Romanzo rosa, addio

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A Trevi la presentazione del libro di Guido Marangoni
   

Cambiano i tempi, le esigenze, i ritmi di vita e con essi anche la letteratura si adegua. Alle bimbe di oggi, si leggono ancora gli stessi testi con in quali siamo cresciute noi. D’altronde è difficile raccontar loro storie che non hanno come protagoniste giovani principesse dagli occhi azzurri e dai lunghi capelli biondi che sposano, dopo averlo aspettato appassionatamente, il principe che le ha salvate o resuscitate arrivando a dorso di un candido destriero bianco. Crescendo, però, ci si accorge che, cavallo a parte, visibile se si ama il mondo equestre, tutto il resto non esiste. Ma soprattutto non si è principesse. Le donne non devono necessariamente essere in carriera, ma lavorare per necessità o per il piacere di mettersi in gioco professionalmente.
E, così, anche quando si riesce, con una serie di sensi di colpa, a ritagliarsi uno spazio per distendersi in compagnia di un buon libro, ci si accorge che quella che una volta, un po’ riduttivamente, era definita “letteratura rosa”, non esiste più. Ha preso il suo posto una narrazione ben più realistica fatta di donne di tutti i giorni che nello svolgersi delle storie raccontate permette, quasi con un salto fisico, di penetrare nelle pagine che si stanno leggendo. E così, fioriscono libri che appartengono ad un genere che negli Stati Uniti si chiama “farm lit” il cui significato è fattoria, azienda agricola, dove i libri raccontano storie di donne che avviano imprese vinicole, apicultrici o che recuperano campi o fattorie ormai dismesse, da sole o con amiche. Dimostrano di essere capaci di dar vita a qualcosa che nasce da loro così come sono capaci di procreare, perché la capacità di generare ha l’articolo al femminile. Senza, però, tagliarsi fuori tutto quel che ruota intorno.
La letteratura non intrattiene più soltanto, ma affronta anche tutte le problematiche sociali che le donne si trovano ad affrontare, aprendo uno squarcio sul loro mondo reale, condividendo, proprio come oggi si fa sui social, questioni, problemi, passioni. Quest’ultime anche di cuore perché una donna, come direbbe un informatico, è plurisequenziale o multitasking e sa trovare uno spazio per tutto, anche per le questioni di cuore.  L’ha descritto magistralmente la famosa scrittrice Sveva Casati Modigliani nel suo “La vigna di Angelica” che trova collocazione proprio in questo genere letterario la quale chiude le quasi 500 pagine del libro in modo sibillino, lasciando alla lettrice la conclusione che maggiormente la aggrada, dopo essersi compenetrata e facilmente identificata, anche se non fa necessariamente la viticoltrice. Siamo state educate con il mito di Cenerentola e di Biancaneve, vediamo istintivamente rosa anche laddove non c’è, solo che, oggi, sappiamo bene quanto costi difendere una relazione dal fallimento perché siamo ben consce dello spessore della sua fragilità. Come anche abbiamo coscienza dell’esistenza dell’anima, oltre che di un corpo, che ha bisogno di essere accudita, che ci occupiamo di lei esattamente come ci occupiamo del nostro corpo. E se è sempre stato facile non andare a letto senza una buona dose di colpi di spazzola ai nostri capelli, non altrettanto valeva per il nostro vigore spirituale. Ora, invece, abbiamo capito che abbiamo bisogno di noi stesse ed il nostro benessere passa proprio attraverso tutte le cose che sappiamo fare e che ci appagano, anche se siamo sole. Poi, se all’orizzonte avvistassimo un puntino bianco che viene verso di noi, siamo ben felici di spalancargli le braccia.