Melanoma in fase avanzata: paradigma di una nuova era dell’oncologia

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Melanoma in fase avanzata: paradigma di una nuova era dell’oncologia. L’immunoterapia sta rivoluzionando la prognosi dei pazienti affetti, aumentandone le prospettive di sopravvivenza

   

Tra tutte le diagnosi oncologiche, nessuna più del melanoma ha subito un cambiamento così radicale.

Fino a pochi anni fa era considerata una tra le forme tumorali più aggressive, per la quale le terapie disponibili non fornivano che un minimo beneficio.

Oggi è una patologia con una storia nuova, per la quale abbiamo a disposizione nuovi farmaci.

Il melanoma è rarissimo prima della pubertà e colpisce prevalentemente giovani adulti tra i 30 e i 60 anni, occupando il sesto posto, per frequenza, nella fascia di età compresa tra 0 e 39 anni.

Alcuni melanomi insorgono in soggetti predisposti geneticamente, mentre altri sembrano essere determinati da cause esogene (conseguenza della convergenza di numerosi fattori di rischio).

Tra queste, le principali sono il numero di nevi comuni e atipici e il fototipo chiaro (I e II), il pattern di esposizione alle radiazioni solari (esposizione acuta contro esposizione cronica; il periodo della vita in cui è avvenuta l’esposizione; l’uso di fotoprotezione) e l’uso di lettini abbronzanti.

In letteratura inoltre, si stanno accumulando dati relativi ad una potenziale correlazione con l’esposizione a derivati del petrolio e benzene.

Considerato fino a pochi anni fa una neoplasia rara, oggi il numero delle nuove diagnosi è in crescita costante in tutto il mondo, con un ritmo elevatissimo, pari a circa il 30% negli ultimi 10 anni, superiore rispetto alla maggior parte dei tumori solidi.

In Italia si stimano circa 10.000 nuovi casi ogni anno.

Nonostante la forma cutanea sia la forma più comune e nota, il melanoma può presentarsi anche a carico delle mucose e di strutture peculiari come ad esempio la coroide (strato intermedio tra sclera e retina).

Queste tre forme differiscono le une dalle altre in termini di caratteristiche biomolecolari, di storia naturale e di capacità di risposta alle terapie mediche.

Meno di cinque anni fa la sopravvivenza dei pazienti con diagnosi di melanoma metastatico si aggirava intorno ai 6 mesi, con solo il 25,5% di pazienti vivi a 1 anno a prescindere dal trattamento proposto.

A oggi le cose sono radicalmente cambiate e nuove terapie più moderne stanno prendendo piede, più tollerabili ed efficaci.

Per i pazienti non portatori di alcuna mutazione, la prima linea di trattamento standardizzata è attualmente l’immunoterapia con anticorpi monoclonali, Nivolumab e Pembrolizumab.

Poi ci sono i farmaci target, che riconoscono e legano specificatamente un target molecolare interferendo con una o più vie metaboliche necessarie per la sopravvivenza della cellula tumorale.

Nel caso di melanomi che presentano mutazioni specifiche nel DNA della cellula tumorale (per esempio nei geni BRAF, MEK o c-KIT) si possono utilizzare combinazioni di farmaci target.

Risulta quindi indispensabile la tipizzazione molecolare della malattia per avere una più ampia definizione del profilo genetico che possa aiutare ad individuare gli elementi aggredibili tramite i farmaci più avanzati, ripristinare una risposta immunitaria silenziata dal tumore stesso e sviluppare farmaci con un profilo di tossicità sempre più tollerabile.

Queste le tre grandi rivoluzioni della terapia oncologica che permetteranno sicuramente lo sviluppo di una oncologia sempre più personalizzata e a misura di paziente.

Dr.ssa Federica Rondoni