Dal campo alla tavola i prezzi aumentano anche del 500%, protestano gli agricoltori umbri

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Giovedì anche Cia Umbria in piazza per la grande mobilitazione

   

 “Prezzi alle stelle, agricoltori più poveri. Non toglieteci il futuro”. È lo slogan della manifestazione indetta da Cia Agricoltori Italiani che giovedì 26 ottobre farà convergere a Roma, in piazza Santi Apostoli, gli agricoltori da tutt’Italia, Umbria compresa.

«È arrivato il momento di manifestare il nostro dissenso e la nostra insofferenza attraverso azioni concrete e di impatto mediatico – ha dichiarato Matteo Bartolini, presidente di Cia Agricoltori Italiani dell’Umbria –. I temi della mobilitazione sono molteplici: crisi di mercato e concorrenza estera, filiere e manodopera, aree interne e fauna selvatica, risorse idriche e consumo di suolo, ambiente e fake news sono i temi chiave che Cia porterà in piazza nell’interesse della salute pubblica, dei territori, della sovranità alimentare e del Paese».

In preparazione pullman con le rappresentanze del settore umbre, insieme a quelle di tutta Italia, per portare nella capitale i problemi dell’agricoltura.

Tra le attività produttive l’agricoltura è stata quella più esposta ai fenomeni ed eventi epocali per portata e conseguenza: la crisi energetica, gli effetti della guerra in Ucraina e della crisi climatica, le emergenze fitosanitarie che quest’anno hanno dimezzato la produzione di vino e olio, solo per citarne alcuni. Oramai tutte le imprese agricole non riescono a coprire i costi di produzione oltre a subire il peso dell’inflazione, le problematiche legate ai cambiamenti climatici e le sfide della transizione green.

A tutto questo si aggiungano i rincari del gasolio, concimi ed energetici con cui gli imprenditori agricoli devono fare i conti.

In contesti come il nostro, profondamente provati da spopolamento e degrado ambientale delle aree rurali e interne, si aggiungono anche i danni da fauna selvatica che, nonostante un recente aggiornamento normativo, continuano a causare problemi agli agricoltori. Di fronte alle montagne russe che caratterizzano i mercati delle commodity servono soluzioni nuove. Per alcune materie prime l’aumentata volatilità ha portato i prezzi a raddoppiare o a crolli improvvisi nel giro di pochi mesi, rendendo sempre più difficile per gli operatori agricoli affrontare queste situazioni di mercato.

Mentre per il consumatore il costo della spesa è aumentata, per i rincari energetici ed inflazionistici, al produttore del Made in Italy dell’agroalimentare non viene riconosciuto il giusto prezzo.

Un’analisi statistica sulla variazione percentuale tra prezzi all’origine e prezzi al consumo nel bimestre agosto – settembre 2023 ha evidenziato come il prezzo del prodotto coltivato e raccolto sul campo sia enormemente inferiore a quello imposto sui banchi dei supermercati. Ad esempio, il grano duro italiano, negli ultimi mesi, è pagato 35 centesimi al chilo, vale a dire il 494% in meno rispetto al prezzo medio di un kg di pasta. I pomodori, nel passaggio dal campo agli scaffali della Gdo, vedono aumentare il loro prezzo del 230%.

Agli allevatori e produttori di latte, viene corrisposto un prezzo di quasi 4 volte inferiore rispetto a quanto i consumatori sono costretti a spendere per un litro di latte.

Ora più che mai diventa prioritario garantire la centralità delle aziende agricole nell’economia del Paese mettendo in campo azioni a tutela del reddito, perché senza non si può né assicurare produzioni di qualità né realizzare la sovranità alimentare» ha concluso il presidente Bartolini.