Voucher, U.I.L. Umbria: “Referendum rischioso, meglio modificare la norma”

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Nel 2016, in Umbria, il numero di buoni lavoro venduti ha superato di gran lunga la soglia dei 2 milioni. È questo il dato che più colpisce del quarto Rapporto Uil sui voucher pubblicato lunedì 27 febbraio. Lo studio, realizzato dal Servizio politiche attive e passive del lavoro di Uil, mette in luce un aumento esponenziale e costante del lavoro accessorio dalla sua istituzionalizzazione a oggi. Dai 7.541 voucher venduti in Umbria nel 2008 si è passati, infatti, a toccare il picco, lo scorso anno, dei 2.243.432, con un aumento rispetto al 2015 del 22,3 per cento. Numeri che impressionano il sindacato il quale, per bocca del segretario confederale di Uil Umbria Claudio Bendini, chiede una revisione della materia.

“Il rapporto che presentiamo – ha dichiarato Bendini – dimostra quanto abnorme sia stato, in questi ultimi anni, l’uso di tale strumento. I voucher devono tornare alla loro funzione originaria ed essere utilizzati esclusivamente per lavori occasionali accessori. Sollecitiamo, quindi, il parlamento a trovare subito una sintesi normativa in questa direzione”.

Stando sempre alle informazioni fornite dall’Unione italiana del lavoro, che a sua volta utilizza fonti Inps, nel 2015 sono stati 24.020 i lavoratori umbri retribuiti con la modalità del lavoro accessorio. Un dato significativo, anche in mancanza di quelli del 2016, se paragonato ai 17.990 lavoratori pagati con questo sistema nel 2014 e agli 11.356 del 2013. Nella classifica provinciale per numero di buoni lavoro stampati nei 12 mesi passati, spicca la posizione di Perugia, 24esima su 110 province italiane, con 1.767.479 voucher. Ottantaduesima, invece, la provincia di Terni con 475.953 emissioni.

“I dati sono impressionanti – ha commentato ancora Bendini –. Sempre più spesso il lavoro retribuito con voucher viene utilizzato come sostituto di un contratto subordinato. È difficilmente comprensibile come si possa valorizzare e incentivare, con enormi stanziamenti di risorse pubbliche, il contratto a tempo indeterminato e, allo stesso tempo, facilitare l’utilizzo di uno strumento altamente precarizzante. I voucher, però, non possono essere aboliti del tutto. Si rischierebbe di far ripiombare totalmente nel ‘nero’ tutti i lavori svolti in maniera saltuaria. Lo stesso referendum presenta troppi rischi: se si perdesse o non si raggiungesse il quorum saremmo costretti a tenerci l’attuale inaccettabile regime mentre un’eventuale vittoria comporterebbe la totale abolizione dei buoni lavoro lasciando senza tutele coloro che, realmente, dovrebbero esserne i destinatari”.

Uil propone quindi delle modifiche alla disciplina del lavoro accessorio per far sì che questo possa essere considerato tale solo in presenza di “casi del tutto eccezionali e meramente temporanei”.

“Prevediamo – ha spiegato Bendini – la riduzione da 7mila euro a 4.980 euro netti annui di compenso percepibile dal prestatore di lavoro, indipendentemente dal numero dei committenti. Per i beneficiari di prestazioni di integrazioni e sostegno al reddito resterebbe il tetto di 3 mila euro. Introdurremo, poi, un tetto massimo annuo di 1.200 euro di compenso erogabile dal committente, indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro, per un massimo di 600 euro annui netti per singolo prestatore”.

L’organizzazione sindacale chiede, inoltre, che il singolo buono corrisponda a 4 ore lavorate e, quindi, a 30 euro. Il committente dovrebbe avere poi un tetto massimo di 20 giornate l’anno di utilizzo dei voucher, indipendentemente dal numero dei prestatori, e per non più di 2 giornate consecutive. Uil vieterebbe, infine, il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio in edilizia e agricoltura.