Cinghiali e ungulati, Confagricoltura Umbria in audizione alla Commissione consiliare regionale

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Cinghiali e ungulati, Confagricoltura Umbria in audizione alla Commissione consiliare regionale. Richiesta tutela di tutelare imprese, cittadini e territorio

   

Si è tenuta l’Audizione in merito a “Interventi per il controllo degli ungulati” con la II e III Commissione consiliare permanente dell’Assemblea legislativa dell’Umbria. Sono state invitate tutte le associazioni del mondo agricolo e quelle venatorie.

La Terza commissione consiliare ha discusso il nuovo Regolamento sulla caccia di selezione, che include la specie cinghiale e sostituisce il precedente del 1999, che riguardava solo cervidi e bovidi. La presidente Eleonora Pace ha annunciato che prima dell’approvazione ci sarà, la prossima settimana, un confronto con i presidenti degli Ambiti territoriali di caccia umbri e con le associazioni venatorie. Precedentemente, in seduta congiunta con la Seconda commissione presieduta da Valerio Mancini e alla presenza dell’assessore regionale all’agricoltura Roberto Morroni, si è svolta l’audizione con i rappresentanti delle associazioni degli agricoltori e dei cacciatori, che hanno rappresentato ai commissari le gravissime difficoltà in cui si trovano entrambe le categorie e le preoccupanti prospettive future. Tutti chiedono un tavolo di confronto dove siano presenti istituzioni, cacciatori e agricoltori per trovare la soluzione di un problema che incide pesantemente sull’attività delle imprese ma anche sulla biodiversità e sulla sicurezza delle persone, con i cinghiali ormai presenti non solo nei fondovalle ma anche in città. Il nuovo Regolamento, come ha spiegato ai commissari Umberto Sergiacomi dell’assessorato regionale, è una integrazione del vecchio, che si occupava esclusivamente di cervidi e bovidi, inserendo la specie cinghiale tra quelle prelevabili. Nel testo si legge che devono essere

“prioritariamente perseguiti gli obiettivi indicati dal Piano faunistico venatorio regionale, con particolare considerazione per il contenimento degli impatti economici sulle attività antropiche”.

Vengono individuati i compiti degli Atc, responsabili della procedura dei vari distretti per cervidi e cinghiale, e i contenuti dei Piani di gestione, che devono essere elaborati e inviati alla Regione, contenenti i numeri degli abbattimenti e l’indicazione delle attività svolte per controllare la popolazione delle specie affinché siano in equilibrio rispetto all’habitat. Viene redatto un apposito disciplinare dagli Atc, in accordo con la Regione, dato che ogni Atc ha un suo disciplinare e questo ha creato problemi. Si riunificano i criteri e ne viene concordato uno uguale per tutti e tre gli Atc. Quindi vengono individuate le figure coinvolte e il processo di formazione che riguarda cacciatori, conduttori di cani da traccia, censitori (si occupano del monitoraggio e possono non essere cacciatori), tecnici di supporto agli Atc nella redazione dei piani gestione. Vengono assegnati i carnieri stagionali con l’indicazione del numero di capi da abbattere e le procedure per il recupero dei capi feriti fuggiti. Quindi l’identificazione dei capi abbattuti per la rendicontazione delle quote loro assegnate. Nell’audizione, cui hanno preso parte il presidente della Coldiretti Albano Agabiti, il presidente di Confagricoltura Fabio Rossi e i dirigenti delle associazioni Federcaccia, Libera caccia, Enalcaccia, Arci caccia, Italcaccia e Cpa, è emerso che la proliferazione dei cinghiali e l’incremento dei danni causati agli agricoltori stanno assumendo proporzioni da emergenza e le previsioni future, con l’aggravante della pandemia in corso a rendere ancora più deficitari gli scarsi risultati ottenuti finora nel controllo della specie, sono di estrema pericolosità sia per l’agricoltura che per il resto della fauna, oltre che per la sicurezza delle persone. Gli agricoltori dicono che non si possono permettere, oltre ai danni causati dall’emergenza covid, anche la devastazione del territorio causata dagli ungulati, che in questo momento stanno trovando le migliori condizioni per proliferare: clima mite, presenza dell’uomo sempre più scarna nelle aree interne e difficoltà di prelievi acuite dalla rigida zonizzazione che permette agli animali facili rifugi in aree protette. Sia per i cacciatori che per gli agricoltori è necessario intervenire e ridefinire le regole. E a questo processo devono partecipare anche le associazioni ambientaliste perché, è stato sottolineato, il problema è anche un disequilibrio biologico in danno non solo delle colture ma anche delle altre specie animali. Per gli agricoltori si può fin da adesso prevedere per la prossima primavera una devastazione delle aree coltivate, con un incremento di cinghiali stimato, al ribasso, di almeno 50mila capi ulteriori rispetto alla popolazione attuale. Il problema è anche sanitario, perché se si dovesse innestare anche sul territorio umbro la problematica di peste suina già verificatasi in Germania, sarebbero a rischio anche tutti gli allevamenti di suini e ovviamente la salute delle persone che ne consumano le carni. Sì è discusso anche della filiera delle carni, dato che il numero dei cinghiali presenti in Umbria sta per superare perfino quello dei maiali allevati, per cui vi è allo stesso tempo un grosso problema da risolvere e una opportunità di accrescimento economico nel caso in cui si riuscisse a instaurare e regolamentare un commercio di queste carni, purtroppo già esistente per lo più come mercato nero, senza adeguata sicurezza alimentare che solo veterinari e Dipartimento di prevenzione possono assicurare. Gli eventuali proventi potrebbero lenire le perdite derivanti dai danni subiti dagli imprenditori. É stato chiesto un tavolo permanente a cui partecipino sia i cacciatori che gli agricoltori, con le finalità di monitorare con frequenza, magari anche settimanale, la situazione relativa agli abbattimenti e ai danni subiti. Si chiede la revisione delle aree vocate o non: la caccia di selezione su aree non vocate aiuterebbe a ridurre i danni. I cacciatori hanno chiesto un intervento di natura economica: l’aumento del fondo del 2 per cento viene ritenuto non sufficiente a far fronte alla situazione che si verificherà quest’anno, con un forte incremento di cinghiali previsto. C’è necessità di un censimento con dati più precisi di quelli disponibili e l’incentivazione di abbattimenti nei parchi e negli istituti privati. Perplessità invece su chi dovrà gestire l’eventuale filiera delle carni: per i cacciatori non certo gli Atc, che devono occuparsi di censimenti e gestione della caccia, mentre per la commercializzazione servono adeguate strutture dotate di celle frigorifere e personale apposito. L’assessore Morroni ha detto che c’è la massima disponibilità della Regione, una volta approvato il nuovo regolamento che introduce la caccia di selezione anche per i cinghiali, a un confronto con tutti i soggetti interessati sulle ulteriori misure da mettere in campo per arginare quello che ha definito come uno “tsunami”. Il presidente della Seconda commissione, Valerio Mancini, ha proposto che al tavolo di confronto fra Regione, agricoltori e cacciatori siedano anche i presidenti e i vice delle due commissioni coinvolte (oltre a Mancini e Pace i consiglieri Bianconi e Bettarelli):

