasformismo di provincia. Il cerchio si chiude simbolicamente con due ultimi appuntamenti che fanno capo ad altrettanti pilastri di quella civiltà nata dalle macerie materiali e spirituali dell’Olocausto: il sistema educativo e quello giudiziario, insieme alla ricerca e alla riflessione storica chiamati ad essere il più efficace baluardo contro ogni forma di negazionismo, riduzionismo e seduzione verso ciò che ha autenticamente rappresentato il male assoluto”.
Intanto, è stata consegnata dal prefetto di Perugia Armando Gradone, in occasione delle commemorazioni per il Giorno della memoria, la Medaglia d’onore ai familiari del nostro concittadino Gelindo Seppoloni fatto prigioniero nel 1943 dai tedeschi e rinchiuso nel campo “Stalag XIA” a Magdeburg vicino Berlino. Nel 1992, qualche mese prima che venisse a mancare, gli fu concessa la Croce al Merito di Guerra.

Alla cerimonia, in forma ridotta a causa del Covid, erano presenti il sindaco Giacomo Chiodini, la figlia Francesca e il genero Osvaldo Orsini ma tutta la famiglia – il fratello Rodolfo Seppoloni, la nipote Chiara Agnelli e la pronipote Arianna – ne ricordano la figura.
“Il mio bisnonno – ricorda Arianna – è partito per fare il servizio militare nel 1940 con destinazione Piacenza, ma da lì fu trasferito nella cittadina di Tenda (allora italiana) per combattere sul fronte Alpino- Occidentale. Dato che conosceva l’alfabeto morse, utilizzava il radiotelegrafo per comunicare con gli altri militari. Successivamente è stato trasferito a Magdeburg, vicino Berlino per partecipare ad un corso per diventare elettricista. Nel maggio del 1943 e dopo pochi mesi, l’8 settembre, è stato catturato dalle truppe tedesche e trattenuto in prigionia nel campo “Stalag XIA”, che si trovava lì vicino. Non aveva un numero tatuato sul braccio ma una targhetta di metallo al collo divisa in due parti, delle quali una veniva restituita alla famiglia in caso di morte. I pasti prevedevano una “brodaglia” in cui non si sapeva cosa ci fosse all’interno e una pagnotta di pane. Il freddo era molto, ma la fame ancor di più, e a volte andava a recuperare delle bucce di patate nella spazzatura. È rimasto prigioniero per 585 giorni e non sono mancati fame e freddo. Liberati dagli americani nel 1945, la prima cosa che fecero, lui ed i suoi compagni, fu andare nel magazzino dove trovarono delle uova con cui prepararono una grande frittata. Io non l’ho mai conosciuto ma il suo ricordo è sempre vivo in noi”.