Autismo, il Serafico: “Fare rete anche sul territorio e non lasciare sole le famiglie”

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Autismo, dal Serafico di Assisi un appello a Istituzioni e società civile: “Fare rete anche sul territorio e non lasciare sole le famiglie”

   

All’Istituto Serafico, in vista della Giornata Mondiale dell’Autismo del prossimo 2 aprile, nel corso del Tavolo Nazionale per l’Autismo della CEI, è stato lanciato un appello a Istituzioni e società civile affinché le persone con neurodiversità vengano seguite e accompagnate in ogni fase della vita

Un vero e proprio appello lanciato alle Istituzioni politiche e sanitarie e a tutta la società civile affinché si affrontino con decisione e concretezza le tante problematiche delle persone con disturbi del neurosviluppo. Primo tra tutti il sostegno alle famiglie delle persone con autismo e la necessità di ‘fare rete’ anche sul territorio, accompagnando le persone con neurodiversità in ogni fase della propria vita e non solo attraverso servizi adeguati, ma anche mediante percorsi in cui ognuno possa esprimere il proprio talento: con questo obiettivo l’Istituto Serafico di Assisi, in vista della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo in calendario il prossimo 2 aprile, insieme al Tavolo Nazionale per l’Autismo della CEI ha organizzato un incontro dal titolo “La salute mentale dei bambini e adolescenti: nuove emergenze”, promosso anche a Genova e a Lamezia Terme, e “finalizzato a far incontrare le Istituzioni politiche, le associazioni e i Centri che operano nell’ambito della salute mentale e dei disturbi dello spettro autistico, affinché si dia una risposta qualitativamente e quantitativamente adeguata ai bisogni delle persone con autismo”, ha spiegato Monsignor Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio di Pastorale della Salute della CEI. 

Dopo il saluto del sindaco di Assisi, Stefania Proietti – che ha sottolineato la necessità di “una vera e propria alleanza tra Istituzioni, associazioni e istituzioni religiose che si occupano di fragilità al fine di trovare soluzioni in grado di curare la vita” – ha portato il suo saluto anche il vescovo di Assisi- Nocera Umbra-Gualdo Tadino e Foligno, monsignor Domenico Sorrentino.

Nel corso del dibattito, moderato dal Direttore Sanitario del Serafico Sandro Elisei, Francesca Di Maolo, Presidente dell’Istituto, ha ribadito l’urgenza “di dare risposte alle persone con disturbi del neurosviluppo, i cui casi negli ultimi anni sono esplosi, portando al collasso i centri di neuropsichiatria di tutta Italia, facendo sentire il peso dell’assenza di medici specializzati; un peso che portano sulle spalle soprattutto le famiglie di queste persone”. Quello che la Di Maolo ha sottolineato è stato infatti proprio ” la solitudine di tutte queste famiglie: il Serafico è un crocevia di tante mamme e tanti papà che da tutta Italia chiedono un aiuto, un supporto, una mano tesa poiché nel nostro Paese l’assistenza alle persone con disturbi dello spettro autistico fa perno quasi esclusivamente sulle famiglie: conosco mamme che si sono improvvisate infermiere, educatrici, terapiste; che hanno rinunciato al proprio lavoro per prendersi cura dei figli poiché il nostro welfare non ha messo a punto azioni di supporto nei loro confronti”. 

Tra le proposte lanciate dal Serafico, quella di lavorare soprattutto in due direzioni: “Da un lato – ha continuato la Presidente – assicurando una varietà di offerte sul piano dei servizi, affinché la presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico non sia più frammentaria, ma che venga affidata a un’équipe multidisciplinare che lavori in base a un progetto riabilitativo individuale, anche quando gli interventi sono di tipo ambulatoriale, senza mai dimenticare che le persone più fragili possono e devono trovare percorsi ad hoc per esprimere i propri talenti. Dall’altro è necessario saper rispondere ai bisogni di accompagnamento dei genitori, intervenendo anche attraverso ricoveri ‘di sollievo’ tutte le volte in cui le famiglie non possono accudire i propri figli, per problemi di salute o semplicemente per un eccessivo carico psicologico”. 

La parola d’ordine, dunque, è stata ‘fare rete’: “Perché nessuna famiglia deve essere più lasciata sola ad affrontare i problemi di un figlio con autismo, neppure dal punto di vista economico: troppo spesso le disuguaglianze sono dovute a tanti fattori, dalla regione in cui si vive al reddito della famiglia, e così troppe prestazioni rimangono a carico del paziente” ha aggiunto.

