Si è tenuta al VCube l’esposizione di opere realizzate con trucioli di acciaio, ottone, sferette ed altri residui di lavorazione industriale
L’arte di Silvana Di Vora entra in uno studio fotografico e lo trasforma per due giorni in uno spazio dove l’artista racconta, attraverso diciannove opere, come lo scarto industriale possa divenire parte integrante della bellezza. Successo per la personale Quando il ‘rifiuto’ diventa arte, in scena sabato 26 e domenica 27 al VCube studio nell’area industriale di Foligno e che ha avuto tra i suoi ammiratori anche il pittore Luigi Frappi.
Nell’ultimo anno e mezzo, la pittrice di origini friulane e folignate di adozione ha lavorato con elementi di scarto come trucioli di acciaio, ottone, sferette ed altri residui di lavorazione industriale, materiali che ha recuperato grazie alla collaborazione con le aziende Comear e Umbragroup. L’idea è quella di nobilitare questi materiali di scarto dandogli nuova vita e rendendone pienamente il senso della bellezza che possono continuare a diffondere. Nelle opere esposte, è stato così possibile ammirare divi come Audrey Hepburn, Frida Kahlo, Freddie Mercury, Marilyn Monroe, oltre che automobili come la Jaguar-E o la Porsche. Tutte icone della contemporaneità alle quali la pittrice accosta un’altra icona, stavolta universale e immortale, come la Luna. La mostra è stata presentata attraverso uno scritto del critico Andrea Baffoni e ha accolto l’intervento del sociologo e professore Roberto Segatori.
“Ho voluto intendere il rifiuto sia come scarto industriale sia dal punto di vista dei rapporti umani – ha spiegato Di Vora –. Il messaggio che voglio lanciare è che molte cose che noi scartiamo possono essere recuperate. L’arte in questo caso ridà vita a qualcosa di ‘morto’ e lo stesso si può fare in ambito umano. Nei rapporti umani capita che non si tenga in considerazione una persona, non la si reputi valida, e invece può essere di grande un’ispirazione, d’aiuto”. “In questa mostra –ha proseguito Di Vora – ho voluto rappresentare personaggi e automobili, che con la loro iconicità mettono ancora più in evidenza, nobilitano il materiale utilizzato. Io vengo da una pittura informale, astratta, ma improvvisamente ho sentito riaffiorare dei ricordi d’infanzia, di quando vivevo a Maniago, la ‘città dei coltelli’ in provincia di Pordenone. Da bambini andavamo a dare una mano ai nostri genitori in fabbrica e quando veniva bucata la lama per fissare poi il manico del coltello, cadevano a terra dei trucioli luminosissimi. Io ne ero attratta e li raccoglievo come fossero gioielli. Ho iniziato ad acquistare questi ‘scarti’ anche dalla Germania, fino a quando, ad una cena tra amici qui a Foligno, ho conosciuto Claudio Becchetti della Comear prima e poi sono entrata in contatto con Umbra Group”.
“L’arte di Silvana Di Vora – ha commentato Baffoni – è una pittura di rifiuti, ma in realtà questo rifiuto è uno scarto che viene scelto e selezionato con attenzione, al quale viene restituita nuova vita ma soprattutto la possibilità di operare attraverso una materia piuttosto sorprendente. Soprattutto nelle rappresentazioni legate alla luna, questo elemento conferisce luce, visibilità e un senso tattile della materia che altrimenti sarebbe impossibile raggiungere. Il rifiuto viene nobilitato, anzi rinobilitato, perché contiene già in sé la nobiltà della materia”.
“Accanto a una lettura in chiave di critica d’arte – ha aggiunto Segatori – le opere di Silvana di Vora meritano una lettura di tipo socioculturale. Di Vora ha valorizzato il concetto di economia circolare, che deriva dal fatto che l’impronta umana sulla terra è diventata pesantissima. Oggi siamo otto miliardi, da qui nasce la necessità di non sprecare niente. Di Vora ha trasformato in preziosi oggetti d’arte questi rifiuti. Con una battuta possiamo dire che l’espressione ‘nomen omen’ in questo caso è rovesciata: Silvana non divora ma restituisce in forma artistica”.