“si tratta – ha detto – di una questione che riguarda la sopravvivenza del sistema produttivo e possibili complicazioni di carattere sanitario, nel caso avvenisse anche da noi un’infezione suina come accaduto in Germania. Una situazione tale da giustificare eventuali misure straordinarie per la soluzione di queste problematiche”.

Da parte di Confagricoltura Umbria è stata ribadita la necessità di tutelare naturalmente non solo le imprese agricole, le principali vittime dei danni provocati dalla fauna selvatica, ma anche il territorio prevenendo soprattutto il rischio sanitario che può derivare dal proliferare dei cinghiali con gravi danni alla salute e alla sicurezza e pubblica oltre che all’ecosistema.

“La diffusione dei selvatici ha raggiunto dimensioni e copertura territoriale così ampia – commenta il presidente Fabio Rossi – che ai già insostenibili danni all’agricoltura e all’ambiente si aggiungono i danni alle persone e alle strutture, con un aumento di incidenti stradali, anche gravi, e rischi sempre maggiori per la sicurezza dei cittadini e operatori agricoli durante l’attività lavorativa”.

Pertanto, per contenere in modo adeguato i danni provocati dalla fauna selvatica l’auspicio rimarcato durante l’incontro da parte di Confagricoltura è che le competenti Commissioni consiliari dell’Assemblea Legislativa diano un immediato parere positivo al nuovo Regolamento, approvato dalla Giunta regionale, per la gestione del prelievo venatorio degli ungulati attraverso la caccia di selezione estesa anche ai cinghiali.

L’assessore regionale all’agricoltura Roberto Morroni ha quindi informato che appena sarà approvato il Regolamento sulla caccia di selezione inizierà un lavoro con le associazioni agricole venatorie e gli Atc per incardinare una strategia di interventi più incisivi specie in questo momento di aggravamento della situazione.

Confagricoltura ha così apprezzato la volontà di puntare questa volta con più forza a “programmi e obiettivi chiari” per il contenimento della specie,

“in modo da renderne la presenza compatibile con le caratteristiche ambientali, le esigenze di gestione del patrimonio zootecnico, la tutela del suolo e delle produzioni zoo-agro-forestali e la prevenzione del rischio sanitario”.

Rossi ha così messo l’accento anche sull’impegno positivo relativo al piano di gestione e controllo delle popolazioni di cinghiali per prevenire la diffusione della peste suina africana.

“Confagricoltura – dichiara a riguardo Rossi – ha sempre evidenziato che questa malattia contagiosa per i suini non lo è assolutamente per gli uomini. Ma non per questo vogliamo che si abbassi la guardia. Una minaccia con gravi conseguenze sulla tenuta economica e sociale del territorio”. L’emergenza va quindi affrontata tempestivamente: “Gli ungulati – prosegue il presidente di Confagricoltura Umbria – sono il principale vettore di trasmissione della peste suina; diversi quindi gli ambiti da attenzionare per garantire in primis la sicurezza e la salute pubblica, a difesa anche della filiera delle carni suine, strategica per la nostra regione”.

Rossi è infine intervenuto ricordando l’urgenza della revisione di aree vocate e non, totalmente inadeguata per la situazione attuale ledendo gli interessi degli imprenditori agricoli umbri, sia nel diritto di proprietà che di iniziativa economica.

“Poco produttiva – conclude Rossi – la proposta fatta da altre associazioni di istituire un tavolo di lavoro permanente con la partecipazione diretta dei presidenti e vicepresidenti della II e III Commissione Consiliare considerando che già sono attivati il Tavolo Verde e la Consulta Faunistico Venatoria preposti anche per la risoluzione del problema”.