Carta di Perugia e di San Michele: il vademecum dei mass media ai tempi del Covid-19

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Terni, i giornalisti dell'Ordine dell'Umbria donano il sangue

Carta di Perugia e di San Michele: il vademecum dei mass media ai tempi del Covid-19. In piena emergenza sanitaria sembra sempre più doveroso un ripasso della deontologia giornalistica a tutela di pubblico e lettori

   

Quale è il rapporto tra informazione e salute?

Dove stanno i limiti deontologici del giornalista quando è chiamato a parlare e ad informare riguardo un argomento di carattere medico-scientifico?

Quali sono i regolamenti che definiscono tutto ciò?

In questo articolo cercheremo di dare una risposta più esaustiva e comprensibile possibile a tali questioni.

Certi temi, crediamo, siano ormai divenuti pane quotidiano a partire dalla diffusione del Virus Sars Covid-19 in Italia. E sosteniamo sia giusto discuterne, ma soprattutto ricordare alcuni principi che devono muovere e animare ogni operatore dell’informazione.

Ogni giorno, accendendo la TV o leggendo giornali cartacei/digitali, siamo costantemente tenuti al corrente sugli sviluppi riguardo la difficile situazione causata dal Coronavirus: contagi e tamponi giornalieri, interviste a medici e operatori sanitari, mosse del Governo, reazioni di tutto il mondo politico…etc.

Osservando però anche alcune immagini diffuse dai media e ormai ben impresse nella mente degli italiani per il loro forte impatto emotivo, è venuto spontaneo rifarci ai principi deontologici che ogni giornalista, “pubblicista” o “professionista” che sia, deve sempre tenere bene in considerazione.

PREMESSA

La nostra non vuole assolutamente essere un’accusa verso qualcosa e qualcuno. Semplicemente riteniamo che mai come ora, la stampa e i mass media ricoprano un ruolo fondamentale e di primo piano nella nostra nazione.

Ma partiamo dal principio. Cos’è la deontologia? Il vocabolario Treccani lo definisce come “un termine filosofico coniato da J. Bentham (1748-1832) per designare la sua dottrina utilitaristica dei doveri, passato poi a indicare lo studio (empirico) di determinati doveri in rapporto a particolari situazioni sociali”.

Traducendo possiamo dire che la deontologia è l’insieme delle regole morali che disciplinano l’esercizio di una determinata professione e che si differenzia dall’etica perché affianca delle sanzioni per le eventuali violazioni.

Il primo documento deontologico riconosciuto dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti è stata la Carta di Treviso. Nata nel 1990 grazie anche ad una forte pressione dell’opinione pubblica, disciplina e regolamenta quelli che sono i rapporti tra il mondo dell’informazione e l’infanzia. Si tratta quindi di un vero pilastro per la tutela della privacy dei minori.

Ma quale documento regolamenta il rapporto tra giornalismo e salute? Ebbene ce ne sono più di uno, anche se il più “longevo” porta il nome del capoluogo umbro: la Carta di Perugia, affiancata dalle altrettanto importanti Carte di San Michele, di Torino, della Toscana e dalla Carta dell’informazione in sanità.

Per dovere di correttezza verso i lettori, riportiamo anche il testo dal quale sono tratte alcune delle nozioni che seguiranno. Si tratta di “La Deontologia del Giornalista” a cura di Michele Partipilo, Centro di Documentazione Giornalistica, 2009.

Ma, entrando nel nocciolo dell’argomento, cosa dice la Carta di Perugia?

Redatta in Umbria nel 1995, tratta nello specifico il tema dell’“informazione e malattia”. Con i suoi 13 articoli, detta precise indicazioni per garantire il rispetto dei diritti del cittadino malato e del cittadino che legge i giornali e guarda la TV. In sostanza, la Carta di Perugia vuole garantire la più completa e corretta comunicazione, salvaguardando l’autonomia delle professioni mediche e al tempo stesso giornalistiche, ma con gli stessi obiettivi di fondo.

Ancora più calzante per l’occasione è forse la Carta di San Michele, redatta nel 1996 in Trentino Alto-Adige. Essa tutela i diritti del cittadino per una corretta informazione su stati morbosi, terapia, diagnosi e attività professionale del medico.

Come già affermato, la “stampa medica” ricopre un ruolo sociale con RESPONSABILITA’ ELEVATE verso l’intera popolazione.

Per questo, quando un giornalista si approccia ad una notizia di carattere medico-scientifico, deve sempre tenere in forte considerazione l’impatto psicologico ed emotivo che può avere e i comportamenti che può determinare nella collettività.

Riassumendo, noi e tutti i nostri colleghi, in questa particolare “branca” del giornalismo, dobbiamo sempre riconoscere ed ottemperare alcune caratteristiche di una notizia affinché si possa arrivare ad una elevata qualità dell’informazione:

  • CORRETTEZZA: assenza di errori e esaustività sia nei concetti che nella terminologia.
  • AFFIDABILITA’: fonti scientifiche accreditate e istituzionali di specifica competenza per l’argomento trattato e precise indicazioni bibliografiche di riferimento.
  • COMPRENSIBILITA’: uso di un linguaggio facile da capire anche per persone di basso livello culturale.
  • UTILITA’ ED EQUILIBRIO: notizie educative e informative senza eccessi di ottimismo ed allarmismo.
  • INDIPENDENZA: assenza di influenza economica e/o pubblicitaria.

Riconosciamo per primi che non è facile, per noi operatori della comunicazione, muoversi in questo campo. Eppure siamo fermamente convinti che queste articolate regolamentazioni non costituiscano affatto un ostacolo all’informazione del cittadino, bensì una delle più alte forme di tutela al diritto di informazione che, seppur non espressamente citato nella nostra Costituzione, è ampiamente riconosciuto e difeso attraverso l’Art. 21 oltre che da alcune sentenze della Corte Costituzionale.

La carenza di giornalisti specializzati nel settore scientifico è senza dubbio una problematica non di poco conto, ma è possibile anche instaurare delle collaborazioni tra il mondo della salute e quello dell’informazione.

È però fondamentale comprendere e allontanare, in questo caso, possibili interferenze che in modo più o meno diretto possono condizionare contenuti ed obiettivi.

Quali sono i rischi maggiori?

Senza dubbio possibili interferenze di carattere ed interesse economico, culturale e politico come il finanziamento di una ricerca, la scelta di predeterminati obiettivi o il predeterminato supporto divulgativo con iniziative di tipo economico-culturale-sociale.

Altre interferenze possono arrivare a causa della commerciabilità di un prodotto connessa alla divulgazione dei risultati ottenuti da una ricerca (o comunque solamente ottenibili), oppure da motivazioni che portano i ricercatori ad una tempestiva e a volte anticipata comunicazione di progressi senza il supporto di risultati certi.

Ultima problematica che spesso tocca più da vicino il mondo dell’informazione in campo medico-scientifico, è la ricerca dello “scoop” a tutti i costi, spesso condizionata da interessi commerciali o da un calcolato esercizio del diritto di cronaca piuttosto che dal principio, fondamentale e irrinunciabile, della libertà ed indipendenza della professione giornalistica.

Riteniamo che aver ribadito e portato ancora una volta alla luce i fondamenti deontologici della nostra professione sia una pratica importantissima nel periodo storico che stiamo vivendo.

Nicolò Brillo