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giovedì, 11 Settembre 2025
 
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Imprese umbre negli incerti scenari internazionali: luci e ombre nel focus dello Studio legale Spacchetti

Con esperti e docenti, analizzati scenari e strumenti possibili per fronteggiare i dazi. Analizzati la strada del negoziato e gli strumenti contrattuali per trovare nuovi equilibri

Un confronto ampio e sviluppato da più punti di vista per analizzare, con il contributo di esperti, il tema della tenuta delle imprese umbre nei mercati internazionali, alla luce dell’instabilità e dell’incertezza del momento attuale e nella necessaria ricerca di nuovi equilibri. È quanto ha proposto, venerdì 20 giugno a Foligno, la tavola rotonda ‘Il futuro del commercio internazionale: rischi e opportunità in un mercato instabile’, promossa e organizzata dallo Studio legale Spacchetti che ha riunito relatori di conclamata esperienza internazionale, imprenditori e docenti universitari, tra cui l’ambasciatore Stefano Stefanini, già consigliere diplomatico del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano  e rappresentante permanente dell’Italia presso la Nato; il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa, Andrea Cardoni, docente di Economia aziendale all’Università degli Studi di Perugia, e Giuseppe Castellini, giornalista economico. Ad arricchire il dibattito, moderato dall’avvocato Paolo Spacchetti, la presenza di Erica Di Giovancarlo, direttrice dell’Ufficio Ice di New York, in collegamento dagli Stati Uniti.

“L’esigenza di indire questo incontro – ha spiegato l’avvocato Spacchetti – è nata a favore delle imprese umbre e italiane che si trovano da tempo a dibattere nel commercio internazionale con una serie di insidie. La necessità per gli imprenditori è, dal punto di vista legale, quella di avere uno strumento contrattuale che possa far fronte a situazioni che non sono gestibili ex ante e quindi di prevedere formule che possano salvaguardare la bontà del contratto sia la necessità di conseguirlo positivamente. Mi riferisco alla possibilità contrattualmente prevista di rinegoziare le clausole laddove eventi esterni portano a un inadempimento del contratto, con maggiore equilibrio e soddisfazione da entrambe le parti”.

Un focus importante è stato dedicato al mercato degli Stati Uniti di fronte ai dazi voluti e imposti dal presidente americano Donald Trump che hanno generato incertezza. La dottoressa Di Giovancarlo ha presentato il profilo dell’Ice, agenzia governativa che negli Usa ha cinque uffici con diverse competenze merceologiche e territoriali.

“Gli Stati Uniti, fuori dall’Europa – ha detto Di Giovancarlo –, sono il mercato di destinazione per le esportazioni più interessante per l’Italia, nonostante in questo periodo di grande turbolenza qualcosa stia cambiando”.

La direttrice Di Giovancarlo ha confermato come le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti siano state sempre crescenti, con un aumento nel 2024 proseguito nel primo trimestre del 2025.

“Da aprile si è sentito un po’ il freno – ha spiegato Di Giovancarlo –, adesso dobbiamo fare i conti con le decisioni che verranno prese. I settori che più ci fanno conoscere sono moda e food&wine, un punto di forza è il settore della chimica farmaceutica, quello in cui le aziende americane hanno più investito in Italia. Le aziende italiane sono molto apprezzate per la qualità dei prodotti, riteniamo che le eccellenze italiane possano tenere, si tratta di arrivare a un accordo sul quale si sta già lavorando”. “Le prospettive nel mercato americano – ha spiegato l’ambasciatore Stefanini – non sono così rosee come lo sono state negli ultimi 10-15 anni, anche se l’Ice farà il possibile per aiutare le imprese, quello che è difficile gestire è l’incertezza. I dazi che l’amministrazione Trump sta mettendo, minacciando, ritirando, rimettendo sono la maggiore difficoltà delle imprese. L’Unione europea deve cercare di portare avanti il negoziato commerciale con gli americani, tenendo presente che non è quello a cui siamo abituati. L’obiettivo migliore a cui si può arrivare ė quello di accordi quadro con indicazioni di massima, il dazio generico al 10 per cento e negoziati specifici sui singoli settori”.

Del tema della sicurezza nel commercio ha invece parlato il generale Tricarico.

“Non si può non pensare al commercio delle armi – ha sottolineato il generale Tricarico – che avrà uno sviluppo inusitato. La difesa fisica è qualcosa che dovremo risanare perché il nostro sistema ha delle carenze evidenti e su questo c’è consapevolezza nel mondo istituzionale, per quando riguarda le industrie speriamo che si riesca a fare sistema con una corretta politica da scrivere e da mandare a compimento pensando alle società che danno lavoro e lustro a questa terra”.

Nel complesso scenario internazionale

“l’Umbria, con la sua struttura produttiva elastica di piccole e medie imprese – ha specificato il professor Cardoni – , a macchie, in certi casi, resiste anche bene, però rimane un’economia un po’ debole, segnata da una produttività del lavoro bassa rispetto alla media europea. Ci sono strumenti per sostenere le imprese che devono agire su più piani: una politica industriale verso l’innovazione tecnologica e una maggiore competitività, un allentamento delle regole che stanno diventando stringenti e anche un rafforzamento della governance delle pmi sui passaggi generazionali, dando maggiore struttura e managerialità”.

