Allarme dei geologi: la siccità causa l’abbassamento delle falde idriche sotterranee

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“La perdurante scarsezza delle precipitazioni, nella primavera appena trascorsa, ha causato un abbassamento dei livelli d’acqua in fiumi, negli invasi e nelle falde sotterranee”. Lo afferma Fabio Tortorici, Presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi. “A grande scala – continua Tortorici – stiamo assistendo a cambiamenti climatici che ci stanno portando verso una desertificazione di parte del nostro territorio, ma la siccità è un fenomeno naturale che periodicamente si ripresenta con picchi che mettono a dura prova l’uomo, le sue attività produttive e l’ambiente. Malgrado questo fenomeno si verifichi ripetutamente, non si è riusciti a mettere in campo, per tempo, misure di contrasto alla siccità.  Da decenni i geologi hanno lanciato il loro grido di allarme sulla questione ‘risorse idriche’, sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo”.

Partendo dall’elemento primario “acqua” – spiega il Presidente della Fondazione – questa andrebbe emunta dal sottosuolo in maniera razionale e cosciente, ma oggi non è possibile stabilire i reali e globali quantitativi utilizzati a causa degli innumerevoli prelievi abusivi. La conseguenza di questi sfruttamenti illegali è quella di rendere aleatorie le stime dei bilanci idrici: non si ha una misura del reale deficit irriguo e potabile. Vediamo l’effetto della scarsità d’acqua dove e quando questa viene a mancare, ma non abbiamo una misura degli eccessi e sprechi con cui questa viene sottratta dalle falde, alterandone gli equilibri.

Altro annoso problema sono le reti – sia irrigue che ad uso potabile – e gli invasi colabrodo. Numerosi Comuni italiani hanno perdite superiori al 60 per cento nelle reti acquedottistiche, ne consegue che ci vorrebbero maggiori investimenti per la realizzazione di nuove condotte.

“La risorsa idrica – prosegue Tortorici – deve essere innanzitutto risparmiata, tutelata e sfruttata con ulteriori e mirate opere di captazione (ed eventualmente trattenuta da opere artificiali), solo dopo avere stabilito quali aree del nostro territorio e in che misura sono le più carenti. In questi giorni si discute della possibile realizzazione di nuovi bacini, ma sono così necessarie nuove cattedrali nel deserto? Non sarebbe prima il caso di conoscere il problema in termini numerici e scientifici con realistici bilanci idrogeologici e poi risolverlo con interventi puntuali? I mancati introiti dai canoni demaniali, evasi dagli innumerevoli sfruttamenti abusivi, non potrebbero essere recuperati con azioni di ‘Polizia idrica’ e impiegati per contribuire alla realizzazione di nuove opere?”.

È dunque fondamentale per il geologo “ripartire dall’educazione di adulti e bambini, di cittadini comuni e amministratori, di un utilizzo attento della risorsa idrica e del rispetto del territorio. Se questo non avverrà, le nostre parole rimarranno gettate al vento e continueremo ad alternare i dibattiti tra siccità e bombe d’acqua”.