Quando finisce Umbria Jazz

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Immagine di repertorio

Quando finisce Umbria Jazz. Riflessioni a caldo sull’edizione 2019, su quello che di positivo ha lasciato e sul prossimo futuro

   

di Gian Luca Laurenzi

Umbria Jazz è unanimemente considerato un evento straordinario, totalizzante ma – per chi la vive dall’interno – è anche molto impegnativo, sotto il profilo fisico e psicologico.

Perché in concreto la Fondazione UJ non “dorme mai”, dato che durante l’anno vanno organizzate – oltre al main festival estivo – anche Umbria Jazz Winter ed Umbria Jazz Spring.

Lo staff artistico – diretto dal Direttore Artistico Carlo Pagnotta – è quindi costantemente e per tutto l’anno alla ricerca degli artisti per i tre festival.

Artisti che – è bene ricordare – spesso vengono scelti con quasi un anno di anticipo, tant’è che gli artisti per le prossime edizioni di UJW (capodanno 2020) ed UJS (Pasqua 2020) sono già stati in gran parte scritturati egià durante lo svolgimento di UJ19 si stava lavorando al cast artistico di UJ20.

Ed anche le altre risorse della Fondazione lavorano con una mano all’edizione corrente e con l’altra già ai prossimi festival.

Con ben 3 festival da organizzare ogni anno, pertanto, non c’è mai un periodo di calma e cose da fare per organizzare al meglio tali eventi sono tantissime: non basterebbero un centinaio di pagine per descriverle tutte.

E bisogna tenere anche conto che la struttura permanente di UJ è alquanto esile, constando di una decina di persone, le quali coordinano tutti gli altri che – nel caso del Festival estivo – arrivano quasi a 1000 collaboratori.

Una struttura permanente – sì – esile, ma estremamente rodata, professionale, esperta, efficiente e coordinata.

Una struttura – soprattutto – con tempi di reazione velocissimi ai numerosi problemi che si presentano si può dire ad ogni ora del giorno e della notte.

Egli ottimi risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Ma quello di cui voglio parlare è di come si vive dall’internol’attesa delmain festival estivo e la sua conclusione.

Nonostante – come detto – si lavori praticamente tutto l’anno al festival estivo il clima di UJ si comincia a respirare all’inizio dell’anno.

C’è da scegliere il logo ufficiale, i media-partners, la pubblicità.

Ci sono da organizzare il merchandising, il catering e tutti gli eventi collaterali.

C’è da organizzare la consueta conferenza stampa di presentazione (generalmente i primi di maggio), scrivere le cartelle-stampa, correggere le bozze e stampare tutto il materiale: sia quello provvisorio che quello definitivo.

Ci sono da organizzare i trasferimenti degli artisti, il loro alloggio, la loro organizzazione ed i loro “rider” (le richieste).

I palchi, le line-up (luci, suono, ecc.).

C’è da seguire la biglietteria e le prevendite che sono l’“ossigeno” di UJ.

Fatta la conferenza stampa continuano le riunioni su riunioni con i vari Enti coinvolti nell’organizzazione (Comune di Perugia, Soprintendenza, Prefettura, Questura, Vigili del Fuoco, SIAE, ecc.), con lo scambio di quintali di documenti.

E riunioni su riunioni con gli sponsor e per tutta una serie di altre importantissime altre attività che per continenza non sto qui a descrivere.

Sale la tensione, sale l’adrenalina e sale – di conseguenza – anche il nervosismo di tutti, dato che tutta questa attività viene effettuata da quella decina di “eroi” di cui parlavo sopra.

Aprile, Maggio e Giugno sono mesi che “volano” letteralmente e si vive quasi in apnea.

Alla fine di giugno/inizio di luglio si iniziano a montare i palchi, mentre l’attività diventa – se possibile – ancor più frenetica.

Ma è già UJ.

Lo scheletro del palco di Piazza IV Novembre che sta crescendo, le cupole bianche del palco dell’Arena S. Giuliana che s’intravedono passando per Via Cacciatori delle Alpi, i Giardini Carducci invasi dagli operai, rendono ancor più spasmodica l’attesa.

E già si respira l’atmosfera di UJ.

“Non vedo l’ora che inizi”.

E cominciano i buoni propositi: “Quest’anno mi voglio godere tutti i concerti, anche quelli del pomeriggio e della notte”; “Poi voglio tirare tardi nei clubs a sentire buon Jazz”;“Quest’anno me ne frego di tutto e me la voglio godere interamente”.

Finalmente si arriva al primo giorno: il palco di Piazza IV Novembre che irradia di ottima musica e di luci multicoloril e pietre medievali dell’acropoli.

La gente con la birra in mano che applaude gli artisti, i tavolini gremiti fino all’inverosimile, i Funk Off che marciano per il Corso con le loro immancabili t-shirt rosse, tra un mare di t-shirt nere con il logo “UJ”.

Purtroppo i buoni propositi della vigilia si vanno a far benedire.

Tra tutto rimane solo il tempo di andare all’Arena, sentire il concerto ed andarsene a letto sfiniti, perché la mattina dopo c’è il proprio lavoro che non si ferma per UJ.

E poi ogni giorno c’è quell’ospite da accompagnare, la delegazione da ricevere, le personalità in visita,ecc.

“OK, a tirare tardi nei clubs c’andrò domani sera”.

Ma la sera successiva sei ancora più stanco ed aneli il letto.

Ed allora – di solito verso il mercoledì/giovedì – ci diciamo “Dai, teniamo duro che sono rimasti pochi giorni!”.

Il massimo del bipolarismo: aspetti tutto l’anno UJ e poi non vedi l’ora che finisca!

Si arriva alla domenica, alla consueta conferenza stampa finale e solo allora realizzi che UJ è veramente finita.

Che la routine vorticosa degli ultimi 10 gg. è conclusa.

E ti piomba addosso un po’ di malinconia e di vuoto.

Ti rendi conto di quanto sei stato scemo a sperare, pochi giorni prima, che la fine arrivasse presto.

Che dovrai aspettare un anno intero per le cene con lo staff all’Arena, scherzando e commentando tutto quello che accade.

Dovrai aspettare un anno per applaudire di nuovo nel back stage gli straordinari artisti che scendono dal palco.

Dovrai aspettare un anno per vivere gli eventi memorabili che ogni edizione di UJ sforna.

Dovrai aspettare un anno per rivedere Perugia così.

L’ultima sera si brinda, si salutano tutti e si va a casa.

Ci si toglie per l’ultima volta il pass – già diventato vecchio – elo si appende insieme agli altri degli anni passati.

Il lunedì mattina si passa per Via Cacciatori delle Alpi e si vedono gli operai che stanno iniziando a smontare il palco all’Arena S. Giuliana e per un momento passa per la testa l’insano pensiero “Certo che potevamo farlo durare un altro giorno”, rendendosi immediatamente conto che UJ è perfetta, è straordinaria così com’è e non serve un giorno in più.

E si inizia a convivere con quel senso di vuoto che piano, piano, col passare dei mesi, verrà colmato dall’attesa e dall’organizzazione della prossima edizione.

Ed è così da 46 anni.

I love Umbria Jazz!