Questa è

“l’età dell’incertezza e dei riposizionamenti – ha concluso Castellini – iniziata dopo il Covid quando le filiere mondiali si erano destrutturate perché si è capito che erano troppo lunghe. Adesso si aggiunge questa scheggia impazzita delle decisioni americane di cui fino al 9 luglio non sapremo l’effetto. Con i primi dazi un effetto c’è ma bisogna tenere presente che si è anche indebolito il dollaro e noi vendiamo a prezzi migliori. In un mondo che va caratterizzandosi per la presenza dei dazi si restringe il commercio internazionale, però l’Umbria potrebbe trovare una strada se i dazi non diventano troppo pesanti”.

A portare la sua testimonianza diretta durante l’incontro è stato Valentino Valentini, titolare della Cantina Bocale di Montefalco che esporta il 70 per cento della sua produzione. L’imprenditore vitivinicolo ha sottolineato come l’incertezza e l’indeterminazione delle regole che governano i mercati siano un danno per le imprese e come si rischia che siano i consumatori finali a pagare il peso dei dazi.

   

Sicurezza a Perugia, Donato: “Continuano interventi mirati in zone sensibili della città”

“La sicurezza è una responsabilità condivisa. Noi ci siamo”

Il Comune di Perugia continua a svolgere un ruolo attivo nella lotta al degrado urbano allo scopo di tutelare l’incolumità dei cittadini; a ribadire il concetto è il consigliere comunale con delega alla sicurezza Antonio Donato che a proposito degli ultimi interventi spiega:

Presso il centro socio-culturale “La Piramide” sono stati condotti controlli che hanno portato all’identificazione di soggetti già noti alle autorità. Parallelamente, sono stati attivati gli uffici comunali ed enti competenti (Gesenu, Aree Verdi, Manutenzioni) per interventi di riqualificazione ambientale: dalla manutenzione del verde alla interdizione fisica di spazi suscettibili di accessi impropri, con l’obiettivo di ristabilire ordine e decoro.

In via Gallenga, in seguito a una segnalazione da parte dell’amministrazione condominiale, la Polizia Locale ha effettuato ripetuti sopralluoghi che hanno consentito l’identificazione di due persone responsabili di accessi non autorizzati in aree comuni. Anche in questo caso è stata inoltrata informativa all’Autorità Giudiziaria. Sul versante della sicurezza stradale, in via Ettore Ricci è stato denunciato un cittadino straniero per guida con patente contraffatta, mentre in via Romana un conducente italiano è stato segnalato per essersi rifiutato di sottoporsi agli accertamenti sull’uso di stupefacenti”

Pare proprio che il comune di Perugia abbia optato per un controllo capillare della città con interventi concreti, mirati e con un’intensificazione della attività di prevenzione

Non mancano poi ringraziamenti

“alla nostra Polizia Locale per la professionalità e la prontezza con cui ogni giorno contribuisce a rendere la città più vivibile. La sicurezza è una responsabilità condivisa. Noi ci siamo”

Allarme sicurezza: tra realtà e percezione. Non è certo che la realtà coincida con la percezione; o forse sì?

Martina Braganti

   

XX giugno, Perugia ha festeggiato la festa “Grande”

XX giugno, Ferdinandi: “È il giorno in cui la storia ha chiesto conto a Perugia della sua dignità”

Anche quest’anno, 2025, la città di Perugia ha celebrato una delle sue ricorrenze più significative ed identitarie, ossia il XX giugno, festa “Grande”.

Le cerimonie, secondo tradizione, hanno preso avvio nel Borgo Bello, dove sono state deposte corone di alloro presso il monumento ai caduti del XX Giugno 1859, alla lapide che ricorda l’ingresso delle truppe alleate a Perugia nel 1944 presso la fondazione Agraria e, infine, alla lapide in memoria dei patrioti fucilati nel 1944 dai nazi-fascisti presso il poligono di tiro.

Dopo l’accensione della fiamma da parte dei vigili del fuoco sulla sommità del monumento del XX giugno, all’ingresso dei giardini del Frontone, la sindaca Vittoria Ferdinandi ha pronunciato il suo discorso alla presenza delle massime autorità civili e militari della regione e della città.

Presenti, in particolare, oltre alla sindaca Ferdinandi, la presidente della regione Proietti, il vicepresidente Bori, la presidente dell’assemblea legislativa Bistocchi, il presidente della Provincia di Perugia Presciutti, la presidente del Consiglio comunale Ranfa, gli assessori comunali, i consiglieri comunali di maggioranza ed opposizione. Presenti inoltre rappresentanti di associazioni combattentistiche e d’arma e delle associazioni cittadine. Hanno partecipato anche i bambini della scuola XX giugno accompagnati dalle insegnanti, intonando alcuni canti e l’inno d’Italia.

“Ci sono città che ricordano. E città che resistono. Perugia è entrambe”

Oggi, 20 giugno – ha detto la sindaca Vittoria Ferdinandi aprendo il suo discorso – la nostra città si stringe in un momento solenne, in un tempo che non è solo memoria: è identità. È responsabilità. È un’eredità che ci interroga e ci chiama.

Il 20 giugno non è una data qualsiasi nel calendario. Il XX giugno è una fiamma viva che continua brillare per tutti gli uomini e le donne che amano la libertà. È il giorno in cui la storia ha chiesto conto a Perugia della sua dignità. E Perugia ha risposto. Due volte. Con coraggio, con il sangue, con la speranza, con l’ardire di guardare oltre l’oppressore. Mettendo le basi per la costruzione di un’Italia nuova: unita, laica, repubblicana e democratica.

E’ accaduto il 20 giugno del 1859, quando l’Italia stava nascendo.

