Andrea Ortis racconta il disastro del Vajont

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Foto: Michele Mencaroni

Prosegue la stagione del Lyrick con il racconto di una della tragedie più grandi del nostro paese

   

Prosegue la stagione del Teatro Lyrick di Assisi. Dopo la comicità di Teresa Mannino e la musica del Gospel Connection Mass Choir, è stata la volta della prosa e, se vogliamo, della storia. Ieri sera, infatti, Andrea Ortis (per l’occasione attore e regista) ha portato sul palco assisano lo spettacolo “Il Vajont di tutti. Riflessi di speranza”, attraverso il quale ha raccontato una delle – tante, troppe – tragedie che hanno colpito il nostro paese.

Oltre ad un’ottima ricostruzione, grazie anche ai documenti ufficiali forniti dall’Archivio di Stato di Belluno e dalle foto concesse da varie Associazioni quali la Pro Loco di Longarone, il Museo di Longarone Vajont, Attimi di Storia, il Parco naturale Dolomiti Friulane e l’Associazione Culturale Tina Merlin, l’autore ha voluto incentrare l’intero spettacolo su un’unica affermazione: “ognuno ha il ‘suo’ dolore”.

Foto Michele Mencaroni

Così l’autore parla direttamente alla coscienza dello spettatore, quasi guardandolo negli occhi, ricordandogli sempre che è la natura ad essere padrona del nostro pianeta, non l’essere umano.

La storia del Vajont riguarda tutti noi e può essere ritenuta sempre attuale. Non a caso, Ortis nel corso dello spettacolo cita anche altre tragedie, anche più recenti rispetto a quella del Vajont (dalla quale sono passati 60 anni) come ad esempio il crollo della scuola a San Giuliano di Puglia del 2002. Questo, per stessa ammissione dell’autore, vuole essere quasi un monito:

“solo riconoscendo i nostri limiti e i nostri errori, solo presentando la verità possiamo immaginare una ripartenza che si fondi sulla capacità dell’uomo di credere in un bene comune, che coinvolga in una dimensione più ampia, corale, parti di un paese nel quale poterci sentire ‘pubblico’ ed ‘attori principali’”.

Oltre a fare i conti con la storia, quindi, lo spettatore fa i conti anche con loro sè stesso.

Michele Mencaroni