Sinistra, Vinti: “Prima chi siamo e il cosa vogliamo. Poi il resto”

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Più disoccupazione e precarietà, Vinti:

“La costruzione di un soggetto politico della sinistra è una questione ineludibile ma complessa perché lo sviluppo capitalistico ci pone di fronte alla necessità della salvaguardia dell’equilibrio ecologico del pianeta, all’avvio della ‘terza guerra mondiale’, alla regressione sociale imperniata sullo sviluppo delle diseguaglianze, all’afasia della democrazia reale in Europa cosi per come l’abbiamo conosciuta dalla fine del secondo conflitto mondiale”.

   

Questa la riflessione di Stefano Vinti a pochi giorni dall’assemblea promossa da Anna Falcone e Tommaso Montanari per domenica 18 giugno al teatro Brancaccio di Roma, in cui viene lanciato il progetto ‘Alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza’.

“La complessità – ha aggiunto Vinti – deriva dalla necessità di superare la sconfitta storica subita dalla sinistra da parte del liberismo a livello mondiale. In Italia, occorre un nuovo soggetto politico della sinistra che sia autonomo politicamente, culturalmente e organizzativamente dai poli politici esistenti: Pd, destra e M5S. Una sinistra che si batta per la pace, il disarmo e che sia la forza della trasformazione sociale e della lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, per il cambiamento nella giustizia sociale, l’innovazione e l’uguaglianza. Una forza alternativa al turbocapitalismo e al liberismo, che lotti per un’alternativa socialista, per una nuova società fondata sulla libertà e l’uguaglianza”.

“Se si ha l’ambizione non di promuovere l’ennesimo partitino – ha spiegato Vinti –, con scarsa incidenza sulla realtà concreta e sui processi sociali, economici e culturali, o solamente una lista elettorale, ma un partito largo, con radici profonde nella società, autorevole, moderno e influente a livello istituzionale, è una problematica che, nonostante le nostre impazienze, inevitabilmente, concerne i tempi lunghi. Solo un reinsediamento sociale tra i lavoratori (gli sfruttati di tutti i tipi) sul territorio, nei luoghi di studio, nei quartieri e nei paesi, con un lavoro a lungo termine, profondo, articolato e innovativo sul piano della pratica e della elaborazione teorica, nonché appassionato, può permettere alla sinistra di svolgere un ruolo significativo in Italia, nel XXI secolo”.

Occorre ricostruire, per Vinti, un rapporto di fiducia tra la sinistra e il popolo, tra la sinistra e i lavoratori,

“perché non ci sarà senza tutto ciò nessuna strategia elettorale e nessun programma elettorale in grado di ottenere un duraturo consenso di ‘massa’”.

“Le prossime scadenze elettorali – ha commentato Vinti – vanno vissute, come ‘campo della sinistra’, necessariamente come tappa di questo impegnativo rinsediamento sociale. Quello che occorre evitare è anteporre la questione delle alleanze (aspetto non di poca importanza) allo sforzo di sapere quali sono i paletti programmatici entro cui la sinistra si deve identificare e da cui ripartire. Le destre, il Partito democratico, quelli che si autodefiniscono centristi, ritengono che l’unico orizzonte possibile entro cui agire sia quello liberista. In tema di diritti civili possono anche differenziarsi tra loro, così come sulle questioni etiche ed ecologiche, non certamente su quelle sociali e attinenti la democrazia reale che per loro va ridotta e ridimensionata”.

“Sul piano strettamente economico – ha ribadito Vinti – non prescindono dalla riduzione della spesa pubblica (istruzione, sanità, trasporti,ecc.), dall’abbattimento dello stato sociale, dalla diminuzione dei diritti del lavoro, dalle privatizzazioni e dall’allargamento della logica del profitto in ogni ambito, nonché dalle grandi opere. Ritengono l’adesione alla Nato intangibile, così come immutabile la collocazione dell’Italia nel contesto delle potenze occidentali, con tutto quello che comporta in termini di relazioni e sicurezza con il resto del mondo. Questa linea politica liberista, è molto forte, diffusa e al momento è vincente anche se emette segnali che la sua capacità egemonica registra battute d’arresto. C’è da dubitare in un suo cambiamento, anche a fronte di una sconfitta elettorale, ma una sconfitta elettorale, se si vuole cambiarla è indispensabile”.

La sinistra per Vinti

“dovrebbe costruire la propria fisionomia programmatica ponendosi per prima cosa all’opposizione delle politiche economiche di austerità, imposte da questa Europa, e lavorare per la modifica radicale dei Trattati europei, anche attraverso la costruzione di una politica unitaria dei paesi del Sud Europa e del Mediterraneo. La sinistra deve proporre la nazionalizzazione di alcuni settori chiave dell’economia e dello stato sociale (trasporti, sanità, istruzione e parte del sistema del credito), puntare al taglio delle spese militari e a quello delle grandi opere, nonché recuperare le risorse concesse a fondo perduto alle banche. Affrontare la riforma del fisco in maniera equa ed efficiente introducendo una patrimoniale sulle grandi ricchezze. Quindi avviare una stagione di riforme alternativa a quella del liberismo, fondata su un grande piano di interventi pubblici con l’obiettivo della piena occupazione, sulla razionalizzazione e il potenziamento del welfare, sul reddito di cittadinanza, sulla riconversione ecologica dell’apparato industriale, sul riassetto del territorio e delle infrastrutture”.

“Una grande riforma – ha detto ancora Vinti – dovrebbe essere di ridurre l’orario settimanale di lavoro, per ‘lavorare meno lavorare tutti’, fissare per legge il minimo salariale, fare una legge sulla rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Per sostenere la domanda interna di beni e servizi è assolutamente necessario aumentare salari, stipendi e pensioni. La sinistra non può che abrogare la precarietà del lavoro, i voucher, il Job Act e ripristinare l’articolo 18. Inoltre, la sinistra deve sostenere e valorizzare con politiche industriali e fiscali la piccola e media impresa, l’artigianato, il commercio. Quindi un programma radicalmente avverso ai principi della competitività liberista tra le persone, i territori, gli stati, contro ‘la guerra tra i poveri’ e contro le diseguaglianze”.

“La prospettiva di un ‘campo progressista’ – ha concluso Vinti – è inconciliabile, non solo politicamente ma anche culturalmente ed economicamente, con quella del Pd, delle destre e dei centristi. Per tutto ciò ritengo sbagliato parlare in questa fase di alleanze politiche. A me sembra che, ora, la priorità sia definire una piattaforma programmatica contro le diseguaglianze e l’attuazione della Costituzione; la prima occasione per farlo è confrontarsi all’assemblea promossa da Falcone-Montanari, domenica 18 giugno a Roma. Un’occasione che consiglio di non perdere”.