E’ accaduto ancora, il 20 giugno del 1944, quando dalle miserie del fascismo, bisognava inventare la Repubblica.

Nel 1859, Perugia era una città viva, inquieta, attraversata da idee nuove che arrivavano da ogni parte della penisola.

L’Italia non esisteva ancora, ma già si respirava un senso di appartenenza futura, si parlava di unità, di libertà, di autodeterminazione. La città era ancora sotto il dominio dello Stato Pontificio. La legge era religiosa, il potere autoritario, il dissenso punito.

Ma qualcosa si stava muovendo.  C’erano giovani che leggevano Mazzini in segreto. Intellettuali che scrivevano su fogli clandestini. Operai e artigiani che parlavano di nazione e di diritti. Donne che, pur escluse dalla politica, cucivano bandiere, portavano messaggi, curavano i feriti, partecipavano all’azione civile.

E così la città insorse. Fu un moto popolare, coraggioso. I cittadini presero le armi, costruirono barricate, cercarono di liberarsi da un potere che non avevano scelto.

Durò poco. Il Papa inviò le truppe svizzere. La repressione fu brutale. In tre giorni la rivolta fu soffocata nel sangue. Donne e uomini, vecchi e giovani, caddero per aver reclamato la libertà.

Ma quel sangue non fu versato invano. Il 20 giugno 1859 non fu una sconfitta. Fu un atto fondativo. Perugia, con il suo sacrificio, entrò nella storia del Risorgimento come città ribelle, come terra di anticipo. Nel cuore di quell’Italia che stava nascendo Perugia incise un messaggio radicale: che la libertà non può mai convivere con l’oppressione. Che il potere, quando si fa dominio politico, diventa oppressione.

Quel giorno, Perugia ha scritto una delle prime pagine italiane di laicità. Ha scelto di stare dalla parte della modernità, della coscienza individuale, della separazione tra fede e potere.  Ha posto le basi per ciò che oggi chiamiamo cittadinanza attiva, non solo obbedienza alla legge, ma impegno civile e giustizia.

Nel 1944, quando le forze partigiane, insieme alla popolazione e agli alleati, liberarono la città dall’occupazione nazifascista fu un giorno atteso, preparato nel silenzio e nella paura, ma anche nella determinazione. Non fu solo una liberazione militare: fu un ritorno alla vita.

Perugia era stata ferita, provata dalla fame, dai rastrellamenti, dai bombardamenti. Ma mai piegata.

Perugia fu, il 20 giugno, quello che noi proviamo ad essere: una rete. Fatta di mani, di voci, di azioni quotidiane: le staffette partigiane, i rifugiati nascosti nelle cantine, i messaggi passati di bocca in bocca, i giovani saliti in montagna, i contadini che condividevano il poco che avevano con chi resisteva. Ogni gesto cuciva appartenenze, tesseva coscienza civile.

L’antifascismo a Perugia non fu una parola astratta, fu un gesto, una scelta concreta.  E fu proprio grazie a quella scelta che anche Perugia contribuì, con dignità, alla costruzione dell’Italia repubblicana. Un’Italia che nasceva libera perché aveva saputo resistere.

Due momenti storici, due battaglie distanti nel tempo, ma unite da uno stesso spirito: la difesa della libertà contro l’oppressione. La scelta di non piegarsi, di non obbedire. Quella scelta scolpita nell’artiglio indomito del Grifo che schiaccia la tiara, che veglia solenne, immortale sulle nostre coscienze. Perugia non si piega, Perugia si vuole libera, Perugia ha sempre lottato per la sua libertà, con il suo popolo e per il suo popolo.

Un secolo separa le due battaglie. Eppure sembra possibile leggere in esse uno stesso gesto. Che cosa spinge una città, e con essa un popolo, a ribellarsi, non per il proprio interesse personale, ma per qualcosa di più grande, più universale?

Lo chiamavano spirito civico, Capitini lo chiamava sentimento civile. E ne abbiamo bisogno disperatamente.

Parola bellissima civismo perché mette insieme cittadinanza, civiltà, comunità, responsabilità, diritti, e doveri. Spinge a trascurare una parte del proprio benessere per il bene comune e si sintetizza nella parola “Noi” o meglio “noi, insieme. E ne abbiamo disperatamente bisogno.

L’idea che esista un terreno che non appartiene a una sola parte, ma che è di tutti. Dove ognuno può camminare con la propria storia, il proprio pensiero, la propria fede, o la propria assenza di fede, senza temere di essere escluso, giudicato, punito.

È su questo terreno che si combattono le battaglie più dure, anche oggi. Non servono fucili.

Ogni volta che si tenta di imporre un’idea unica, una morale assoluta, una visione chiusa dell’essere umano, dimentichiamo che la libertà è di tutti. E che quel tutti ne scandisce il senso. La libertà senza l’uguaglianza, senza fraternità, è arbitrio, è privilegio.

Quell’anelito alla libertà di tutti ci ricorda che nessun potere può scegliere al posto delle coscienze e che la fede, qualunque essa sia, è forza quando è scelta. Ma può diventare dominio, quando è imposta.

Ecco perché, anche se la parola “laicità” non veniva pronunciata allora come la pronunciamo oggi, era già scritta nei gesti, nelle scelte, nei volti. Era nel rifiuto del dogma. Era nel desiderio di pluralità. Era nell’urgenza di costruire una comunità che non avesse padroni.

La laicità non è un principio per giuristi. È una condizione di convivenza. È ciò che ci permette di stare insieme senza doverci somigliare.

