L’artista Renzo Scopa è stato ricordato a 20 anni dalla sua scomparsa

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È stato ricordato a vent’anni dalla sua scomparsa attraverso la sua arte, fatta di segni, colori e parole, l’artista Renzo Scopa, nato a Urbino nel 1933 la cui opera è stata scoperta in gran parte postuma. A illustrare la figura dell’artista, svelandone la sua opera, il critico d’arte, pubblicista e storico del Futurismo Massimo Duranti che ha aperto l’evento ‘Renzo Scopa, segno, colore, parola – Ricordo a venti anni dalla scomparsa’. L’appuntamento che rientra ne ‘Il Maggio dei Libri 2017’, campagna promossa dal Ministero dei Beni e delle attività culturali, con l’obiettivo di promuovere il valore sociale della lettura nella crescita personale, culturale e civile, è stato ospitato alla biblioteca comunale Villa Urbani di Perugia che l’ha promosso insieme alla Provincia di Perugia. “Questa biblioteca – ha spiegato Gaia Rossetti, coordinatrice Biblioteca comunale Villa Urbani – ha la particolarità di ospitare tante iniziative e attività che vengono fatte con il concorso di volontari che mettono in gioco competenze e passioni. In questo spirito anche Renzo Scopa esce dagli ambienti formali per incrociare luoghi vissuti dove si possono incontrare persone diverse”.

L’incontro ha previsto un coinvolgente reading di testi autobiografici di Scopa, tratti dal suo libro ‘Il segno della parola’, interpretato da Maurizio Perugini (voce), Massimo Bartoletti (fiati), Umberto Ugoberti (fisarmonica) e Mauro Businelli (violoncello). Un quartetto che da 10 anni porta in giro per l’Umbria e non solo lo spettacolo dedicato all’artista scomparso.

“Ho definito Renzo Scopa artista nascosto – ha esordito Duranti – perché in pochi lo conoscevano, a parte una ristretta cerchia di amici. La sua era un pittura molto intimista e finché è stato in vita non ha mai voluto esporre, salvo una volta che ha partecipato a una rassegna di arte sacra”. Una figura che ha esplorato più ambiti artistici, dall’incisione, materia in cui si era formato a Urbino alla ‘Scuola del libro’, alla pittura, intrapresa a partire dagli anni ‘60 con la scoperta del colore, alla scrittura, per certi versi la più intima e segreta, percorsa soprattutto in età giovanile. Insegnante di disegno e grafica, Scopa ha lavorato per molto tempo in Umbria: a Paciano, Umbertide e soprattutto Città di Castello dove poi scelse di vivere e morì nel giugno del 1997.

Una vasta produzione quella di Renzo Scopa, ancora in parte inedita, che documenta una continua, incessante e profonda ricerca personale. “È un’artista multiforme che si è espresso con i linguaggi più diversi – ha proseguito Duranti – perché a lui non interessava il giudizio degli altri ma di se stesso. Si era lasciato andare a interpretare tutti i linguaggi possibili, soprattutto quello figurativo, con contaminazioni di astratto. Essendo un artista intimista non ha voluto dare un significato specifico alla sua ricerca pittorica, anche se il mondo che lo circondava era il suo punto di riferimento importante: il paesaggio, l’ambiente e le persone. Fra i temi quello del sacro è stato fra i più insistiti ma siccome la pittura era per sé non si è mai preoccupato di lanciare un messaggio particolare piuttosto di raffigurare quello che in quel momento voleva esprimere e lo stato di avanzamento della sua ricerca”. Dopo 13 anni di mostre le opere dell’artista si trovano sia a Urbino che in Umbria. “La famiglia Scopa – ha continuato Duranti – ha anche fatto delle donazioni in posti significativi dell’Alta valle del Tevere perché venisse lasciato un segno. Quindi la sua opera comincia a essere diffusa ampiamente. Inoltre, seppure i filoni siano stati individuati, c’è ancora tanto da scoprire nel suo repertorio”.