Lettera aperta dell’ordine degli architetti sul Superbonus

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Scrive il presidente dell’ Ordine Architetti PPC della Provincia di Perugia Marco Petrini Elce

   

Assistiamo oggi ad uno spettacolo sconfortante, dove è prevalso da parte dei politici di ogni colore un atteggiamento di autotutela, finalizzato a scaricare le loro responsabilità ed incompetenze nelle varie questioni sulle parti più deboli che le compongono; nel comparto delle costruzioni, verso i professionisti tecnici.

Occorre a questo punto fare una seria riflessione anche sulle responsabilità di professionisti che sono costretti ad operare con un quadro normativo di riferimento che cambia in continuazione, rendendo ogni giorno evanescente ogni certezza.

Ad esempio, gli ultimi aggiornamenti normativi relativi ai superbonus, seguenti alle ormai note truffe perpetrate ai danni dello Stato, introducono penali pesantissime ai tecnici autori di asseverazioni mendaci, non solo cospicue sanzioni pecuniarie ma anche la reclusione.  Tale impianto normativo  lascia intendere, oltre ogni ragionevole dubbio, che le truffe lamentate siano opera di tecnici spregiudicati che con false dichiarazioni le abbiano rese possibili o peggio  ideate. Un quadro sanzionatorio, già era presente e non era certo necessario inasprirlo in modo così  surreale.

Noi, invece, pensiamo che una più lucida e competente analisi delle fasi del complesso comparto edile nel nostro paese, avrebbe certamente permesso al Governo di produrre un quadro normativo molto più aderente alla odierna drammatica realtà dei fatti e maggiormente capace di trovare soluzioni concrete.

Vogliamo chiaramente affermare il principio che per emanare Leggi e Decreti bisogna preliminarmente ascoltare chi opera da decenni nel settore e ne conosce perfettamente le criticità. Noi architetti tramite la Rete delle Professioni Tecniche abbiamo già inoltrato al presidente Draghi una nota puntuale, comunicando che la formulazione del testo normativo si presta a gravi difetti di costituzionalità, ma io credo che occorra dare, oltre questa contingenza, un segnale di discontinuità con il passato per intraprendere nell’interesse della collettività un percorso ove la politica prima di legiferare, ascolti.

Questo scollamento della politica dalla realtà preoccupa noi architetti, ma ancor più come cittadini perché questi sono segnali di una politica non solo distante, ma nociva per l’intera comunità.

Abbiamo poi letto sulla stampa articoli relativi ai ritardi nella ricostruzione post-terremoto dove, secondo i redattori, il Commissario straordinario per il Governo, avrebbe anche in questo caso, addossato la responsabilità ai tecnici. Tali affermazioni, a noi appaiono come l’ennesima strumentale strategia che i politici abilmente adottano.

La condizione risulta paradossale: ci troviamo ad operare in un sistema ove la burocrazia ha raggiunto una complessità tale da rasentare l’irragionevolezza e nel contempo ci sentiamo accusati di essere la causa di tutti i problemi, mentre il nostro ruolo dovrebbe essere quello di interpretare e risolvere i problemi della collettività, proprio per questo l’architettura riveste un interesse collettivo.

Anche noi professionisti, in questo tempo difficile, comunque non dobbiamo perdere la consapevolezza di essere stati istruiti per svolgere un mestiere centrale per la società.

Oltre questo, con dovere dobbiamo considerare che si è aperta una nuova fase di straordinaria importanza, che va ben oltre i vari bonus o agevolazioni e che riveste evidentemente un carattere di contingenza temporale. Penso al New European Bauhaus, al PNRR, ma più in generale penso ad una nuova indispensabile visione dello sviluppo sostenibile.

In questo contesto gli architetti dovranno, grazie alla specifica formazione, rivendicare la centralità del ruolo professionale.  Appare oramai del tutto evidente che storicamente si stia chiudendo un ciclo ed altre prospettive ci attendono.

La crisi pandemica dalla quale ancora non siamo definitivamente usciti e le immagini di una guerra in Europa, che sembrano surreali e regressive, dimostrano in modo inconfutabile che  il modello di sviluppo perseguito nel mondo occidentale sia entrato in una crisi senza precedenti.

Gli architetti, hanno quel dovere etico di  “ascolto” delle istanze degli uomini ed il compito di  tradurle in modelli alternativi; forse anche una certa nostra sordità ha contribuito a questo stato attuale di cose.

Oggi, seppur con ritardo, abbiamo possibilità di riscattare il nostro ruolo  tornando ad essere centrali nella società. Noi più di altri professionisti avremo la possibilità di essere interpreti di questa nuova realtà, doverosamente inclusiva e di ascolto di altri modelli. Dovremo essere un ponte di raccordo nel mare delle varie culture. Dovremo porre l’etica al centro della nostra azione, l’etica intesa letteralmente come ricerca di ciò che è bene per l’uomo, andando oltre la semplice ricerca del bello.

Lo slogan, ora tanto di moda,  “la bellezza salverà il mondo” dovrà risultare a noi riduttivo, fuorviante e superficiale. Vorremmo sostituirlo con un pensiero dell’artista Ulay, recentemente scomparso, che ricorda: “L’estetica senza etica è solo cosmetica”.