Detenuto si suicida nel carcere di Terni

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Per il sindacato (Sappe) “è una sconfitta per lo Stato”

   

Un detenuto nel carcere di Terni si è suicidato impiccandosi nella propria cella.

Lo ha reso noto il Sindacato autonomo polizia penitenziaria secondo il quale l’uomo era stato stato accusato di tentativo di rapina, gli erano stati poi concessi i domicilia ma era poi tornato dietro le sbarre per presunte violenze in famiglia. Secondo quanto risulta all’ANSA, la salma è ora a disposizione dell’autorità giudiziaria.

“Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”

denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe. Secondo Fabrizio Bonino, segretario per l’Umbria del sindacato,

“sono stati inutili i tentativi di soccorso da parte dei sanitari e del personale di polizia penitenziaria. Si continua a parlare – aggiunge – se ci sono azioni da intraprendere per poter evitare tale gesto estremo. Il suicidio è sicuramente un evento imprevedibile, pertanto se una persona decide di suicidarsi prima o poi troverà il modo di farlo. Il problema è preventivo, non successivo. Con il passaggio della sanità penitenziaria alle Regioni, la situazione è purtroppo estremamente peggiorata. La carenza di operatori sanitari, psicologi e psichiatri è il punto cruciale della questione. A nostro avviso servono concorsi regionali e assunzioni di personale sanitario da destinare esclusivamente alle carceri campane. Chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica ed istituzionale, penso in primis ai sottosegretari alla Giustizia Delmastro e Ostellari, ognuno per quanto di competenza per delega ministeriale, dovrebbe andare in carcere a Terni a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del Sappe e di tutto il Corpo ma dell’intera nazione” afferma ancora Capece.

Il suicidio del detenuto avvenuto nel carcere di Terni “è diverso” da quelli che finora

“hanno caratterizzato questo anno maledetto per l’Umbria perché almeno dalle prime valutazioni, si è di fronte ad un vero e proprio dramma familiare”.

A sostenerlo è il garante umbro Giuseppe Caforio. Che con l’ANSA sottolinea come la comunità carceraria sia

“fortemente scossa” dalla morte di un giovane “padre di famiglia ben inserito nella comunità ternana dove aveva un proprio lavoro, una moglie e dei figli”.

Caforio parla poi di

“una serie di circostanze specifiche che hanno visto il detenuto raggiunto da una revoca di un provvedimento di misure alternative e quindi con il ritorno in carcere. Insomma – aggiunge – siamo di fronte ad un dramma che ha sconvolto sia i compagni di cella che deliberatamente aveva fatto allontanare al fine di potersi impiccare ma anche i poliziotti penitenziari che quotidianamente hanno un rapporto anche umano con gli stessi detenuti e che certamente vivono tutta la complessità del carcere anche sulla propria pelle. Siamo tutti rimasti impressionati dalla vicenda Salis in Ungheria ma questo ci deve spingere ad elevare l’attenzione intorno al mondo carcerario. Facendo sì che chi vi opera possa avere quegli strumenti idonei per far sì che all’interno, sotto ogni profilo, sanitario, delle condizioni igieniche, dell’affollamento e anche del corretto rapporto nel numero fra detenuti e poliziotti sia tale da poter assicurare il rispetto della dignità umana. Il suicidio odierno – afferma ancora Caforio – è imputabile a un dramma personale ma certamente una struttura carceraria dotata di psicologi in numero adeguato avrebbe potuto in qualche modo prevenire il disagio di quest’uomo come di tanti altri che in questi giorni un po’ in tutti Italia stanno facendo la medesima scelta. Siamo infatti di fronte ad una impennata di suicidi che proprio in questa settimana a raggiunto numeri mai visti prima e con amarezza occorre ricordare che a quelli dei detenuti spesso si aggiungono anche i suicidi di poliziotti della penitenziaria, come purtroppo è avvenuto recentemente anche nel nostro Paese”.

Per il garante

“il mondo carcerario dopo avere lanciato allarmi reiterati, oggi è testimone di drammi umani che non possono più aspettare. L’auspicio è che anche nella nostra Regione – prosegue – si possa presto dare attuazione alla realizzazione del Dipartimento che veda proprio Perugia come capofila, al fine di poter meglio cogliere le esigenze organizzative e strutturali delle quattro carceri regionali e dare risposte immediate volte sempre ad assicurare la certezza della pena con funzione riabilitativa nel rispetto però delle persone e dei loro diritti sia dei detenuti che dei poliziotti penitenziari”.