La pandemia spinge il biologico: vendite +9,4% ma poco legame con il territorio

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La pandemia cambia le abitudini alimentari degli italiani, umbri compresi, che scelgono sempre di più il cibo biologico in tavola. Una scelta più orientata alla salute nell’acquisto di prodotti alimentari senza aiuti chimici e additivi, nel pieno rispetto dell’ambiente, verso una maggiore responsabilità come consumatori e una priorità al tema della sicurezza alimentare.

I DATI ASSOBIO PER LA GDO DELL’UMBRIA N­­­­­EL 2020

Come CIA Agricoltori Italiani dell’Umbria non possiamo che essere soddisfatti dei dati che ci arrivano da Nielsen e Assobio, che vedono il consumo del biologico (alimentare confezionato a peso fisso) negli iper e supermercati della regione, aumentare il suo valore da 19.400.594 nel 2019 a 21.230.800 euro nel 2020 (su un totale dei consumi alimentari di 568.392.095 euro nel 2019, e di 631.215.061 dell’ultimo anno) con un trend di vendite di +9,4%negliultimi due anni. Il biologico pesa sulla spesa alimentare degli umbri per il 3,4% degli acquisti totali, ancora troppo poco per parlare di una piena rivoluzione nelle abitudini alimentari, ma comunque è un passaggio in continua ascesa, un settore che non ha mai conosciuto crisi neanche nel periodo più buio della pandemia da Covid.

Per Cia Umbria è, inoltre, importante notare  come il cambiamento di mentalità stia avvenendo direttamente all’interno della grande distribuzione, sempre più attenta alle nuove esigenze salutistiche dei consumatori. Infatti, i prodotti bio venduti nei punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata a Marchio del Distributore (MDD), vale a dire con lo stesso brand dell’insegna o con marchi riferibili all’impresa distributiva, rappresentano nel 2020 il 45,9% del totale dei prodotti bio venduti negli iper e supermercati (in crescita rispetto al 2019:44,6%), con un trend di vendite in aumento del 12,6%. A questo si aggiunge, su scala nazionale, il boom delle vendite on line dei prodotti biologici che fa un balzo nel 2020 di +150%. Una rivoluzione con cui i nostri produttori devono fare i conti attrezzandosi con le moderne tecnologie per la conquista di nuove fette di mercato, oltre i confini regionali.

BENE, MA ATTENZIONE:QUASI SEMPRE NON È BIO ITALIANO

“Riconosciamo il valore di questo cambio di mentalità che spinge i consumatori verso la scelta di cibo biologico, e ne siamo contenti – commenta Francesco Rosi, Resp. Settore Biologico Cia Umbria – ma non possiamo omettere che nella maggior parte dei casi, a livello nazionale, si tratta di prodotti che arrivano dall’estero, Romania, Ungheria e Spagna soprattutto, dove il modello produttivo è sì biologico ma cambiano alcune regole. L’Italia, ad esempio è l’unico Paese per cui un prodotto per essere classificato biologico deve contenere residui fitosanitari pari a 0,01 e non oltre. In tutti gli altri Paesi europei non sono così rigorosi. Mentre l’intero processo per la certificazione bio e i prodotti che è possibile usare, sono diversi nei Paesi extra Ue. Pertanto, il prossimo passo nella GDO dovrebbe essere quello di creare una linea di “biologico italiano” in ogni supermercato che si distingua dal bio importato. Ad oggi, invece, l’orientamento della grande distribuzione è quello di portare i prodotti biologici ai prezzi del convenzionale, ecco perché la scelta ricade sul bio d’importazione, che ha costi più bassi”.

Per la vendita di cibo biologico made in Umbria nei supermercati della regione, la strada secondo Rosi è ancora lunga:

“Anche se uno dei progetti dell’Ass. Morroni è quello di avvicinare questi due mondi, non solo sul bio, l’unica strada percorribile per i nostri agricoltori – considerando che ogni azienda agricola ha in media 15 ettari – per entrare in Gdoè quella di associarsi in consorzi, così da poter garantire le quantità di prodotto richiesto dalle catene di distribuzione e, contestualmente, avere la forza di accordarsi sul giusto prezzo”.

Tutto questo considerando che l’export bio italiano nel 2020 ha superato i 2,6 miliardi di euro con +8% rispetto al 2019, e un’incidenza del 6% sul totale dell’export agroalimentare italiano. L’Italia, come spiega Assobio, è la seconda nazione al mondo per l’esportazione dei prodotti biologici, dopo gli Usa, e la prima in Europa.

Ad oggi, sono circa 2000 i produttori biologici dell’Umbria, in continuo aumento, che devono mettere in atto, insieme alle associazioni e alle istituzioni politiche, la strategia europea “From farm to Fork” chestabilisce come obiettivi, entro il 2030, la riduzione  del 50 % dell’uso di pesticidi e dei rischi correlati, di almeno il 20 % dell’uso di fertilizzanti, del 50 % delle vendite di antimicrobici utilizzati per gli animali d’allevamento e l’acquacoltura e, infine, impone di destinare il 25 % dei terreni agricoli all’agricoltura biologica.Una sfida che non possiamo perdere.