L’analisi dell’organizzazione sindacale dopo il rapporto della Banca d’Italia – Il sindacato chiede un confronto con la Regione affinché si impegni per promuovere formazione, lavoro di qualità e innovazione
“Sono ormai molteplici le analisi macroeconomiche e i report che indicano una difficoltà economico produttiva della nostra regione. È sicuramente tranciante il giudizio dell’ultimo rapporto della Banca d’Italia che pone l’Umbria come fanalino di coda nazionale. Tutti gli indicatori, quantità e qualità del lavoro, salari, demografia, sono negativi ma la produttività e il valore aggiunto sono le questioni su cui puntare veramente l’attenzione”. È quanto commenta Andrea Corpetti, responsabile sviluppo economico della Cgil Umbria, che aggiunge: “Il processo produttivo umbro – spiega Corpetti – necessità di interventi veri in termini di innovazione tecnologica, transizione digitale ed ecologica, che favoriscano forme di lavoro qualificato per arrestare l’emorragia demografica dei nostri giovani. Senza un piano di investimenti pubblici e privati destinati alla formazione, a un lavoro di qualità, sia in termini occupazionali che salariali, e a un’innovazione di processi e prodotti l’economia umbra rischia il ristagno strutturale”.
“Considerando che, secondo il rapporto – prosegue il segretario della Cgil Umbria –, oltre la metà dell’occupazione (il 51,3%) è riferibile ai nuovi sistemi di intelligenza artificiale, diventano determinanti le scelte delle politiche attive del lavoro che la Regione deve compiere. È proprio la qualità dell’azione pubblica il fattore decisivo per un nuovo sviluppo economico regionale: le risorse per ricerca e sviluppo vanno aumentate e vanno spese attraverso strumenti idonei con obbiettivi precisi”. “Per questo motivo – conclude Corpetti – chiediamo con forza alle istituzioni regionali, non essendo più rinviabile, un confronto e una discussione su un nuovo patto per il rilancio economico della nostra regione, che preveda l’utilizzo di risorse pubbliche per favorire investimenti con obiettivi chiari che possano generare buona e piena occupazione”.