Una guida pratica che sintetizza i risultati di oltre 40 anni di ricerca scientifica del prof. Bencivenga, autore insieme alla dott.ssa Gabriella Di Massimo e al dott. Matteo Galletti – “La nuova frontiera della ricerca è la coltivazione del tartufo bianco, la specie più pregiata ma non ancora coltivabile”
Una guida pratica per tecnici e tartuficoltori che sintetizza i risultati di oltre quarant’anni di ricerca scientifica condotta dal professore Mattia Bencivenga, ordinario di Botanica ambientale e applicata dell’Università di Perugia, oggi in pensione. È lui l’autore del manuale ‘La coltivazione pratica dei tartufi’, insieme a Gabriella Di Massimo e Matteo Galletti, presentato mercoledì 24 settembre nell’aula Magna del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali (Dsa3) dell’Università degli studi di Perugia.
L’edizione illustrata del manuale di tartuficoltura si compone di oltre 180 pagine in cui viene descritta la coltivazione di tutte le specie di tartufo che si possono raccogliere e commercializzare in Italia, secondo la legge quadro numero 752 del 1985: Tartufo bianco pregiato, Tartufo nero pregiato, Tartufo nero d’inverno, Tartufo moscato, Tartufo nero d’estate o Scorzone, Tartufo uncinato, Tartufo bianchetto o marzuolo, Tartufo nero liscio, Tartufo nero ordinario, redatto in maniera chiara e sintetica, per renderlo leggibile anche ai ‘non addetti ai lavori’. “Negli ultimi decenni – ha spiegato Bencivenga – la tartuficoltura ha fatto grossi passi in avanti, ma questi successi scientifici e colturali non sono stati completamente recepiti dagli operatori del settore, dove si rileva una disomogeneità di comportamento nei confronti della conduzione delle tartufaie. Per questo ho voluto fornire ai tecnici elementi utili per progettare l’esecuzione e la conduzione di una tartufaia coltivata”.
Nella stesura del manuale, sono stati così coinvolti due suoi ex allievi, la dottoressa Gabriella Di Massimo, che ha dedicato la sua trentennale attività di studio e di ricerca alla tartuficoltura e che progetta e gestisce prove pratiche di coltivazione in campo, e il dottor Matteo Galletti, vivaista impegnato nella ricerca di nuove tecniche per migliorare la produzione delle piante tartufigene e la loro coltivazione in pieno campo. Alla presentazione del libro, oltre agli autori c’erano il dottor Moreno Moraldi, dell’Accademia italiana scienze forestali, che ha moderato l’incontro, Graziano Antonielli, dirigente della Regione Umbria, Antonella Brancadoro, direttrice dell’Associazione nazionale Città del tartufo, numerosi agronomi, vivaisti, tartufai e conduttori di tartufaie coltivate, oltre al professore Bruno Granetti, con il quale “nel 1975-77 – ha ricordato Bencivenga – da giovani ricercatori quali eravamo, iniziammo a interessarci di tartufi perché ci arrivò la notizia che in Francia avevano iniziato a coltivare il tartufo nero pregiato. Eravamo completamente digiuni, ci documentammo, iniziammo a fare le prove di micorrizazione e nel 1980 mettemmo a dimora la prima tartufaia a fini sperimentali a Volperino”.
“Abbiamo sentito l’esigenza come studiosi e come tecnici – ha affermato Di Massimo – di riportare le nostre esperienze che affondano le loro radici all’origine della tartuficoltura in Umbria, fondata dal professor Bencivenga negli anni ’80. Per l’Umbria questo è un settore importante, abbiamo molti impianti coltivati e un manuale tecnico è sicuramente utile per i colleghi agronomi, anche se ovviamente persone perfettamente formate, e per i tartuficoltori. Il tartufo è un prodotto molto richiesto dal mercato mondiale, quindi se è fatta bene, la sua coltivazione garantisce reddito all’azienda agricola e alla comunità”.
Il dottor Galletti ha spiegato, infine, che “il tartufo bianco è la specie più pregiata ma ancora non coltivabile. Tuttavia, dato il miglioramento delle tecniche vivaistiche e l’uso della biologia molecolare, si è iniziato a produrre piante micorrizate con il tartufo bianco; non abbiamo ancora la piena conoscenza sulle pratiche agronomiche per la sua coltivazione, quindi è necessario effettuare ricerche sul campo, per questo abbiamo realizzato diverse tartufaie sperimentali per mettere a punto nei prossimi anni, le tecniche colturali per coltivare il tartufo più pregiato per l’Umbria e per il mercato mondiale”.