Coronavirus: il bollettino giornaliero e le ‘sue criticità’

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Coronavirus: il bollettino giornaliero e le ‘sue criticità’. Serve chiarire sulla natura del numero dei tamponi effettuati, unico vero indicatore diagnostico

   

Molti italiani seguono con interesse il bollettino quotidiano, diffuso dalla Protezione Civile Nazionale, relativo alla pubblicazione di alcuni indicatori utili a comprendere il diffondersi del Coronavirus sul territorio nazionale e sulle singole regioni.

Giorno dopo giorno, però, alcuni dati non sembrano così chiari.

A partire dal numero complessivo dei tamponi, che presumiamo vengano computati dal 30 gennaio 2020, ovvero dai primi due casi (coniugi cinesi) ricoverati a Roma. A distanza di quasi due mesi il numero totale dei tamponi effettuati in Italia (dato aggiornato a livello nazionale al 26 marzo 2020) è di 361.060.

Dato che ad una prima lettura potrebbe indurre a pensare che il numero complessivo di tamponi corrisponde ad altrettanti individui sottoposti ad indagine diagnostica.

Diverse persone in questi giorni, persino alcuni dei più ‘popolari’ virologi, sono caduti nella tentazione di rapportare il numero totale dei ‘dichiarati positivi’ con il numero, appunto, dei tamponi fino a quel giorno effettuati, sia a livello nazionale che per singola regione.

Operazione utile per capire l’incidenza della malattia sul territorio e per conoscere l’andamento giornaliero. Tuttavia tale semplice divisione, numero dei positivi/totale dei tamponi, per cento, sembra non essere attendibile proprio per alcuni dubbi relativi all’esattezza del denominatore.

Nelle ultime ore alcuni comunicati diffusi da organi regionali e comunali, relativi alla pubblicazione dei dati sul Coronavirus, ci hanno indotto a pensare che il numero totale dei tamponi non corrisponda al numero di persone sottoposte ad indagine diagnostica.  

DUE ESEMPI

Il giorno 24 marzo, attraverso una nota stampa, il Comune di Perugia ha aggiornato i propri cittadini sul fatto che:

“al momento sono stati eseguiti 1043 tamponi, che hanno interessato 828 persone, di queste 165 sono risultate positive”

Il 26 marzo nella consueta informativa quotidiana, la Regione Umbria ha diffuso oltre ai consueti numeri anche questa specifica:

Il paziente è clinicamente guarito quando, dopo aver presentato manifestazioni cliniche come febbre, rinite, tosse, mal di gola e, nei casi più gravi, polmonite con insufficienza respiratoria, diventa asintomatico, cioè clinicamente guarito, pur risultando ancora positivo al test per la ricerca di SARS-CoV-2. In questo caso, pur non essendo più necessario il ricovero, il paziente non può ritornare alla vita di comunità perché ancora con una carica virale elevata. Il paziente ufficialmente guarito invece è colui che risulta negativo in due test consecutivi, effettuati a distanza di 24 ore uno dall’altro.

Il numero di tamponi effettuati e dichiarati dalla Regione Umbria al 26 marzo è di 5424 con 802 positivi.

CONSIDERAZIONI

Alla luce di quanto esposto è chiaro che sarebbe necessario un chiarimento da parte dell’Istituto Superiore di Sanità e di conseguenza da parte della Protezione Civile Nazionale, per capire effettivamente a cosa corrisponde il numero dei tamponi effettuati. Se tale numero rappresenta la semplice sommatoria delle diagnosi effettuate, una o più su diverse persone, a nostro avviso non ha grande senso renderlo pubblico.

Più interessante sarebbe conoscere il numero di italiani che è stato sottoposto a tampone, indifferentemente da quanti tamponi ha effettuato.  

Diversamente se il numero dei tamponi è un modo per rendere pubblico il numero delle persone indagate, la naturale proporzione a cui si faceva riferimento sopra, numero dei positivi/totale dei tamponi, per cento, ci aiuta a comprendere molto meglio l’andamento della diffusione e l’impatto che lo stesso Coronavirus ha sulla popolazione.

Se così è, al 26 marzo, possiamo dire che le istituzioni sanitarie hanno ritenuto necessario operare un’indagine, sulla base di sintomi influenzali, contatti o presenza in luoghi contagiati, su 361.060 persone, ovvero (data la popolazione italiana al 2019 – di 60.359.546 persone) lo 0,6% (per accesso) della popolazione italiana.

Di questi 361.060, 80.539 sono risultati contagiati (il dato comprende morti e guariti), ovvero il 22,3%.

In sintesi su 100 indagati, ad oggi, 23 (circa) risultato positivi e ben 77 negativi.

Il tampone, del resto, è l’unico strumento di indagine sanitaria che consente di conoscere l’effettiva presenza del virus sull’individuo.

Una corretta comunicazione del numero di tamponi, aiuta la popolazione anche a comprendere l’effettivo andamento dei contagiati di giorno in giorno o in periodi più lunghi.

Dire semplicemente quanti sono i contagi da un giorno all’altro non completa l’informazione sull’andamento e la progressione del virus. I ‘positivi’ dovrebbero essere costantemente rapportati al numero delle persone sottoposte a tampone. Tanto per chiarire, se oggi sottopongo a tampone 100 persone e ne trovo positive 20, il rapporto è del 20%. Se domani effettuo 200 tamponi e ne trovo positivi 30, è sì vero che ne ho trovati 10 in più, ma il rapporto è diminuito al 15%. Cioè tanto ho allargato la mia indagine e meno positivi in rapporto ho trovato.

In questo senso l’esempio del Veneto è abbastanza calzante. Pur essendo stato coinvolto sin dall’inizio nel contagio con alcuni comuni, oggi è la seconda regione per numero di tamponi, 79.759, ma ha anche un numero di contagiati di molto inferiore a Lombardia ed Emilia Romagna, 6.935 con un rapporto del 8,69%,  tra i più bassi dell’intero territorio nazionale.

Un altro aspetto da sottolineare è anche quello relativo ai morti, che quotidianamente vengono computati. A tale proposito sul sito della Protezione Civile, sempre con riferimento ai dati del 26 marzo, si può chiaramente leggere quanto di seguito riportato:

I deceduti sono 8.165, ma questo numero potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso.

Questa analisi non vuole assolutamente diventare una ‘sottovalutazione’ dell’improvvisa e difficile emergenza sanitaria che l’Italia si è trovata ad affrontare, ne una spericolata riflessione su ambiti di carattere strettamente matematico o scientifico.

Rispettando il principio di trasparenza, più volte invocato da governanti e istituzioni sanitarie, vuole invece essere uno stimolo per chiarire alcune informazioni che non possono essere quotidianamente lasciate all’interpretazione.

Andrea Sonaglia