Cuori a Kabul. Poesie per l’Afghanistan. Una raccolta in versi per raccogliere fondi per Emergency

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L’antologia di inediti, curata dallo scrittore e poeta Pietro Fratta, è stata appena pubblicata dalla casa editrice umbra Graphe.it edizioni

   

Mantenere alta l’attenzione su ciò che sta accadendo a Kabul, da metà agosto di nuovo sotto il controllo dei talebani. E farlo con la poesia, che diventa anche sostegno concreto per chi in Afghanistan da anni opera per la pace e per salvare vite umane. È di fresca pubblicazione per la casa editrice umbra Graphe.it edizioni la raccolta a più voci Cuori a Kabul. Poesie per l’Afghanistan, a cura di Pietro Fratta, scrittore, poeta e animatore del laboratorio ScriverePoesia.it, con la prefazione di Susanna Camusso. Il ricavato delle vendite del libro sarà destinato a Emergency, che è presente in Afghanistan dal 1999 e ha curato più di sette milioni di persone nei suoi ospedali a Kabul, Lashkar-gah e Anabah.

“Dopo il ritorno al potere dei talebani – sottolinea l’autore – leggevo ovunque, soprattutto sui social network, dello sdegno e della presunta angoscia che colpiva noi occidentali. Ma con un sentimento così fugace che spariva in poche ore. Non mi sembrava possibile che l’indifferenza di fondo animasse le nostre coscienze. Come rendersi conto di un dramma così lontano che non ci tange? Come fare qualcosa? L’unica risposta che mi son data è stata: con la poesia. Ho chiamato molti miei amici e conoscenti, tutti autori e poeti, e ho chiesto loro di contribuire con qualche poesia che esprimesse il vero sentimento al riguardo. Le risposta è stata celere e davvero partecipata e così è nata l’antologia”.

Il volume raccoglie testi di Stefano Bidetti, Gisella Blanco, Emanuela Botti, Isabella Braggion, Fabrizio Cavallaro, Agnese Coppola, Clarissa Costanzo, Tommaso Fiscaletti, Cettina Garigali, Simona Magagnin, Chiara Lev Mazzetti, Eleonora Molisani, Monia Moroni, Claudia Muscolino, Veronica Paladini, Mirella Parisi, Selene Pascasi, Francesca Pizzo, Miriam Maria Santucci, Emma Saponaro, Giuseppe Traina e Asia Vaudo.

“Se le parole, come si dice, sono cose, allora una cosa che possiamo fare è parlare. In versi, nello specifico: ai toni monocromi della guerra – prosegue Fratta – si possono opporre le sfumature della poesia, un mezzo universale che permette di allargare lo sguardo e la gamma delle percezioni, e aiuta a comprendere, condividere, esprimerci come umani fra umani. Ciò che passa di bocca in bocca sarà dunque la voce tremante di un canto poetico che nelle sillabe più dolenti celebra la speranza, la pace e la fiducia nel futuro. E ha un nome: Ghazal, che in italiano significa proprio poesia. Così è stata chiamata la prima bambina nata in Italia dopo la fuga della madre da Kabul”.