Gubbio, ovvero il trionfo dell’incultura

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A Gubbio – sosteneva Margherita di Savoia – ogni pietra è un’opera d’arte. Di tale lampante verità cittadini e amministratori sembra non siano più consapevoli. Non si spiegano altrimenti iniziative sconsiderate come la scalata dei palazzi del centro storico eugubino, quasi si trattasse di vette alpine da conquistare gloriosamente. Basterà poi ricordare di sfuggita l’incombente minaccia di manomissione delle Logge dei Tiratori – deplorata dallo stesso Presidente della Repubblica – e il degrado del Palazzo Ducale, trasformato in bottega da rigattiere. L’ultima trovata consiste nella proposta di dedicare ai Balestrieri l’attuale Largo del Bargello, con il pretesto della erronea denominazione del Palazzo che lo caratterizza. E’ certo che tale edificio era, alle origini, una semplice abitazione privata; ma il rispetto dovuto alla cultura risorgimentale, che ha voluto vedervi un simbolo delle istituzioni medievali, impone il mantenimento di tale scelta, sia pure arbitraria. Se così non fosse, bisognerebbe gettare alle ortiche i verdiani “Vespri Siciliani”, perché poco riguardosi degli eventi storici. Il mancato riconoscimento della Corsa dei Ceri quale Patrimonio Immateriale dell’Umanità dovrebbe indurre tutti gli Eugubini a una salutare autocritica: l’esibizionismo individuale e di gruppo, l’invadenza del consumismo, l’approssimazione storica – che ha trasformato la cerimonia dell’Alzata dei Ceri in una sorta di ballo in maschera – sono inconciliabili con le autentiche tradizioni cittadine. Per salvare Gubbio dalla rovina, è urgente invertire la rotta.