Ci chiede di ascoltare, di comprendere, di fare spazio, di accogliere. Non è indifferenza. È il suo contrario: è l’arte difficile dell’equilibrio, del rispetto dell’altro nella sua irriducibile diversità.

E questa arte, questa pratica, non si insegna con le leggi soltanto. Si trasmette con l’esempio. Con le scuole che educano alla libertà di pensiero. Con le istituzioni che non cedono alla tentazione di dividere. Con la politica che non cerca l’applauso facile o la politica urlata, ma costruisce pazientemente coesione.

Per questo credo che la laicità, oggi, viva nel lavoro di tante donne e tanti uomini che ogni giorno si alzano e si impegnano per una città aperta, giusta, inclusiva. Vive nei volontari che accolgono chi arriva da lontano.  Ed è bello che oggi sia anche la giornata mondiale del rifugiato, dedicata a chi è stato costretto a fuggire da guerre, persecuzioni, crisi climatiche.

E allora ricordare oggi il XX giugno significa opporsi a quella tentazione del muro che sembra farsi sempre più spazio nella nostra società. Significa ricordare che tracciando confini rigidi si identifica anche sempre il nemico da combattere.

Ecco perché oltre a essere gloriosa, per Perugia la data del XX giugno può essere considerata fondativa. Perché nel 1859 Mirabassi, Danzetta, Faina i confini sognavano di aprirli. Volevano superare gli angusti staterelli che affamavano le popolazioni locali e costruirne uno più ampio, che si sarebbe chiamato Italia. La strage si consumò perché Perugia si era posta l’obiettivo di andare al di là dei propri confini, e non l’aveva fatto per conquistare territori bensì per abbracciarli.

il XX giugno è una data fondativa per l’identità di Perugia, perché questa città si riconosce nell’apertura al mondo, nel suo cosmopolitismo intrinseco.

L’identità di Perugia è l’esatto contrario dell’identità brandita come una clava dai nazionalismi beceri di oggi, perché questa è una città che ha inciso nelle ferite della sua storia l’anelito all’abbattimento dei confini.

L’identità di Perugia non segna confini, li supera per abbracciare il mondo. E comunque, a scanso di equivoci, Perugia non ha solo un’identità, ha un’anima. E l’anima è qualcosa di infinitamente più profondo dell’identità.

Care concittadine, cari concittadini, le donne e gli uomini che nel 1859 e nel 1944 scelsero di resistere, non erano eroi astratti, erano persone comuni, come noi, avevano famiglie, paure, sogni. Ma in loro abitava un’idea più grande del proprio destino individuale. In loro viveva un senso civico, quell’agire che vede la città più importante del proprio tornaconto, e che oggi abbiamo il dovere di riscoprire.

Perché oggi, nel 2025, le forme dell’oppressione sono cambiate, ma non sono scomparse.

Viviamo in un tempo in cui la libertà può essere erosa dal populismo, dalle forme nuove e subdole di repressione del dissenso, dall’ignoranza, dalla disinformazione. In cui la giustizia sociale è messa a rischio da nuove povertà, da diseguaglianze profonde, da solitudini crescenti. In cui la pace non è scontata, neanche in Europa.

Ma Perugia è diversa “Se vuoi la pace, prepara la pace.”, diceva il nostro Capitini. Il nostro, ecco noi siamo qui per preparare la pace, per dire che non esiste libertà se Gaza muore e che non saremo liberi fintantoché i nostri governi nazionali non saranno in grado di fermare quel genocidio. Oggi resistere significa essere cittadini attivi. Partecipare. Impegnarsi. Non cedere all’indifferenza. Non credere che il male sia sempre responsabilità di qualcun altro. E soprattutto: non delegare la democrazia.

Perché la democrazia è fragile. Vive solo se qualcuno la esercita. E noi, tutte e tutti insieme, dobbiamo tenerla viva in ogni momento della nostra azione sociale. Non deleghiamola.

Per questo, oggi, nel giorno della memoria più autentica per la nostra città, io voglio ringraziare tutte le cittadine e i cittadini che, ogni giorno, rendono viva la Resistenza, di questi due nostri XX giugno. Chi lavora nelle scuole, chi accoglie, chi fa cultura, chi ascolta, chi cura. Chi si impegna nei quartieri, nei consigli, nelle associazioni, nei luoghi in cui si costruisce la convivenza. Ma anche e soprattutto a chi non si gira dall’altra parte. A Chi sceglie, senza clamore, di restare umano.

L’anelito alla libertà vive ancora oggi negli insegnanti che non si arrendono all’omologazione. Vive in chi difende i diritti civili e lotta per chi ha meno voce, come Laura Santi, e la sua battaglia per la vita. Vive in chi lavora ogni giorno per non lasciare nessuno indietro e per dare a tutti le stesse opportunità, indipendentemente da dove si nasce, da come ci si veste, da cosa si prega o non si prega.

In loro è ancora viva quella resistenza. Una resistenza quotidiana, civile, silenziosa, ma determinata. Una resistenza che non divide, ma unisce. Che non alza muri, ma costruisce ponti.

Questa città ha bisogno di loro. Ha bisogno di tutti voi. Perché il futuro di Perugia non si costruisce solo con i progetti urbanistici, ma con la qualità della sua democrazia. Con la forza del suo tessuto civile. Con la capacità di fare memoria, non solo il 20 giugno, ma ogni giorno.

Concludo tornando all’inizio.

