“Dalla prima conferenza stampa di Sviluppumbria ci saremo aspettati ben altro”

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“Dalla prima conferenza stampa di Sviluppumbria ci saremo aspettati ben altro”. La nota del Consigliere regionale del PD, Fabio Paparelli

“Dalla prima conferenza stampa di presentazione della cosiddetta ‘nuova’ Sviluppumbria, ci saremmo aspettati ben altro: come al solito, la montagna ha partorito il topolino. Ad esempio ci saremmo aspettati che emergesse un profilo netto dell’Agenzia e fosse chiarita la sua funzione strategica, oltre che venissero esposti puntualmente i numeri e le scelte qualificanti messe a punto dalla nuova governance”.

   

Lo dice il consigliere regionale Fabio Paparelli (Pd).

“In passato, eravamo abituati a incontri periodici in cui gli organi della società illustravano a tutti gli stakeholders regionali i contenuti economici, finanziari e patrimoniali e l’intero ventaglio degli interventi messi in campo, sulla base della mission assegnata dalla Giunta regionale. In questa occasione, invece, abbiamo ascoltato soltanto improbabili affermazioni, come quella che l’Agenzia si occuperà di ‘scouting delle energie latenti’, attività sconosciuta ai più, ma forse molto in voga tra parapsicologi ed esperti di marketing creativo. L’idea che ne abbiamo e che tutti ne hanno ricavato è quella di una Società che appare fortemente ridimensionata nelle funzioni e nelle ambizioni, che passa da soggetto centrale dell’implementazione delle politiche economiche regionali, a mera succursale di un assessorato, nella migliore delle ipotesi. Per avere qualche numero che aiuti a comprendere il senso di ciò che sta accadendo realmente, è opportuno leggere la relazione che accompagna la delibera n. 233 della Giunta regionale, approvata il 26 marzo scorso. Le preoccupazioni aumentano. Se ne ricava infatti che nel triennio Sviluppumbria si assesterà su un fatturato di 6.4 milioni di euro, facendo registrare una significativa riduzione rispetto al passato, in cui il volume era di quasi 9 milioni. Questa importante contrazione, pari a circa un terzo dei volumi rispetto al 2019, unita alla conseguente riduzione della propria capacità operativa, avviene in un momento in cui invece le aziende umbre avrebbero ancora più bisogno di essere accompagnate e sostenute nel cammino della ripresa del post Covid-19. Una scelta politica incomprensibile e sbagliata che svilisce la mission di un’agenzia nata per sostenere lo sviluppo locale attraverso l’attuazione di politiche pubbliche. Alla luce di ciò non stupisce che la Società sia stata perfino esclusa dal percorso di elaborazione del Recovery Plan regionale legato al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un’ulteriore dimostrazione del livello di considerazione che viene riservato a Sviluppumbria, specie in ambito strategico. La conseguenza di tutto ciò è dunque inevitabile: il più importante indice di benchmark previsto dalla legge, che regola il funzionamento delle società pubbliche – vale a dire il rapporto tra costo del personale e volume delle attività – passa dal 57 per cento dell’ultimo bilancio approvato nel 2019, al 75 per cento. Ciò significa che stiamo parlando di una Agenzia regionale che non viene messa nella condizioni di essere produttiva. In questo modo si stanno cambiando i connotati di una Agenzia che in passato è stata condotta, con grande rigore gestionale e con forte capacità innovativa, come è avvenuto in particolare per gli strumenti a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese, tanto da diventare un punto di riferimento in tutta Italia. Nel corso della conferenza stampa non sono neppure emerse le tempistiche e le modalità per la copertura del ruolo di Direttore generale che è ormai vacante da oltre sette mesi e la cui assenza mette a rischio l’autonomia, la legalità e la separazione dei poteri. È bene ricordare che, in quarantasette anni di vita, Sviluppumbria ha sempre avuto due figure di riferimento, il Presidente o l’Amministratore Unico e il Direttore generale, in un equilibrio di poteri e competenze, così come è scolpito in modo inequivocabile nello Statuto dell’ente. Il mancato imbarazzo dimostrato per questa palese violazione, lascia intendere che forse non è stata compresa fino in fondo la gravità e le responsabilità che questa scelta porta con se’, tanto più se si continua a confondere la trasparenza delle procedure e l’autonomia tra poteri, con un eccesso di burocrazia. Affermazioni che evidenziano una pratica manageriale gravemente carente, specie per chi amministra risorse pubbliche (anche dell’UE) e non i soldi di famiglia. Riteniamo dunque che gli elementi fin qui emersi siano particolarmente preoccupanti sia sotto il profilo gestionale che politico. Cambiare gli indirizzi strategici è legittimo, ma ciò che emerge è piuttosto un tentativo maldestro di cambiarne profondamente la natura. Tutto ciò è aggravato dalla mancanza di un indirizzo e di uno spirito riformista che avrebbe dovuto prefigurare un ulteriore passo verso la semplificazione e l’efficienza, attraverso l’accorpamento di Sviluppumbria e Gepafin, per offrire al nostro sistema economico un unico punto complessivo di riferimento per sostenere la ripresa ed il lavoro”.