Umbria: istruzioni per l’uso

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Umbria: istruzioni per l'uso

Umbria: istruzioni per l’uso. Alcune riflessioni sui concetti di Ri-presa. Ri-lancio. Ri-costruzione, lagati alla nostra regione

   

Da un po’ di tempo (troppo, forse) la politica regionale umbra non riesce a non utilizzare termini con il prefisso “ri”, di fronte ad un elettorato schiacciato da una crisi iniziata nel 2007, che – secondo i soliti esperti – avrebbe dovuto durare al massimo tre anni, ma che invece ha tagliato il traguardo dei dieci anni ed i soliti esperti ne hanno posticipato la fine al 2023.

In questa disastrosa situazione nazionale ed internazionale, noi cittadini della piccola Umbria – schiacciati come un vaso di cristallo, tra vasi di acciaio – abbiamo subito (come se non bastasse…) pure il disastro del terremoto che ha aggravato la già precaria situazione economica della nostra piccola regione.

Vorrei, quindi, fare alcune riflessioni – divise per continenza in più articoli – sui concetti di “ripresa”, “rilancio” e “ricostruzione”.

Lascerò per ultima la “ricostruzione”, dato che è un argomento quantomai importante e delicato, che merita una disamina tutta per sé.

Iniziamo, quindi, da “ripresa” e “rilancio” chiarendo, innanzitutto, quale significato dare ad entrambi i termini.

Se si parla di “ripresa” e di “rilancio”, infatti, ciò presuppone che la situazione economico/imprenditoriale dell’Umbria fosse un tempo florida, che si sia nel tempo deteriorata e che ora debba “riprendere”, “rilanciando” l’economia regionale.

In effetti – se andiamo indietro nel tempo – la pur piccola Umbria era benedetta da grandi e sane aziende, su tutte la Perugina e le Acciaierie di Terni, ma anche il comparto del tessile/abbigliamento e l’edilizia.

Aziende già grandi di per sé, ma che creavano un cospicuo indotto con numerosissime imprese medio-piccole – a volte familiari – che gravitavano intorno.

E tutto ciò creava ricchezza.

É chiaro che si faceva impresa in un ambito sociale, legislativo ed economico/finanziario totalmente diverso dal presente.

Col passare del tempo e con la progressiva globalizzazione dell’economia, purtroppo, tante di queste belle realtà sono sparite, trascinando con sé – a cascata – tutto il proprio indotto, tanto che la situazione economico/imprenditoriale dell’Umbria arrivò al “fatidico” 2007, già da tempo in ginocchio.

Tra i tanti motivi che si possono addurre a questa annosa crisi – sicuramente tutti decisivi – a mio avviso uno dei più gravi è lo storico isolamento nei collegamenti che soffre l’Umbria, isolamento che penalizza oltremodo il trasporto dei prodotti delle nostre imprese.

Mentre negli ultimi 50 anni la rete stradale, ferroviaria ed aereonautica si è capillarizzata nel territorio nazionale con collegamenti sempre più comodi e veloci tra i vari centri, l’Umbria è rimasta praticamente al palo.

E quei pochi interventi effettuati sono stati fatti male, con scarsa lungimiranza e grande miopia.

In un mondo sempre più globalizzato ed interconnesso, quindi, l’isolamento crea crisi.

TRASPORTI SU GOMMA

Pur rimanendo l’Umbria storicamente esclusa dalla rete autostradale nazionale, grandi speranze furono riposte nella E45, la quale venne finalmente completata – dopo una costruzione “a singhiozzo” durata oltre 40 anni – con il valico del Verghereto, fastosamente inaugurato nel 1996 dall’allora Ministro dei lavori pubblici Antonio Di Pietro, in modo da collegare la A1 all’A14 da Orte a Cesena, attraverso tutta l’Umbria.

Attualmente, però i viadotti del Verghereto, quando non sono chiusi, sono percorribili ad una corsia e/o a senso alternato ed, in generale, tutto il tratto umbro della E45 è afflitto da una situazione disastrosa di manutenzione, che rende difficoltosi, quanto dispendiosi per le nostre merci, i collegamenti su gomma.

Manto stradale altrettanto dissestato si trova anche nel raccordo autostradale Perugia-Bettolle, verso il casello A1 di Valdichiana, superato il quale ed entrando nel tratto toscano della SS73/E78 verso Siena, il manto stradale diventa un “tavolo da biliardo”.