Ci sono città che ricordano. E città che resistono. Perugia è entrambe. Lo è stata nel 1859. Lo è stata nel 1944. E deve continuare ad esserlo oggi. Nel nome di chi ha combattuto. Nel nome della laicità come fondamento di libertà. Nel nome della nostra responsabilità comune.

Che la nostra Perugia di oggi possa essere ogni giorno ribelle, coraggiosa, fiera, caparbia e generosa, come lo fu allora.

Viva il 20 giugno. Viva Perugia. Viva la Repubblica. Viva l’Italia”

Le cerimonie sono proseguite presso il cimitero monumentale con la deposizione di una corona d’alloro presso il monumento ai Caduti. I presenti sono stati poi accompagnati in visita alle tombe dei partigiani e delle altre personalità cittadine ove sono stati deposti omaggi floreali.

La terza tappa delle cerimonie ha toccato, infine, piazza Puletti (di fronte alla sede dell’Università per Stranieri), ove è stata deposta una corona d’alloro in ricordo di tutte le vittime dei genocidi.

   

Sanità: riunito Osservatorio regionale sui tempi d’attesa

Proietti: “Strumento fondamentale per la trasparenza e la comunicazione tra i cittadini e il sistema salute”

Si è tenuta presso la sede della Regione Umbria la prima riunione dell’Osservatorio regionale per i tempi d’attesa, istituito lo scorso 4 giugno con delibera di Giunta n. 532/2025. L’incontro ha visto la partecipazione di tutti i componenti dell’organismo, presieduto dalla Direttrice regionale Salute e Welfare Daniela Donetti.

   L’Osservatorio, fortemente voluto dall’amministrazione regionale guidata dalla Presidente Stefania Proietti, rappresenta un organismo di studio per la raccolta e l’analisi di dati sui tempi d’attesa e, al contempo, uno spazio di confronto e collaborazione tra esperti, addetti ai lavori e portatori di interesse del settore sanitario. Il lavoro dell’Osservatorio sarà reso pubblico così come i dati che afferiscono all’attività in un rapporto di piena trasparenza con i cittadini.

   “L’istituzione dell’Osservatorio rappresenta un passo fondamentale nel percorso di riorganizzazione e rafforzamento del nostro Sistema sanitario regionale – ha dichiarato la presidente Stefania Proietti. Questo strumento ci permetterà di affrontare con maggiore efficacia il problema delle liste d’attesa, garantendo trasparenza e comunicazione verso i cittadini. Il nostro obiettivo è riconquistare la fiducia degli umbri nella sanità pubblica attraverso una riorganizzazione complessiva dei servizi e l’implementazione di tutte le riforme necessarie”.

   Durante la prima riunione, tutti i partecipanti hanno espresso grande apprezzamento per l’istituzione dell’Osservatorio, da tempo richiesto soprattutto dalle organizzazioni sindacali. È emersa unanimemente la necessità di migliorare la comunicazione e innalzare il livello di trasparenza nei confronti dei cittadini, sia sulla sanità in generale che sul delicato tema delle liste d’attesa. Un punto centrale del dibattito è stato il contrasto alle liste d’attesa attraverso un approccio che agisca “sulla domanda” piuttosto che solo sull’offerta, aumentando l’appropriatezza prescrittiva e organizzativa mediante l’organizzazione delle reti cliniche di patologia e la definizione dei relativi Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PPDTA) per garantire la presa in carico dei pazienti.

   La direttrice Donetti ha illustrato le prossime azioni che l’Osservatorio metterà in campo: la definizione di una bozza di regolamento sul funzionamento dell’organismo, la programmazione di incontri bimestrali con ordini del giorno e obiettivi chiari, lo svolgimento delle riunioni in presenza per garantire massima efficacia, lo sviluppo di un metodo di lavoro che potrà prevedere gruppi di lavoro su temi specifici e il miglioramento della comunicazione e condivisione delle informazioni sui tempi d’attesa con cittadini, medici di base, specialisti e professionisti del Servizio sanitario regionale.

L’Osservatorio è composto dal Ruas regionale, dai Rua delle Aziende sanitarie, dai direttori sanitari aziendali, dal Dirigente del Servizio amministrativo e risorse umane del SSR, dai segretari regionali delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale sanitario e della medicina convenzionata, dalle associazioni dei pensionati e dalle associazioni a tutela dei diritti dei cittadini. L’organismo opererà a titolo gratuito con la possibilità di coinvolgere soggetti esterni in relazione alle specifiche tematiche trattate. L’Osservatorio rappresenta inoltre uno degli stakeholder previsti nelle linee strategiche del Piano Sanitario Sociale Regionale (PSSR) attualmente in fase di elaborazione.

   Per comprendere al meglio gli elementi su cui l’Osservatorio deve lavorare ecco una serie di dati: da dicembre 2024-aprile 2025 ci sono state 36.328 prenotazioni in più rispetto allo stesso periodo di riferimento, e cioè dicembre 2023-aprile 2024. Nel 2025 sono state ampliate le disponibilità per recuperare le prestazioni degli anni 2024 e precedenti, al 1° gennaio 2025, pari a 71.237, mentre al 1° gennaio 2024 le prestazioni residuali rispetto agli anni precedenti erano pari a 45.931; ovvero al 1° gennaio 2025 si registravano 25.306 prestazioni residuali in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

   Da sottolineare che ad aprile del 2024 sono state assegnate alle aziende sanitarie risorse pari allo 0,4 per cento, oltre 7 milioni, per acquistare dal privato accreditato convenzionato un numero di prestazioni pari a oltre 36mila. Quest’anno questi finanziamenti statali non sono stati ancora erogati perché la disponibilità finanziaria è all’esame del Governo. A questo si aggiunge l’alto incremento di richiesta di prenotazioni per un numero di prestazioni pari a 36.328. In conclusione, la domanda aggiuntiva di prestazioni nel 2025 rispetto al 2024, incide sul numero di PdT al 03/06/2025 pari a n. 87.557, al netto degli effetti positivi che si sarebbero potuti raggiungere con i fondi statali dello 0,4%.

