Perugia e UJ, storia di un amore riscoperto

470

Clima di festa, musica di qualità e sapori antichi: ecco la ricetta che funziona

   

Difficile affermare con leggerezza, dopo 49 edizioni, che se non ci fosse Umbria Jazz… bisognerebbe inventarla. Però la manifestazione perugina oggi più che mai rappresenta per la città la bacchetta magica capace di andare oltre i miracoli. Spesso lo è stata in passato, anche nei momenti più bui, ma adesso nel bel mezzo di una guerra e di una pandemia mondiali (perché sbaglia chi dice che la prima non ci riguarda e la seconda è superata) assume i contorni di quel toccasana decisivo per il rilancio di un’intera comunità.

L’appiattimento generale dei tempi moderni, che non ha certo risparmiato una Perugia già sorniona di natura, e lo “svuotamento cosmico” che ha regnato negli ultimi due anni e mezzo hanno infatti improvvisamente dovuto fare i conti con quell’onda d’urto che la creatura di Carlo Pagnotta (e non solo) in quattro balletti, come si dice da queste parti, ha fatto impattare sulle abitudini dei perugini, che sembravano tristemente irreversibili. Così, tra la voglia di sfruttare ritrovate opportunità e l’esigenza di reagire al declino grazie al ricordo di quel sottile piacere che solo la formula del “si stava meglio quando si stava peggio” sa dare, Perugia si è risvegliata rinsaldando il suo matrimonio con la kermesse musicale e ri-trasformandosi in quel crocevia di culture ed emozioni che aveva conosciuto decenni fa.

Per chi ha a cuore questa terra, una sorta di liberazione che, poco a poco e fatte le proporzioni con i fasti di un tempo, ha consentito la riproposizione di immagini unicamente positive. Per flash: i balli nelle piazze o ai lati della platea dell’Arena Santa Giuliana; gli assembramenti (una volta avremmo utilizzato il termine “feste”) sotto i palchi di Piazza IV Novembre e dei Giardini Carducci; la doppia “street parade” quotidiana dei Funk Off e le processioni della gente nei dopocena soprattutto del weekend lungo corso Vannucci;  i “buskers” a improvvisare (anche se sempre più professionali) con ogni sorta di strumenti agli angoli delle strade; locali, negozi e tavoli all’aperto stracolmi e in generale un clima di festa e una foga senza eguali nel dover fare ed esserci sopiti nel tempo; l’immancabile vetrina del rinato Sandri dedicata al jazz e le variopinte invenzioni di quel vulcano del Maestro Quintaliani; perfino scene di matrimoni da festeggiare in mezzo alla gente o nel privato della provincia con un ospite d’onore come papà Gilberto Gil (sontuoso ricevimento per le nozze della figlia nel tifernate). E alla fine scopri pure che ti erano mancati – ma ci sono ancora – perfino i ragazzi assoldati per rifilarti una copia di “Lotta Comunista” e qualche gruppetto di quegli hippies (sempre meno in verità) che erano l’icona di UJ negli anni ’70 ed ’80.

L’elenco potrebbe essere ancora lungo, ma finirebbe con l’oscurare l’aspetto musicale. Che forse mai come quest’anno è improntato proprio sul clima di festa (la serata brasiliana e quella cubana a farla da padrone) ma anche sulla qualità emergente, almeno per le conoscenze del pubblico di casa: in attesa dei “botti” finali (in sequenza Diana Krall, Tom Jones e Jeff Beck con al fianco addirittura Johnny Deep), la ribalta se la prendono tutta l’energia caraibica di Cimafunk, il virtuosismo elettrico di Christone “Kingfish” Ingram, la versatilità a tratti intima e a tratti travolgente di Jamie Cullum e, fuori Arena, gli istrionici e travolgenti Huntertones. Tutti uniti nel costruire quel primo più che positivo e forse inaspettato bilancio degli organizzatori (in attesa di quello finale previsto per domenica mattina) e quella reale convinzione nella gente di un’edizione di Umbria Jazz di successo effettivo e non dovuto al fatto che negli ultimi due anni il tono era stato giocoforza minore. Chiusura con un invito a chi legge: vietato trascurare le location più nascoste. Dal Chiostro di San Fiorenzo (via della Viola) alla Sala Podiani della Galleria Nazionale dell’Umbria; dal Teatro Morlacchi all’Auditorium del Conservatorio di piazza Mariotti; dai raffinati “music and food” a La Taverna o a La Bottega del Vino al nuovo palco di piazza Matteotti e al vincente esperimento di UJ4Kids di cui torneremo a parlare: ce n’è davvero per tutti i gusti, tasche ed emozioni. Perché senza i mille volti di Umbria Jazz, Perugia d’estate che piacere sarebbe?

 Francesco Bircolotti