Vinitaly 2017: enoturismo, agricoltura di precisione e alleanze per essere competitivi

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Dalla presentazione delle mappature dei vigneti e delle zone di produzione dei vini di Orvieto e di Montefalco, “primo passo per prendere coscienza e conoscenza del territorio e lavorare insieme per far crescere la cultura della qualità del vino”, alle riflessioni sullo stato dell’arte e sul futuro del turismo del vino, dalle nuove tecniche di produzione per contrastare il decadimento organolettico dei vini alla nascita di una collaborazione fra cooperative di territori diversi per essere più competitivi sui mercati. Si è parlato di progetti e strategie per il futuro del vino umbro nello spazio incontri dell’Assogal Umbria al Vinitaly di Verona. Oggi, giornata conclusiva del Salone internazionale dei vini e distillati, l’attenzione dei circa sessanta produttori presenti nell’area espositiva comune coordinata dalla cooperativa Umbria Top e in altri padiglioni sarà concentrata sugli incontri con compratori e importatori. Punto di forza, che al Vinitaly si è voluto esaltare, il legame fra il vino e il territorio. È da questo che è nato anche il progetto “Salceto”, presentato ufficialmente al Vinitaly alla presenza dell’assessore regionale all’Agricoltura Fernanda Cecchini accompagnata dal sindaco di Castel Viscardo Daniele Longaroni e dal presidente del Gal Trasimeno Orvietano Massimo Tiracorrendo, che vede la collaborazione fra la Cantina Monrubio, costituita sessanta anni fa per volontà di numerosi agricoltori dell’area di Castel Viscardo, e il gruppo Cevico, che associa oltre 5mila famiglie di viticoltori e rappresenta il 17 per cento del vino dell’Emilia Romagna. Il vino prodotto dalla Monrubio verrà imbottigliato e commercializzato dal gruppo Cevico sul mercato nazionale ed estero, con una prima produzione di 18mila bottiglie complessive fra Orvieto classico secco ed abboccato e rosso. “Con passione, cerchiamo sempre di dare il meglio per valorizzare il nostro patrimonio vitivinicolo”, ha sottolineato Riccardo Cotarella, enologo della Monrubio. “Una collaborazione – ha rilevato l’enologo del gruppo Cevico Pierluigi Zampa – che parte dal sapere e dall’ascolto del territorio”. Per l’assessore regionale Cecchini, “un accordo importante che consente di fare massa critica e porta valore aggiunto alla fatica, alla competenza e al lavoro di chi investe per mantenere integro un paesaggio quale quello umbro e italiano che senza vigneti perderebbe i suoi connotati identitari”. Un patrimonio, quello vitivinicolo, di indiscusso valore anche per lo sviluppo del turismo: il Parco 3A-Parco tecnologico agroalimentare dell’Umbria, che dal 2008 al 2013 si è occupata della certificazione dei servizi di accoglienza in cantina per conto del Movimento del Turismo del vino a livello nazionale, ha voluto dedicare un “focus” all’enoturismo, in particolare alle prospettive di crescita ancora inespresse, invitando a un confronto il presidente nazionale del Movimento del turismo del vino, Carlo Pietrasanta, il presidente umbro Filippo Antonelli, il presidente del Coordinamento regionale delle Strade del vino e dell’olio dell’Umbria Paolo Morbidoni, il presidente dell’Assogal Albano Agabiti e l’assessore Fernanda Cecchini. Se l’unicità del territorio è la “stella polare”, come ha sottolineato Morbidoni, e l’Umbria ha fatto da “pilota” in tanti progetti di successo quali “Cantine aperte” oltre che ad avere una legge regionale in materia, oggi l’esigenza più sentita è quella di “una legge quadro nazionale che riconosca l’enoturismo e fissi i requisiti che permettano anche alla piccola cantina di svolgere attività enoturistica”. Lo ha sottolineato Pietrasanta, ricordando i due disegni di legge presentati recentemente alla Camera e al Senato su cui, anche in Umbria, si aprirà un approfondimento. L’Umbria ha mostrato la sua capacità di innovare anche con la presentazione del progetto “Wisheli”, presentato nell’area Assogal in collaborazione con la Coldiretti Umbria: nell’ambito della misura 16.1 del Programma di sviluppo rurale 2014/2020 della Regione Umbria, un gruppo operativo che ha per capofila l’azienda vinicola Falesco e di cui fanno parte l’Isvea, laboratorio di analisi nel comparto agroalimentare, e l’Università della Tuscia sperimenterà e svilupperà uno strumento, di facile uso, per il miglioramento della “shelf-life” dei vini. Un prototipo per conoscere l’invecchiamento del vino, che sarà poi messo a disposizione di tutte le cantine. Qualità, sostenibilità ambientale, biodiversità territoriale, ma anche “personalità”: queste le nuove frontiere del vino bianco umbro che è stato proposto, per iniziativa del Parco 3A, in sei declinazioni: sotto la guida del giornalista e scrittore Giampaolo Gravina, sono stati degustati e raccontati dai loro produttori altrettanti vini, dal Grechetto al Trebbiano, di varie zone dell’Umbria, da Narni a Città della Pieve, da Todi ad Amelia e a Stroncone, offrendo uno spaccato della “sapienza artigiana” da cui nascono e del loro indissolubile legame con il territorio.