Città di Castello: esposizione permanente delle opere di Burri

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(Foto: mazzoleniart.com)
   

L’esposizione permanente di tutta l’opera grafica di Burri è un nuovo strumento che sostiene il cammino della sua arte nel tempo, dove essa integralmente avanza sicura, aumentando continuamente di grandezza.

Esso è rivolto a definire la qualità di questo importante capitolo della produzione artistica di Alberto Burri, munito di propri caratteri e di un valore autonomo di innovazione linguistica nella tradizione dell’arte grafica. Dopodiché è opportuno soffermarsi su alcuni aspetti che l’evento di apertura pubblica e permanente della terza raccolta delle opere del Maestro impone.

Siamo infatti giunti ad avere, con questa integrazione alla già ampia collezione di opere pittoriche e plastiche offerte al pubblico dalla Fondazione, il più grande museo privato d’artista esistente in Italia e forse nel mondo. Un tale primato non si sostanzia solo per la quantità delle opere esposte, che pur non è indifferente, né per le migliaia di metri quadri in cui si sviluppano i percorsi espositivi che le accolgono in sedi originalissime e architettonicamente scelte da Burri, ma inorgoglisce assai più per la loro altissima qualità e valenza rivoluzionaria, tra le maggiori che il XX secolo abbia conosciuto e annoverato e che il XXI, da pochi lustri avviato, ha già celebrato con le numerose attività dedicate al Centenario della nascita dell’artista.

Le dichiarazioni di Bruno Corà:

“L’alternanza morfologica, cromatica e linguistica nel corso di oltre trent’anni di esperienze grafiche rivela l’incessante tensione di Burri nella volontà di ottenere esiti ‘impronunciati’ prima di lui, risultati sui quali non si sofferma più del tempo necessario alla loro manifestazione, per impegnarsi subito dopo in nuove sperimentazioni. Burri, infatti, ha osservato sempre la regola secondo cui, esaurito l’interesse per un certo materiale usato come colore vero, reale e vissuto nella sua pittura ‘presentativa’, lo ha abbandonato per un altro che lo stimolasse nuovamente con eguale intensità o intravedendo con esso il raggiungimento di nuove possibilità e qualità di forma, spazio ed equilibrio. Il cammino di Burri nel campo della grafica ha inizio con il Senza titolo, 1950, piccola litografia recante una dedica amichevole e una numerazione di secondo esemplare, in una tiratura di tre, che la rende autentico cimelio poiché le altre due risultano distrutte. Vi compaiono tracciati lineari, reticoli e grovigli neri sul fondo bianco del foglio, insieme a colature nere più vigorose e campiture di matita grassa in alcune parti più accentuate e in altre meno, a creare quinte oscure e di penombra ai lati e dentro la composizione. Il lessico esercitato da Burri è quello affacciatosi già, seppure col tessuto materico unito all’olio, nel Catrame, 1949, ma anche nel Catrame, 1950, con olio, catrame e sabbia su tela, e che andrà ad attraversare nella valenza filiforme le Copertine, 1953-54 concepite e realizzate per il libro di poesie di Emilio Villa, 17 Variazioni su temi proposti per una pura ideologia fonetica. Nell’intero corpus grafico realizzato da Burri sono presenti numerose fasi: entro una prima ampia partizione ideale, definibile nella meditazione costante con il bianco/nero e le tecniche dell’incisione, dell’acquaforte, dell’acquatinta e nell’impiego della litografia, calcografia e collage, si annoverano Muffa, 1957, Variazioni, 1962, Combustione, 1964, Bianchi e Neri I, 1967-68, Bianchi e Neri II, 1969, Lettere, 1969, Grande Nero, 1970, Nero Minsa Craig, 1970, Bianco e Nero, 1971 e il ciclo Cretti, 1971; in una seconda manifestazione emotiva, discretamente anticipata con le Lettere, 1969, irrompe nella produzione grafica di Burri una policromia insospettata per quanto presente sin dalle prime tempere degli anni 1948-1956 e poi quasi ininterrottamente dal 1964 al 1984. Tale esplosione cromatica e morfologica include Serigrafia, 1973-76, Trittico B, 1973-76, Trittico C, 1973-76, Trittico D, 1973-76, la serie di sei Serigrafie, 1973-76, il ciclo di litografie Saffo, 1973-82 incluso nel libro di poesie tradotte poeticamente da Emilio Villa e la triade Acquaforte F-G-H, 1975. In questi anni Burri esegue anche una serigrafia policroma, Alvar Aalto, 1977, dedicata all’architetto finlandese, deceduto l’anno precedente, il Trittico E, 1979-81, la Piccola Serigrafia, 1981 e altre due coloratissime Serigrafia, 1983. Tuttavia, la serie delle serigrafie policrome s’interrompe con l’apparizione del Grande Bianco, 1981 e del Grande Bianco e Nero, 1981 realizzate dalla Vigna Antoniniana Stamperia d’Arte 2RC di Roma e del ciclo di Acquaforte, 1977 e Puntasecca, 1977, nove stampe dal tratto lineare elementare ma pregno di risonanze morfologiche astratto-anatomiche. Successivamente nascono i multipli e una nuova apparizione di opere grafiche pervase dal nero, dal nero e oro e dal bianco e nero entro il cui arco temporale di realizzazione s’inscrive la vistosa presenza delle sedici serigrafie policrome del Sestante, 1989, realizzate a Città di Castello con la Stamperia Multiplo Serigrafico diretta dallo storico amico Nuvolo (Giorgio Ascani), già attivo a Roma e al fianco di Burri per averlo egli stesso chiamato, all’inizio degli anni Cinquanta, durante l’avventura di Origine e poi dell’omonima fondazione voluta da Ettore Colla. Con i Multiplex, 1981 entra in campo la Stamperia Fausto Baldessarini di Fano, con cui Burri realizza anche i cicli delle venti Serigrafie, 1986-88, Nero 1, 1989, Architettura, 1990 e la serie di sei serigrafie Cellotex, 1992, di dieci serigrafie e foglia d’oro Oro e Nero, 1993, il Trittico, 1994 e infine l’ultimo ciclo di dieci multipli Monotex, 1994. Resta infine da considerare, in questa breve ricognizione, il lavoro svolto da Burri in California, a Los Angeles, dove soleva trascorrere nella collina di Hollywood lunghi soggiorni operosi, in un clima più idoneo alla sua salute. Nella Stamperia di Luis e Lea Remba, provenienti da Mexico City e stabilitisi a Los Angeles nel 1984, Burri realizza nel 1988 con la tecnica della mixografia una serie di dieci Mixoblack, 1988, dopo aver lavorato a matrici di cellotex con sabbia e polvere di marmo tracciando le forme e decidendo la diversa qualità di superfici e di neri da raggiungere nei rilievi. Peraltro, l’assegnazione a Burri nel 1973 del prestigioso Premio Feltrinelli per la Grafica, conferitogli dall’Accademia Nazionale dei Lincei, e l’ingresso nel 1994 di un nucleo di opere grafiche donate alla Galleria degli Uffizi, tra cui il ciclo Cellotex, 1992, quello di Oro e Nero, 1993, il Trittico, 1994 e l’opera pittorica Bianco e Nero del 1969, hanno anch’essi decretato solennemente il destino maggiore di questa importante parte della creazione artistica di Burri che oggi torniamo a celebrare, mentre questa collezione si apre al pubblico”.

