‘Umbria Selvatica’, oltre 30 aziende insieme per valorizzare le carni di selvaggina

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A Bastia Umbra, durante Caccia Village, presentati progettualità e obiettivi futuri della Rete – Da ‘problema’ a risorsa: può diventare una fonte di reddito, di impresa e di sviluppo del territorio, in un percorso di filiera di qualità, garantita, salubre e sostenibile

   

Affrontare la questione degli ungulati, in particolare dei cinghiali, con l’obiettivo di regolamentare l’intera filiera, dalla gestione del problema dell’eccesso di fauna selvatica e dei danni causati all’agricoltura, e non solo, alla trasformazione e valorizzazione delle carni. È l’obiettivo di Umbria selvatica, la Rete di imprese promossa da Confagricoltura Umbria ed Ente produttori selvaggina (Eps), che racchiude oltre trenta aziende agricole umbre, organizzate per dar vita ad un esempio unico di filiera delle carni di selvaggina in Italia.

Occasione per presentare la Rete, le sue progettualità e gli obiettivi futuri è stato Caccia Village, salone nazionale della caccia e del tiro che si è tenuto all’Umbriafiere di Bastia Umbra, in particolare un incontro che ha visto la partecipazione di Igor Cruciani, presidente di Eps, Daniele Paoloni, presidente di Umbria Selvatica, e Simona Meloni, assessore alle Politiche agricole a agroalimentari e a Cacca e Pesca della Regione Umbria. Nel corso dell’incontro è stato evidenziato come, parallelamente alla crescita delle popolazioni di cinghiali, caprioli, daini e cervi, non si è ancora affermata in Umbria una piena tracciabilità e valorizzazione delle carni di ungulati selvatici che quindi, ad oggi, rappresentano sostanzialmente un ‘costo’ per tutta la collettività. La Rete si pone l’obiettivo di rovesciare radicalmente la prospettiva: la carne di ungulati, e in generale quella di selvaggina, può e deve diventare una fonte di reddito, di impresa e di sviluppo del territorio, tramite una sua valorizzazione in un percorso di filiera di qualità, garantita, salubre e sostenibile. Inoltre, a fronte di un elevato interesse del mercato, certificato da sondaggi realizzati a livello nazionale, e di un’ampia disponibilità di ‘materia prima’, si rileva come la quantità di carne di ungulati selvatici di origine estera è preponderante su quella locale e quindi la creazione di una filiera è anche un mezzo per salvaguardare il benessere animale ed il consumatore finale, in quanto la carne migliore è quella proveniente da animali che non subiscono stress in vita e che vengono adeguatamente trattati durante le fasi di lavorazione.

“L’iniziativa, finanziata dalla Regione Umbria – ha detto Cruciani – intende trasformare una criticità in un’opportunità economica e sociale. Metteremo sul mercato dei prodotti di alta qualità che seguiranno tutti quei controlli necessari a dare sicurezza al consumatore finale. Saranno realizzati dei centri di raccolta, centri di lavorazione selvaggina e laboratori di sezionamento, confezionamento e preparazione delle carni. In particolare, si prevede di realizzare circa 20 centri di raccolta, distribuiti su tutto il territorio regionale. Sono molto orgoglioso di poter dare il via a questa rete e spero che al più presto si possano trovare sul mercato i nostri prodotti”.

“È un progetto veramente ambizioso – ha aggiunto Paoloni – perché le aziende del territorio si sono messe insieme e hanno deciso di cooperare per sfruttare questa risorsa sostenibile e naturale. La carne degli ungulati selvatici è davvero naturale e per le sue caratteristiche ha tutte le ‘carte’ per entrare in un mercato più ampio, non di nicchia”.

“Dovremmo cercare di trasformare gli ungulati da problema ad opportunità – ha dichiarato Meloni –. Abbiamo ormai tre tipi di problematiche più urgenti e di criticità, a partire dalla sicurezza agricola con i danni ingenti che arrecano gli ungulati, cinghiali in particolare, alle nostre coltivazioni anche nei luoghi di montagna, dove tra l’altro gli agricoltori e le aziende zootecniche sono un grande importante presidio anche per evitare lo spopolamento; abbiamo il problema della sicurezza stradale e poi abbiamo il problema sanitario per il contenimento della peste suina, perché se è vero che in Umbria fino ad oggi siamo stati ‘molto bravi’, è anche vero che nelle regioni limitrofe si sono verificati dei casi. Essendo l’Umbria una regione anche a vocazione venatoria e con una grande presenza di ungulati nel territorio, credo che sia arrivato il momento di regolamentare in maniera chiara, trasparente e formale questo processo”.