   Alla luce di questi numeri, nonostante il grande sforzo del settore pubblico e in assenza del finanziamento di risorse statali oltre all’importante lavoro fatto dai professionisti che hanno aumentato la produttività del solo pubblico di oltre 26 mila prestazioni in più, si rileva comunque che l’incremento delle richieste di prenotazioni rispetto all’anno precedente di ben 36 mila incide sullo smaltimento delle liste, questo a sottolineare come il lavoro dell’Osservatorio sarà importante per quell’attività di qualità che incide positivamente sull’appropriatezza prescrittiva e sulla necessità di passare da una medicina prestazionale a una medicina che si prende in carico i pazienti nei percorsi dedicati nel rispetto del principio di prossimità nell’erogazione di prestazioni di primo livello

   

Sciopero metalmeccanici, adesioni al 75% in Umbria per il rinnovo del contratto

Mobilitazione indetta da Fim Fiom e Uilm per riconquistare il tavolo della trattativa – Centinaia di operai hanno sfilato in corteo nel centro storico di Perugia

Nel giorno dello sciopero nazionale dei metalmeccanici indetto da Fim, Fiom e Uil, che nelle industrie umbre ha fatto registrare un’adesione media del 75 per cento, con picchi molto più alti in alcuni stabilimenti della regione, nella mattinata di venerdì 20 giugno centinaia di operai metalmeccanici provenienti da tutte le città dell’Umbria hanno raggiunto il centro storico di Perugia per la manifestazione regionale indetta dalle organizzazioni sindacali di categoria e chiedere a gran voce il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro. Tra cori, striscioni, fumogeni e decine di bandiere verdi, rosse e blu di Fim, Fiom e Uilm, i lavoratori si sono concentrati in piazza Matteotti per poi raggiungere in corteo piazza Italia dove dal palco sono intervenuti Simone Liti, segretario generale della Fim-Cisl Umbria, Fabrizio Blasi della Uilm-Uil Umbria e Silvia Simoncini, segretaria nazionale della Fiom-Cgil. Non mancavano bandiere della pace e appelli a fermare i conflitti in corso.

“Siamo arrivati a 40 ore di sciopero – hanno sottolineato Marco Bizzarri e Alessandro Rampiconi, segretari generali di Fiom Cgil rispettivamente Perugia e Terni – e questo è un grande sacrificio per tutti i lavoratori. Ma abbiamo nuovamente incrociato le braccia e siamo ancora qui in piazza perché vogliamo assolutamente riconquistare il tavolo della trattativa. È intollerabile il perdurante atteggiamento di chiusura di Federmeccanica-Assistal e Unionmeccanica-Confapi che si rifiutano di riaprire le trattative, lasciando senza risposte migliaia di lavoratrici e lavoratori. Il contratto è scaduto da troppo tempo e la nostra piattaforma, approvata a larghissima maggioranza da tutti i lavoratori, è stata presentata ormai un anno fa. D’altronde, dal contratto nazionale passa anche il futuro del settore metalmeccanico e dell’industria del nostro Paese. Vogliamo salari che siano veramente in grado di restituire il potere d’acquisto ai lavoratori e c’è bisogno di intervenire anche su tutta la parte normativa per contrastare l’attuale modello di appalti e subappalti e del diffuso precariato che c’è nel settore. Siamo qui nella speranza che questo ulteriore sciopero possa convincere Federmeccanica-Assistal e Unionmeccanica-Confapi a riaprire il tavolo di confronto a partire dalla piattaforma presentata da Fim Fiom e Uilm”.

Ma cosa chiedono i lavoratori metalmeccanici?

“Le nostre richieste – hanno ricordato Bizzarri e Rampiconi – prevedono innanzitutto un aumento salariale di 280 euro per riconquistare il potere d’acquisto, ma non basta. C’è tutta una parte della nostra piattaforma che riguarda il mercato del lavoro per limitare l’utilizzo delle forme più precarie e rendere più stabile il mondo del lavoro nel settore metalmeccanico. Abbiamo, inoltre, una parte legata a salute e sicurezza, temi quanto mai emergenziali in questo Paese visto quello che le cronache purtroppo ci restituiscono ogni giorno. La nostra è una piattaforma all’avanguardia, il problema è che è stata scalzata da una contropiattaforma che ci è stata presentata con l’idea formale di depotenziare l’effetto del Ccnl”.

   

XX Giugno, Perugia celebra la sua storia. Proietti: “Giorno simbolico per la democrazia”

“E’ il giorno in cui ricordiamo con rispetto e gratitudine chi ha sacrificato la propria vita per la libertà, ma è anche un giorno che parla al presente e al futuro”

La città di Perugia ha celebrato questa mattina la ricorrenza del XX Giugno, giornata profondamente simbolica per la storia dell’Umbria e dell’Italia. Una memoria che unisce la commemorazione dei fatti del 1859 e del 1944, due momenti distinti ma legati dallo stesso desiderio di libertà e di giustizia.
Presente alla cerimonia la Presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti, insieme alle autorità civili e militari, ai rappresentanti delle istituzioni locali, del mondo della scuola e delle associazioni. Un momento collettivo di riflessione sulla memoria storica e sull’impegno democratico.