E’ intervenuto in merito anche il Sindaco Luciano Bacchetta:

“Da sempre, la grafica è quel regno della raffinatezza estrema nel campo delle arti visive che si raggiunge e si conquista in mezzo a sperimentazioni e diversità di approcci tali da mettere a durissima prova le capacità tecniche di un artista e la sua reale dimensione creativa. Nel caso di Alberto Burri, questo principio di classificazione della grafica assume un’accentuazione che non ha paragone se non con pochissimi altri maestri dell’arte contemporanea. Burri, oltretutto, ha creduto nella produzione di grafica in maniera coerente e continuata, dagli esordi del suo lavoro sulla materia fino agli esiti della sua estetica, senza mai interrompere il legame fra di essa e il parallelo piegarsi in molteplici direzioni della sua produzione artistica complessivamente intesa. Su questa linea di fondo, si muovono tutti i temi che legano più che mai Burri, pur nella internazionalità della sua arte, a Città di Castello. Attraverso l’opera grafica, il Maestro ha intessuto legami profondi e sentiti con la sua città, portando nel mondo, anche indirettamente, la grande tradizione grafica della nostra Valle. Mi piace pensare, come d’altra parte hanno fatto autorevoli riviste e importanti osservatori, a una città capace di investire in cultura, cercando la strada migliore per perseguire, con determinazione, nuove prospettive di sviluppo. Su questo versante, il prezioso e competente lavoro svolto dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri è stato determinante per promuovere ancora di più l’immagine della nostra città in ambito internazionale e fare di Città di Castello, come tutti ci riconoscono, uno dei centri di riferimento dell’arte contemporanea”.