Nel corso del suo intervento, inoltre, la Presidente ha ringraziato gli esponenti delle Istituzioni che hanno partecipato all’incontro: “E’ importante per noi che il mondo della politica oggi sia qui per ascoltare le famiglie, gli operatori e tutti coloro che ogni giorno sono al fianco di chi si prende cura dei più fragili, ma sono convinta che questo appello debba essere rivolto non solo alle Istituzioni politiche e sanitarie: questo è un appello che rivolgiamo a tutta la società civile, perché l’autismo non può essere considerato il triste destino capitato a qualcuno, ma va affrontato nella sua complessità da una società solidale”.

L’incontro si è aperto con una drammatica panoramica svolta da Stefano Vicari, ordinario di neuropsichiatria infantile dell’Università Cattolica di Roma, sull’emergenza della salute mentale. Parlare di emergenza in merito ai disturbi dello spettro autistico, infatti, è d’obbligo ed è tutt’altro che un’iperbole. E questo “non solo perché i disturbi mentali rappresentano il 16% del carico globale di malattie nella fascia 10-19 anni, ma anche perché in Italia sono oltre 2 milioni i giovanissimi affetti da problemi di salute mentale” ha spiegato il professore supportato anche dai dati raccolti dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. 

Marco Squarta, presidente dell’Assemblea Legislativa regionale, nel corso del suo intervento ha spiegato che “i fondi ricevuti dal governo, 1 milione e 400mila euro, serviranno proprio a sopperire a tutte quelle mancanze che si trovano ad affrontare le famiglie delle persone con disabilità. Come? Per l’attuazione di progetti per le patologie legate ai disturbi del neurosviluppo, per aumentare il numero dei medici neuropsichiatrici. Risorse straordinarie che serviranno a finanziare servizi e assistenza e finalizzate in parte anche alla somministrazione del metodo ABA. 

E’ intervenuto anche il Augusto Pasini, il Direttore di neuropsichiatria infantile della USL Umbria 2, che ha garantito l’impegno della Usl “nella prevenzione e nella diagnosi precoce per tutto ciò che concerne i disturbi del neurosviluppo, supportando le famiglie e formando anche gli insegnanti”. 

Massimo D’Angelo, invece, il Direttore Regionale umbro della Sanità, ha posto l’accento sulla necessità di “dover rispondere alle richieste delle famiglie, garantendo un impegno e una prevenzione ad hoc, una presa in carico globale e facendo sì che tutte le figure di riferimento possano confrontarsi e lavorare all’unisono”. Perché “qui in Umbria – ha aggiunto – è necessario creare una rete di supporto per queste famiglie, garantendo altresì l’inclusione sociale e lavorando sui progetti di assistenza a lungo termine”. 

Non sono mancate neppure le testimonianze delle associazioni del territorio. “Nonostante l’autismo sia, sul piano nazionale, in forte crescita – ha spiegato Delfina Dati, presidente dell’associazione Afad e madre di una ragazza autistica di 19 anni – una problematica importante che riscontrano le famiglie delle persone con disabilità, ad oggi, risiede nel fatto che c’è una carenza cronica, nelle Asl italiane, di neuropsichiatri. Ci sono delle leggi nazionali di riferimento, come la Legge 134 del 2015, ma non vengono rese operative proprio per questa carenza di personale sanitario. Le famiglie, dunque, sono costrette a ricorrere al privato, arrivando a spendere anche 1.200 euro al mese per le terapie. Pensi un po’… alcune famiglie devono scegliere se fare la spesa o far curare il figlio!”. 

Paola Valentini Carnevali, presidente di Angsa Umbria e mamma di un ragazzo autistico di 36 anni, ha sottolineato come il Servizio Sanitario Nazionale si riveli spesso insufficiente: “Anche quando si ha la fortuna di avere una diagnosi precoce – afferma – la presa in carico poi fa acqua da tutte le parti. Perché le neuropsichiatrie non hanno personale formato e la presa in carico in sé è troppo scarsa: si pensi che la terapia cognitivo comportamentale prevede una presa in carico di almeno 15 ore settimanali; in Italia se ne fanno da 1 a 6, meno della metà. C’è poi tutto il problema che riguarda i ragazzi autistici oltre i 18 anni: oggi si parla quasi solo di autismo infantile, ma i ragazzi crescono e dopo la maggiore età la presa in carico del Ssn è pari a zero”.