PMI Umbria: “Il Governo prende e perde tempo, ma le aziende non ne hanno più”

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PMI: “Il Governo prende e perde tempo, ma le aziende non ne hanno più”. Uno studio di Acacia Group evidenzia la preoccupazione diffusa e le difficoltà degli imprenditori: “Futuro resiliente ancora lontano”

   

Un quadro preoccupante per il sistema delle PMI, quello che emerge dall’indagine condotta da Acacia Group su 126 imprese umbre scelte in base a dimensione economica e settore merceologico.

Con enorme difficoltà – commenta il Presidente di Acacia Group, Francesco Pace – e certosina pazienza nei giorni scorsi abbiamo raggiunto telefonicamente le imprese interrogandole sulle previsioni per il loro futuro. Oltre il 35% degli imprenditori è seriamente preoccupato per la salute dell’azienda e il futuro dei collaboratori”.

Preoccupanti anche le prospettive di resilienza delle imprese: il 28% dichiara che, nell’attuale situazione, le prospettive di sopravvivenza non arrivano ai 6 mesi. Sono il 16% quelle che dichiarano di poter reggere fino a fine anno. Molti quelli che non sanno prevedere.

La maggiore resilienza è quella palesata dalle telecomunicazioni, dalle utilities gas ed elettricità, dal settore informatico e da alcuni comparti della meccanica. Mentre è critica la situazione nei comparti della moda e del commercio (auto in particolare).
Il 26% delle società meno strutturate prevede perdite tali da intaccare significativamente il patrimonio netto entro fine anno, determinando la necessità di un aumento di capitale.

Nota particolare va per la gestione degli incassi. Grave infatti la situazione degli insoluti: il 62% delle imprese hanno dichiarato di avere fatture insolute da parte dei clienti, di cui il 18% per una percentuale compresa tra l’8% ed il 22% del fatturato.

Gli imprenditori lanciano anche l’allarme liquidità, dichiarano infatti di non aver le risorse economiche per pagare le tasse e bocciano la manovra Cura Italia. Infatti il 62% degli imprenditori ha dichiarato che di trovarsi nella condizione di non poter adempiere al versamento delle tasse. Drammaticamente peggiore la percentuale delle imprese che si trovano nelle condizioni di non poter pagare regolarmente i fornitori nei prossimi 60 giorni. (grafico 1-2)

Lo scontento, tra gli imprenditori, è marcato

Alla domanda “Come valuta il decreto legge Cura Italia?”, il 22% non vuole o ritiene troppo presto esprimere un giudizio, il 67% lo giudica negativamente, solo il 11% ritiene sia positivo.
Tra le motivazioni di un giudizio così duro da parte delle aziende, il fatto che, secondo loro, in questo momento, il Governo non sta facendo il meglio per tutelare il mondo produttivo (16%), perché i politici non hanno percezione di cosa sia veramente l’industria (14%), perché non ha focalizzato abbastanza il suo intervento sulle PMI (21%), perché non ha messo in campo abbastanza risorse finanziarie (12%), perché manca una politica industriale (8%), altre motivazioni aggregate coprono il restante 29%. (grafico 3)

Quello che chiedono le PMI – conclude Francesco Pacesono risposte vere. Si lavori per far ripartire la domanda sul mercato, soprattutto interno, per riavviare l’economia vanno favoriti anche gli acquisti della PA di prodotti e servizi di aziende italiane; vanno fatte azioni per non perdere terreno con competitor esteri; bisogna rilanciare le grandi opere. Ora come non mai, è necessaria una politica industriale che elimini le deficienze che l’Italia ha e che frenano lo sviluppo imprenditoriale. Spero vivamente che il Covid-19 colpisca e annienti (metaforicamente) le disparità e le ingiustizie di questa Europa, e che l’UE segua il progetto vero per cui è stata costituita”.

Francesco Pace