Grandi speranze furono riposte anche nei collegamenti con l’Adriatico, il cd. “Quadrilatero”: la Perugia-Ancona e la Foligno-Civitanova Marche, ma una scelta miope, scellerata e poco lungimirante dell’amministrazione regionale ha fatto sì che venisse privilegiata la Foligno-Civitanova Marche.

Chiaramente con tutto ciò non c’entra nulla che l’allora Presidente della Regione Lorenzetti fosse folignate ed avesse lì la sua base elettorale.

É lapalissiano che fosse (e sia) molto più importante per la nostra economia il collegamento tra i due Capoluoghi, di cui uno (Ancona) è anche un’importante città portuale, “porta” per le nostre merci verso i mercati orientali, invece che due ridenti cittadine di provincia, come Foligno e Civitanova Marche.

E quanto sostengo è confermato dal dato oggettivo che – seppur essendo ancora incompleta – la Perugia-Ancona (dati ANAS) è molto, ma molto più trafficata della Foligno-Civitanova.

Appaiono – alla luce di quanto ora scritto – inoltre amaramente ironiche le notizie degli ultimi giorni: che si sia completata “di corsa” la Foligno-Civitanova, ma ora tante delle imprese che vi hanno lavorato non ricevono i pagamenti, rischiando di fallire.

Attualmente, inoltre, non vi è alcun progetto concreto per migliorare la situazione dei trasporti su gomma Nord-Sud e nulla verso i porti del Tirreno.

TRASPORTI FERROVIARI

La situazione dei trasporti ferroviari umbri è anche più grave di quella su gomma.

Il percorso storico che ha portato all’isolamento dell’Umbria nei trasporti su rotaia è più o meno speculare a quello su gomma, anche se parte da molto più lontano.

Con l’abbandono – alla fine del XIX secolo – del progetto della direttissima Roma-Venezia (che avrebbe attraversato tutta l’Umbria, costituendo una delle principali direttrici nazionali), la nostra regione è rimasta esclusa dai collegamenti ferroviari principali, essendo di conseguenza anche esclusa – in tempi più recenti – dall’Alta Velocità.

Nonostante avessimo il privilegio di una linea ferroviaria (la Ferrovia Centrale Umbra) che attraversa longitudinalmente tutta la nostra regione, non solo nulla è stato fatto per implementare tale linea, collegarla alle maggiori direttrici e cercare per quanto possibile di riagganciare l’Umbria al resto del Mondo, ma la linea è stata lasciata divenire obsolescente e negli ultimi tempi abbiamo visto addirittura la progressiva chiusura di tratti della FCU, la quale – è notizia dell’ultim’ora – a breve verrà interamente chiusa per un totale, massiccio ed improcrastinabile intervento di manutenzione.

In ogni caso non vi è all’orizzonte – almeno per ora – alcuna possibilità di adibire la FCU ad un uso diverso che sia quello di – pur utile – “metropolitana umbra” di superficie: continuerà a “nascere” e “morire” a Terni e S. Sepolcro.

Anche la Foligno-Perugia-Terontola – con l’avvento dell’Alta Velocità che ha tagliato fuori la Stazione di Terontola-Cortona dalla direttrice principale – è stata, ancor più di quanto lo fosse prima, relegata a linea secondaria, contribuendo all’isolamento dell’Umbria.

In tema di collegamenti ferroviari appaiono, inoltre, assurdi ed ancor più miopi gli strampalati progetti di una stazione dell’Alta Velocità (cd. “Media Etruria”), intorno a Chiusi (non in Umbria…), che – in ogni caso – non risolverebbe nulla (come si arriva a Chiusi?); mentre appare molto più efficace la proposta di uno o più Frecciarossa Perugia-Firenze A/R che collegherebbero in circa un’ora i due capoluoghi, immettendosi a Firenze nella linea dell’Alta Velocità, in modo che in circa 2 ore si arriverebbe a Bologna e circa in 3 a Milano.

Ma anche questa è – attualmente – in alto mare, mentre per Roma ed il Sud, invece, rimaniamo col “trenino del Far-West”, senza che si vedano all’orizzonte possibili soluzioni.

TRASPORTI AEREI

Se per i trasporti su gomma e su rotaia siamo al medioevo, per quelli aerei siamo, invece, alla preistoria.

Dopo un brevissimo periodo di grazia, infatti, i collegamenti da e per aeroporto “S. Francesco” si sono progressivamente ridotti, relegandolo ad uno scalo secondario.

