Perugia, microbiologia: da tampone a genoma, così identificano il Sars-CoV-2

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Microbiologia ospedale Perugia sequenzia il virus

   

Tre-quattro giorni di lavoro per arrivare dal tampone positivo al Sars-CoV-2 all’analisi dettagliata del genoma, il sequenziamento che permette di individuare se si tratti del virus che provoca il Covid già conosciuto o di qualche variante, nota o completamente nuova.

Una complessa attività che ora svolge in autonomia anche l’Azienda ospedaliera di Perugia grazie a un gruppo di lavoro attivo nel laboratorio di Microbiologia.

Grazie anche a un sofisticato apparecchio sequenziatore presente al Creo, il Centro di ricerca emato-oncologico dello stesso ospedale. Lavoro partito da pochi giorni che ha però permesso di analizzare oltre 300 sequenze dalle quali emerge una prevalenza di Omicron 2 mentre non sono state isolate finora sottovarianti. “Il primo passo è la selezione dei tamponi positivi che meritano di essere sequenziati, ad esempio perché legati a un caso clinico molto grave” ha spiegato la professoressa Antonella Mencacci, responsabile del laboratorio di Microbiologia e docente dell’Università degli Studi di Perugia illustrando passo passo il processo. “Dobbiamo quindi estrarre l’Rna – ha aggiunto – il genoma del virus, che però non può essere sequenziato. Bisogna passare quindi al Dna complementare, con un processo di retrotrascrizione, che va amplificato, aumentando tantissimo la sua quantità”. “Lo step successivo è cominciare la preparazione per il sequenziamento” ha spiegato la professoressa Roberta Spaccapelo, associato di Microbiologia all’Università degli Studi di Perugia e che guida il gruppo di lavoro impegnato nel sequenziamento per il quale operano anche quattro tecnici appositamente formati. “Il genoma del Sars-CoV-2 – ha spiegato – non è grandissimo rispetto a quello di una cellula umana ed è formato da circa 30 mila paia di basi che però non possono essere sequenziate direttamente. Abbiamo quindi la necessità di amplificarlo in tanti piccoli frammenti, 98, per migliaia di volte. Prepariamo ‘la libreria’ e sequenziamo tutti i 98 frammenti”. Un processo, quello fatto dallo strumento presente al Creo, che richiede una trentina di ore. “Il risultato del sequenziamento – ha spiegato ancora la professoressa Spaccapelo – viene automaticamente caricato su una piattaforma online nella quale un software permette di riallineare tutti i frammenti, di ricreare la sequenza completa del genoma del virus che confrontiamo con il ceppo originario di Wuhan. Possiamo quindi ricercare eventuali mutazioni”. Mencacci e Spaccapelo hanno sottolineato il supporto dato al laboratorio dalla Regione, dall’Azienda ospedaliera e dall’Università di Perugia. La direttrice della Microbiologia ha evidenziato anche come il sequenziamento permetta di tenere sotto controllo la situazione del virus sul territorio. “Vengono selezionati – ha spiegato – i casi clinici particolarmente gravi, le reinfezioni a breve (uno-due mesi), quelle che si verificano quando in seguito alla terza dose di vaccino ci si aspetterebbe il massimo dell’immunità o in presenza di cluster. Sequenziamo anche campioni che alla lettura della pcr mostrano una qualche curva che non ci aspettiamo. Nelle analisi flash istituite dal ministero ogni primo lunedì del mese – ha concluso Mencacci – sequenziamo invece alla cieca per avere la possibilità di beccare varianti che non ci aspettiamo e ovviamente speriamo di non trovare”.