Pasqua: dopo 2 anni pieni gli agriturismi umbri

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Prenotazioni da 3 a 7 notti, ma pesa il caro energia che costringe gli imprenditori ad alzare i prezzi delle camere. Lo studio di Cia Umbria

   

Dopo due anni di dura crisi, gli agriturismi dell’Umbria registrano finalmente quasi ovunque il pieno di prenotazioni per le festività di Pasqua. A parte una fase di incertezza a inizio anno, a causa dell’ultima ondata di pandemia Covid e dei rincari dovuti alla crisi energetica e alimentare causata anche dal conflitto in Ucraina, quest’anno gli italiani hanno deciso di rimettersi in viaggio per trascorrere le vacanze pasquali alla riscoperta della natura, dei borghi rurali e delle cittadine della verde Umbria.

AGRITURISMI SOLD OUT IN UMBRIA

“Abbiamo quindici camere e sono tutte prenotate per la Pasqua – racconta Bruno Batinti dell’agriturismo Charme e Benessere Le Torri di Porsenna, a Petrignano del Lago – I nostri punti di forza sono la ristorazione interna a base di prodotti tipici regionali e i trattamenti benessere che offriamo, con il servizio di sauna e massaggi. I clienti degustano il nostro olio e il nostro vino in un ambiente rilassante, rustico, curato nei dettagli, sicuro e ricco di fascino”.

“Anche qui tutto pieno. Si va da un minimo di 3 notti fino ad un’intera settimana di vacanza in agriturismo – dice Pierangelo Bianchi dell’Agriturismo Fontechiara di Gubbio – Sono soprattutto turisti italiani, delle regioni limitrofe, ma c’è anche qualche straniero, che arriva dalla Germania. Non può mancare in tavola il menù a base di agnello, come da tradizione umbra”.

LA CRISI DEL SETTORE E I PREZZI DELL’AGNELLO UMBRO

E a proposito  di agnello, se negli agriturismi si respira un’aria di piena ripresa, non si può dire lo stesso per il comparto zootecnico.  In Umbria sono sempre meno gli allevamenti di agnello da carne, perché poco redditizio. Nella nostra regione, diversamente dall’Abruzzo, dal Molise e dal Lazio, il consumo della carne di agnello è legato in modo prevalente alle festività pasquali e natalizie. Durante il resto dell’anno si consuma poco, perché viene percepito troppo caro. Il prodotto umbro, e italiano in generale, è quindi scarso. La GDO si rifornisce soprattutto da Spagna, Romania e Ungheria.

Per il 2022 si registrano aumenti del prezzo per il consumatore finale dovuti ai rincari delle materie prime, tra cui il fieno che è l’alimentazione base per le pecore nel periodo invernale. Le aziende agricole che non lo coltivano e devono acquistarlo, nel 2022 lo hanno pagato il doppio rispetto all’anno precedente: dai 10 euro al quintale è schizzato a 20. I prezzi dell’agnello sono aumentati di circa un euro rispetto al 2021:  il grossista o il macellaio paga all’allevatore dai 4 ai 5,50 euro al Kg (capi vivi). Il consumatore che lo acquista in una macelleria dell’Umbria spende in media dai 20 ai 23 euro al Kg per la cotoletta, dai 15 ai 18 euro al Kg per il coscio e dai 10 ai 15 euro al Kg per la spalla d’agnello.

“Questa è la prima Pasqua di vera ripresa dopo due anni di pandemia, – ha sottolineato il presidente Cia Umbria Matteo Bartolini –  . Negli anni precedenti i nostri imprenditori agrituristici hanno dovuto stare fermi o lavorare a spizzichi e bocconi, tra mille incertezze, con grande fatica e sacrificio. Rimangono alcune difficoltà, come la crisi energetica e alimentare, che non potranno essere superate nell’immediato, ma i segnali sono positivi e fanno ben sperare per il futuro. C’è tanta voglia di ritornare alla normalità, come dimostrano le tante prenotazioni registrate e come conferma la recente indagine Ipsos che rileva come, a livello sociale, l’80% degli italiani sente un crescente bisogno di vivere all’interno di una comunità, dove riscoprire la dimensione umana e valoriale. Credo che l’Umbria possa offrire tutto questo ai suoi tanti turisti, per ripartire insieme”.