Quando non è solo l’alcool a danneggiare il fegato

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Quando non è solo l’alcool a danneggiare il fegato. Sindrome metabolica e fegato grasso alla base della NAFLD, che può evolvere nella più ‘pericolosa’ NASH

   

La NAFLD (epatopatia non alcolica – Non Alcoholic Fatty Liver Disease) è definita come un accumulo di grasso nel fegato sotto forma di trigliceridi (istologicamente >5% degli epatociti) e attualmente rappresenta la causa più comune di patologia epatica cronica. Dato che può evolvere verso una fase infiammatoria definita NASH (steatoepatite non alcolica – Non Alcoholic Steatohepatitis) caratterizzata da steatosi, danno cellulare e infiammazione, la NAFLD non si può più considerare una condizione benigna.

La progressione della NAFLD a NASH aumenta quindi il rischio di cirrosi, insufficienza epatica, epatocarcinoma ed è un fattore riconosciuto di rischio cardiovascolare. La cirrosi da NASH, inoltre, è sempre più frequentemente causa di trapianto epatico.

Obesità centrale, Diabete Mellito di tipo 2 e la dislipidema (ipertrigliceridemia piuttosto che ipercolesterolemia) sono spesso associate alla NAFLD (si ha nel 75% dei soggetti obesi e diabetici e nel 90% dell’obesità patogena) così da essere considerata una manifestazione epatica della sindrome metabolica e condividerne i meccanismi patogenetici che ne sono alla base.

La causa prima è da ricercarsi nell’insulino-resistenza correlata all’obesità: nella prima fase si avrebbe accumulo di trigliceridi all’interno dell’epatocita, con alterazione del metabolismo lipidico epatocitario, per cui si avrebbe un aumento di flusso degli acidi grassi liberi che porterebbe all’insulino-resistenza.

In una seconda fase si formerebbero specie reattive dell’ossigeno (ROS) e prodotti della perossidazione lipidica che sono causa della necrosi epatocitaria, dell’attivazione delle cellule stellate epatiche, della produzione di citochine e del richiamo di cellule infiammatorie: tutti presupposti per determinare la fibrosi epatica.

Nella NAFLD il quadro istologico è indistinguibile da quello della steatosi di origine alcoolica. La NASH, invece, si caratterizza istologicamente da un danno più avanzato: steatosi, degenerazione balloniforme, infiammazione lobulare e fibrosi localizzata inizialmente nelle regioni perisinusoidali.

Il grado di fibrosi rappresenta un fattore prognostico predittivo di progressione. La diagnosi di NAFLD viene fatta in base a diversi criteri: anamnesi negativa per abuso alcoolico; valori di gammaGT e transaminasi spesso elevati (rapporto AST/ALT<1); iperlipidemia; diabete; iperinsulinemia basale. L’ecografia epatica evidenzia un’aumentata riflettanza del parenchima epatico dovuta all’accumulo di grasso.

La prima linea di terapia, raccomandabile in tutti i pazienti con NAFLD e anche finalizzata al contenimento del rischio cardiovascolare, è non-farmacologica.

Il calo ponderale perseguibile attraverso la modificazione dello stile di vita (incremento dell’attività motoria e variazione delle abitudini alimentari) favorisce un miglioramento dell’istologia epatica quando è maggiore del 7-10% del peso iniziale. Sono preferibili approcci pragmatici, adattati individualmente, che concilino la restrizione dietetica con l’aumento progressivo di esercizio aerobico/di resistenza.

La terapia farmacologica rivolta al trattamento dei disordini metabolici concomitanti (ipolipemizzanti, anti-ipertensivi e anti-diabetici) è raccomandabile in tutti i pazienti con NAFLD al fine di prevenire e contenere le comorbidità extra-epatiche.

Sebbene il campo di ricerca sulla NAFLD sia uno dei più prolifici degli ultimi anni, molti sono ancora gli obiettivi da perseguire, i più urgenti dei quali sono la scoperta e la validazione di marcatori non invasivi sia di NAFLD sia di NASH e la definizione di una terapia specifica per la NASH. La NAFLD si caratterizza per l’ampissima prevalenza nella popolazione, ma solo una percentuale minima, sebbene rilevante in termini assoluti, muore per cause epatologiche.

Tuttavia, la possibilità di effettuare uno screening efficace e condiviso è stata finora vanificata per l’incertezza degli attuali marcatori biochimici, per il costo della biopsia epatica e infine per la mancanza di un chiaro vantaggio soprattutto dal punto di vista terapeutico.

Dr.ssa Federica Rondoni