L’illusione che esso potesse diventare uno scalo importante, internazionalizzando l’Umbria c’era, invece, stata. L’opulento, quanto oneroso rifacimento dell’aeroporto con progetto di una “archistar” come Gae Aulenti, il collegamento Alitalia con l’Hub di Malpensa, gli accordi con RyanAir ed altri vettori europei con importanti collegamenti nazionali ed internazionali, ci avevano fatto illudere che – almeno sui trasporti aerei – l’Umbria avesse svoltato, nonostante il peccato originale del S. Francesco: quello di essere una “cattedrale nel deserto”, senza comodi e funzionali collegamenti con Perugia ed Assisi.

Ed invece – complice anche la crisi della compagnia di bandiera – i voli da e per S. Egidio si sono progressivamente ridotti.

Attualmente non v’è alcun collegamento con Roma e/o Milano e resiste – quanto alle grandi città – solo il collegamento con Londra, ma non con gli Hub di Heatrow o Gatwick, ma con l’aeroporto “provinciale” di Stansted, ad un’ora dalla capitale britannica, da cui i voli internazionali sono quantomai limitati.

Oggi, quindi, l’Umbria non ha alcun collegamento diretto con Hub internazionali/intercontinentali.

Per pudore – perché come Umbro mi vergogno molto di quanto successo – vorrei omettere ogni riferimento alle recenti vicende di “Fly Marche” e “Fly Volare”, ma non posso esimermi.

Quanto a Fly Marche, per avere qualche sospetto sulla bontà dell’operazione, sarebbe stato sufficiente un’occhiata al suo sito, in cui il biglietto era acquistabile allora solo con bonifico bancario (!!!) e non con carta di credito.

Ad oggi i voli di Fly Marche vengono gestiti da VanAir Europe ed ora è quindi possibile acquistare il biglietto con carta di credito o con “Pay PalL” (sì, proprio con due “elle”), come è scritto nel sito web della compagnia…

Poi l’improvviso annullamento dei voli da e per lo scalo Perugino, che hanno lasciato a terra tante persone, con conseguenti disagi, hanno reso i sospetti ancor più concreti, con accuse reciproche tra la SASE (società che gestisce lo scalo Umbro) e la compagnia, ma ancora si è capito bene cosa sia successo veramente e di chi siano le responsabilità.

Quanto a Fly Volare la vicenda è ancor più – se possibile – assurdamente, quanto amaramente comica: con una trionfale conferenza stampa la SASE, alla presenza della Governatrice Marini, annunciò l’accordo con la compagnia, con nuove tratte da e per il S. Francesco, trascurando il “piccolissimo” particolare che Fly Volare non aveva allora, né ha a tutt’oggi la licenza per volare, con il loro sito web, attualmente inattivo ed “in manutenzione”, nonostante la compagnia abbia formalmente assicurato che «Le rotte partiranno nella seconda metà di settembre».

Vedremo.

Sviluppumbria, l’agenzia regionale “per lo sviluppo economico” dell’Umbria, che detiene circa un terzo della SASE per conto della Regione Umbria, si è immediatamente smarcata dalla vicenda Fly Marche, con dichiarazione del Direttore Generale di Sviluppumbria, Agostini: «né Sviluppumbria, nella sua qualità di socio di Sase, né chi scrive, nella sua qualità di consigliere di amministrazione, hanno mai avuto alcun rapporto e tantomeno incontri con il suddetto tour operator», tralasciando il “trascurabile” particolare che lo stesso Agostini è anche membro del Consiglio di Amministrazione di SASE: ci si domanda, quindi, se gli accordi con Fly Marche e Fly Volare siano stati preventivamente, quanto accuratamente esaminati ed approvati dal CdA SASE, ovvero chi abbia preso le decisioni di imbarcarsi in tali vicende e con quale potere.

E, più in generale, chi determini le strategie aziendali della SASE se un suo consigliere di amministrazione, in rappresentanza di un socio primario, non ne sa nulla…

Quanto a Sviluppumbria essa meriterebbe un intero articolo per capire, fin dalla sua creazione, la sua funzione e cosa abbia mai “sviluppato” per l’economia umbra.

Al di là dei viaggi che i suoi incaricati fanno in tutto il mondo ed al di là di sterili proclami “di facciata”, infatti, personalmente non ho notizie di aziende umbre che abbiano ricevuto aiuti concreti, né di affari che siano stati conclusi grazie a Sviluppumbria.

Alla luce delle ultime vicende, quindi, ritengo che ogni lettore possa farsi un’idea chiara della qualità attuale e della gestione dei trasporti nella nostra regione.

In questa situazione che non esagero a definire “tragica” cosa si può fare?

Rifletteremo sulle possibili soluzioni la prossima settimana.

Avv. Gian Luca Laurenzi