Perugia ha ricordato e celebrato Giordano Bruno

349
   

Anche la città di Perugia, come gli altri Comuni italiani, ha ricordato e commemorato nella giornata del 17 febbraio la figura di Giordano Bruno, filosofo, scrittore e frate domenicano condannato per eresia e successivamente arso vivo in Campo de’ Fiori a Roma proprio il 17 febbraio del 1600. A distanza di oltre 400 anni le gesta ed il messaggio di Filippo Bruno (questo il suo vero nome) riecheggiano ancora nella memoria di chi lo ricorda come simbolo di libertà e coerenza.

Perugia lo ha celebrato, come da tradizione introdotta nel 1907, con una cerimonia che si è svolta sotto la lapide che commemora il filosofo nolano, posta nella piazza che porta il suo nome nel Borgo Bello, nelle immediate vicinanze della basilica di San Domenico, facendo risuonare le note dell’inno d’Italia.

“Giordano Bruno che nell’esame dell’assoluto avverso la dommatica filosofia precorrendo vittorioso i tempi trovi in questa piazza ove imperarono i suoi carnefici glorificazione e ricordanza” – questa la frase che campeggia nella lapide posta il 17 febbraio del 1907 dagli allora partiti popolari.

Tante le persone che hanno voluto partecipare al ricordo di Giordano Bruno. Tra di essi l’ex sindaco di Perugia Mario Valentini e l’attuale assessore allo sviluppo economico, innovazione, turismo e partecipazione Gabriele Giottoli.

“In quel tempo – ha spiegato Giottoli intervistato dal tg dell’Umbria di Rai 3, quella di Giordano Bruno era eresia, ma oggi non è più così. Dobbiamo stare sempre particolarmente attenti a mantenere vivi quei valori che sono alla base della vita civile e democratica, perché l’essere laici non significa mettersi in contrapposizione con qualcuno. Essere uno Stato laico, infatti, significa avere uno Stato che accoglie tutte le varie sensibilità che si manifestano”.

E nelle menti di chi ha partecipato alla cerimonia perugina sono echeggiate le parole che proprio Giordano Bruno pronunciò il giorno del suo supplizio rivolgendosi direttamente ai suoi carnefici: “Maiori forsancum timore sententiam in me fertisquam ego accipiam” (“Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla”).