“Il XX giugno – ha dichiarato la Presidente Proietti – rappresenta per Perugia e per l’Umbria una data spartiacque: è il giorno in cui ricordiamo con rispetto e gratitudine chi ha sacrificato la propria vita per la libertà, ma è anche un giorno che parla al presente e al futuro. Il coraggio delle donne e degli uomini del 1859, come quello dei partigiani e dei civili del 1944, ci consegna una responsabilità: essere all’altezza della loro eredità, costruendo ogni giorno una Regione più giusta, coesa e consapevole del proprio ruolo nella democrazia repubblicana”.

Nel cuore delle celebrazioni, la Regione Umbria ha voluto sottolineare anche il valore educativo e civico del XX Giugno, rafforzando il legame tra memoria storica e cittadinanza attiva. In questo senso, la partecipazione delle scuole e dei giovani assume un significato particolarmente rilevante: coltivare la consapevolezza delle radici democratiche è uno degli strumenti fondamentali per affrontare le sfide del presente.

“Difendere la pace, promuovere la partecipazione, ascoltare le voci dei più fragili – ha aggiunto Proietti – significa oggi rendere vivo lo spirito del XX Giugno. È nostro compito, come istituzioni, rinnovare quotidianamente il patto tra cittadini e democrazia, contrastando ogni forma di violenza, di esclusione e di disuguaglianza”.

La Regione Umbria, nel solco di questo impegno, continuerà a sostenere iniziative culturali, educative e commemorative che valorizzino la storia civile dei territori, favorendo il dialogo tra generazioni e il radicamento dei valori costituzionali. La memoria, come ha ricordato la Presidente, non è un esercizio del passato ma un’azione continua nel presente.

   

Umbria Danza Festival: performance, arte e dj set a Borgo XX Giugno

Cancan - ph. Margherita Masè

A Perugia, fino al 29 giugno, il festival diffuso con il meglio della scena contemporanea 

Il primo fine settimana dell’edizione numero 4 di Umbria Danza Festival propone una due giorni, fino a domenica 22 giugno, ricca di spettacoli e performance con protagonisti alcuni tra i più interessanti artisti e interpreti della scena contemporanea italiana e internazionale. In Borgo XX Giugno, Sala Sant’Anna, viale Roma, si parte di pomeriggio per arrivare fino a sera con musica e installazioni visive. 

Sabato 21 giugno, alle 17.30, in sala Sant’Anna arriva in prima nazionale il progetto di Marco Casagrande e Nicolò Giorgini. BAIA, ispirato alla città sommersa di Baia, che esplora il rapporto tra memoria, tempo e spazio. Paesaggio visivo costruito con videomappature di Angelo Bitetti, che trasformano la scena in una rete dinamica di forme e ritmi. 

Alle 18.30 in scena CanCan, di Fabritia D’Intino. In questo lavoro, si esplora il can can sotto una nuova luce, riflettendo sul legame tra intrattenimento, erotismo e virtuosismo, e proponendo una lettura che sfida i codici tradizionali della danza. Si cerca di ricostruire un percorso di emancipazione, affrontando le contraddizioni e l’esposizione a un consumo voyeuristico. A seguire Claudia Catarzi con 14.610, un’astrazione, seppur molto concreta, di un tempo totalmente personale. 

Alle ore 21 c’è Folklore Dynamics, coreografia VIDAVÈ Noemi Dalla Vecchia & Matteo Vignali. Una ricerca sui dialetti italiani, metafore di valori che vanno svanendo nella società contemporanea. Chiusura di serata affidata a The Home of Camila, coreografia e performance Giorgia Gasparetto e a seguire Off Night a cura di Spazio Modu con dj Molecola. 

Domenica 22 giugno segnaliamo alle 18.30, in Sala Sant’Anna, Non ho chiesto (io) di venire al mondo, concetto e coreografia Alessandra e Roberta Indolfi. Contenuto non è adatto alla visione di adultǝ, è consigliabile farsi accompagnare dal proprio io-bambinǝ. Come si legge nelle note: “In un mondo che ci chiede di produrre piuttosto che essere, noi scegliamo di ricordare il potenziale ludico dell’esistenza”

Alle ore 21 Ma l’amor mio non muore/Epilogue, basato su un’idea di Alessandro Bernardeschi; coreografia, composizione e interpretazione Carlotta Sagna, Alessandro Bernardeschi & Mauro Paccagnella. Spettacolo vivido e incandescente rimane impresso nella mente e nell’anima per molto tempo dopo che le luci si sono spente, mentre ci si ritrova a canticchiare frammenti della colonna sonora dello show, immersi in una memoria collettiva.

Alle ore 22 FLLNGLS, regia e coreografia Michael Incarbone, performance Erica Bravini. Un “live set duo” di suono e corpo in una dimensione di questionamento e prossimità percettiva tra spazio scenico e spazio “spettatoriale”. A seguire DJ set Michael Incarbone e Gabriele Corti. 

Da quest’anno, infatti, nasce una nuova e stimolante collaborazione tra il Festival e Spazio Modu, due realtà che condividono la passione per l’arte, la cultura e la sperimentazione. Insieme, saranno protagoniste della parte OffNight di Umbria Danza Festival, dando vita a un programma che arricchirà ulteriormente l’esperienza del festival. L’obiettivo di questa sinergia è creare un ponte tra danza, musica e arti multimediali con dj set e mapping.

UDF è un festival di rilevanza nazionale riconosciuto e sostenuto dal Ministero della Cultura, dalla Regione Umbria e dal Comune di Perugia. È marchio Umbria Culture for Family dal 2022 e opera in sinergia con il Teatro Stabile dell’Umbria e una rete molto ampia altri di soggetti del Terzo Settore. Grazie al finanziamento PNRR Tocc digitale ha potuto implementare l’allestimento tecnico della Sala S.Anna che diventa così un vero spazio performativo contemporaneo che, è l’auspicio degli organizzatori, possa diventare stabile.

Per informazioni: info@dancegallery.it / 338 2345901 www.umbriadanzafestival.it

   

Muro crollato ad Assisi, modifiche alla viabilità

E messa in sicurezza dell’area

Modifiche alla viabilità ad Assisi, nella zona interessata dal crollo del muro di sostegno del terrazzo di una struttura ricettiva in centro storico. Il fatto è avvenuto stamani, in una proprietà privata, per cause in fase di accertamento, senza alcun danno a persone.

Al fine di garantire incolumità e sicurezza, con un’ordinanza della Polizia locale, in via Nicolini è stato istituito il divieto di circolazione per veicoli e pedoni nel tratto stradale interessato dal crollo, dall’intersezione con Vicolo Illuminati. Solo per residenti, è stato inoltre disposto il doppio senso di circolazione in via Aromatari, nel tratto compreso tra l’intersezione con via degli Ancajani e via Nicolini e dall’intersezione con Piaggia di Porta San Pietro all’intersezione con Vicolo Illuminati.

A tutela dell’incolumità pubblica e privata, è stata inoltre emessa un’ordinanza  sindacale di inagibilità delle parti esterne della struttura ricettiva interessata dal crollo, che prevede, a carico del soggetto privato, la messa in sicurezza delle mura e del terrapieno, delle strutture pericolanti e dell’area coinvolta, con eliminazione dei pericoli, anche al fine di ripristinare l’ordinaria viabilità comunale.

   

Gualdo Tadino, Rifare Gualdo: “Maggioranza nega confronto e collaborazione”

“Così la democrazia viene umiliata”

“Ancora una volta, il Consiglio comunale di Gualdo Tadino si è trasformato in un monologo autoritario. Nella seduta di ieri, la maggioranza ha respinto sistematicamente ogni proposta presentata dal nostro gruppo, “Rifare Gualdo”, confermando un atteggiamento che nega ogni possibilità di confronto e collaborazione.

«Noi votiamo gli atti della maggioranza quando sono nell’interesse della città – dichiara il gruppo consiliare – e lavoriamo costantemente per trovare compromessi, per cercare l’unanimità, per costruire soluzioni. Loro, invece, respingono tutto, a prescindere. Il dibattito è morto, la partecipazione è ostacolata, le nostre proposte vengono liquidate con sufficienza».

Gravissimo quanto accaduto durante la discussione di uno dei punti all’ordine del giorno, quando il sindaco, in evidente difficoltà, ha tentato di zittire la consigliera Simona Vitali gridando in aula un inaccettabile «Taci!». Un gesto autoritario che conferma il clima ostile e intimidatorio imposto a chi osa dissentire.

«Non ci faremo intimidire – ha risposto a voce alta Simona Vitali – continueremo a parlare e a portare la voce di chi ci ha votato, anche se questo dà fastidio a chi vorrebbe un’aula silenziosa e compiacente».

A completare il quadro, l’utilizzo del regolamento a corrente alternata: rigido e pignolo quando si tratta di limitare i nostri interventi, del tutto disatteso quando a intervenire sono esponenti della maggioranza o membri della Giunta. Il tutto in un’aula dove i consiglieri di maggioranza, puntualmente, non intervengono mai, nonostante siano stati più volte sollecitati a prendere parola.

«Non è un insulto – chiarisce il gruppo – ma una legittima osservazione sul ruolo dei consiglieri comunali: non sono semplici ratificatori di decisioni altrui. Sono rappresentanti eletti dai cittadini e dovrebbero esercitare il loro mandato con responsabilità, esprimendo opinioni, valutazioni, proposte».

La realtà, però, è desolante: un consiglio in cui parlano solo gli assessori, un sindaco che urla per mettere a tacere l’opposizione, consiglieri muti che si limitano ad alzare la mano. E se qualcuno osa criticare, la risposta non è il dialogo, ma la censura. Emblematico che il primo cittadino abbia addirittura bloccato il capogruppo di Rifare Gualdo dai propri profili social, impedendogli di replicare o correggere le continue falsità che vengono pubblicate in assenza di contraddittorio.

«Siamo richiamati continuamente a “tenere un comportamento etico e rispettoso”, ma sarebbe bene che questo richiamo valesse per tutti – prosegue il gruppo – perché chi dovrebbe rappresentare l’intera città sta riducendo l’assemblea elettiva a una passerella autoreferenziale. Il rispetto si pratica, non si predica».

A fronte di tutto questo, è legittimo chiedersi dove sia finita la speranza di cambiamento che tanti gualdesi avevano riposto nelle urne. «Purtroppo – concludono i consiglieri di Rifare Gualdo – questa amministrazione continua a non fare nulla. Nessuna visione, nessun progetto di ampio respiro, solo gestione del quotidiano e relazioni clientelari che garantiscono il controllo politico ma non producono alcun miglioramento per la comunità».