Apnee nel sonno: una patologia che “riguarda” 30 mila umbri

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Apnee nel sonno: una patologia che “riguarda” 30 mila umbri. Più frequente del diabete e dell’asma. Ne soffrono 5 mila solo nel comune di Perugia

   

La sua frequenza nella popolazione generale è pari forse solo a quella della ipertensione arteriosa, ma mentre tutti conoscono l’ipertensione arteriosa e la temono e la curano, pochi sono quelli che conoscono l’OSAS e la sua importanza. Se consideriamo solo la forma più grave, ne sono affetti  il 4-8% degli uomini e il 2-5% delle donne, circa 2 milioni di persone in tutta Italia, 30.000 nella nostra Umbria e ben 5.000 nel solo comune di Perugia,  mentre le forme lievi o moderate sono presenti in circa il  25% dei maschi e nel 10% delle femmine.  Ma solo in una minima parte di questi viene fatta la diagnosi.

Eppure si tratta di una patologia cronica dai risvolti molto seri, chi ne è affetto presenta una alterata struttura del sonno con talora eccessiva sonnolenza diurna e rischio più elevato   di incidenti stradali e di infortuni sul lavoro;   inoltre il malato di OSAS è a rischio aumentato per lo sviluppo  o l’aggravamento di  altre patologie croniche a grande impatto sociale come l’ipertensione arteriosa, il diabete, le aritmie cardiache, la cardiopatia ischemica, le ischemie cerebrali e la sindrome ansioso-depressiva.  L’OSAS determina quindi non solo una scadente qualità della vita nel singolo, ma, vista la sua elevata prevalenza, ha anche gravi ricadute in termini di salute pubblica e di impatto economico, sia in termini di costi diretti (per il trattamento delle complicanze mediche e infortunistiche)  che  indiretti (perdita di produttività, ecc. ).

Le apnee ostruttive nel sonno sono caratterizzate da  episodi ricorrenti di ostruzione delle vie aeree superiori  a livello della faringe. Come è noto, durante il sonno si ha una riduzione del tono muscolare; anche i muscoli dilatatori della faringe vanno incontro ad ipotonia e ciò determina un collabimento  dei tessuti molli a questo livello.  In alcuni soggetti tale fenomeno è particolarmente  marcato  e ciò provoca  russamento, caratteristico rumore dovuto alla “vibrazione” del palato molle per il passaggio forzato dell’aria in uno spazio ristretto. Il russamento è la “spia” che qualcosa non va nella respirazione notturna. Con l’andare del tempo e l’aggravarsi del problema, il  russamento diviene intermittente perché  compariranno episodi, via via  più numerosi,  della durata superiore a 10 secondi (ma anche  fino ad un minuto e più) di ostruzione parziale  (ipopnea) o completa (apnea) che impediscono il normale passaggio  dell’aria  verso i polmoni.  A causa delle numerose interruzioni del respiro,  a livello polmonare non possono avvenire correttamente gli scambi dei gas arteriosi del sangue: ad ogni episodio di apnea o ipopnea  farà seguito una riduzione  più o meno marcata dell’ossigeno mentre aumenteranno i livelli di anidride carbonica. Pertanto a seguito di ciascuna apnea si avrà una sofferenza di tutto l’organismo e, in particolare degli organi e apparati “nobili”, che hanno un maggior bisogno di ossigeno, come il cuore e il cervello.

Le apnee e le ipopnee  terminano  solo grazie all’intervento del centro del respiro che si trova a livello cerebrale e che,  rispondendo alle alterazioni dei gas arteriosi, determina un microrisveglio  il quale, ripristinando il tono muscolare della veglia, consente la ripresa della respirazione. Questi  microrisvegli, di cui il paziente non si rende conto, portano a frammentazione del sonno e a riduzione delle fasi più profonde: il sonno così alterato diviene di cattiva  qualità  e quindi poco ristoratore.

Come conseguenza delle alterazioni dei gas arteriosi nel sangue (in particolare dell’ ipossiemia intermittente), delle variazioni notevoli di pressione intratotoracica e dei ripetuti microrisvegli, nei soggetti con apnee  si verifica tutta una serie di meccanismi sfavorevoli per l’organismo   (ipertono simpatico,  attivazione della cascata infiammatoria,   disfunzione endoteliale,  ipercoagulabilità,   stress ossidativo,   insulino-resistenza,   alterazioni del metabolismo lipidico e accelerazione dei processi aterosclerotici).

Appare chiaro, pertanto,  che l’OSAS costituisce un  fattore di  rischio di grande rilievo per lo sviluppo o per l’aggravamento di  malattie cardiovascolari, quali ad esempio l’ipertensione arteriosa   (soprattutto le  forme farmaco-resistenti e i profili non dipper), la cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco, le aritmie  (in caso di  fibrillazione atriale trattare le apnee è fondamentale per ridurre le recidive dopo cardioversione).  Per gli stessi meccanismi,  i soggetti OSAS sono a maggior rischio anche di patologie cerebrovascolari (ictus, TIA) e metaboliche  tra cui innanzitutto il diabete mellito di tipo 2 (le apnee si ritrovano in circa l’80% dei diabetici di tipo 2 e il trattamento delle apnee fa migliorare di molto il compenso glicemico), ma anche dislipidemia,  steatosi epatica, obesità.

Inoltre, a causa della cattiva qualità del sonno e dell’ipossiemia notturna, durante il giorno tali soggetti possono avere astenia e facile stancabilità, nonchè disturbi psicologici come ansia e depressione e disturbi neurocognitivi quali difficoltà di concentrazione,  riflessi rallentati,  deficit di memoria.  Infine,  una certa quota  di  pazienti (all’incirca un 30% del totale),  presenta  una  eccessiva  sonnolenza  diurna.

Quando in un paziente sono presenti una o più di tutte queste comorbidità si parla di Sindome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS).

Sono a maggior rischio di apnee  i soggetti obesi, con collo grosso e tozzo nonché i soggetti con riduzione dello spazio faringeo per mento piccolo e/o sfuggente,  per ipertrofia del palato molle o per macroglossia.

Altri fattori di rischio sono la familiarità, l’ipotiroidismo, l’uso di farmaci miorilassanti, il fumo,  le allergie delle prime vie aeree e il reflusso gastroesofageo.  Il russamento e le  apnee inoltre sono più frequenti nel sesso maschile con rapporto di circa 2-3:1; dopo la menopausa però  la prevalenza nei due sessi tende ad essere simile.

I sintomi principali che possono insospettire sono il russamento abituale e le pause respiratorie nel sonno (più spesso riferite dal partner). Molto suggestivi sono anche la nicturia, la bocca secca al risveglio, la cefalea mattutina, il senso di sonno non ristoratore e l’eccessiva sonnolenza diurna. La presenza delle comorbidità (ipertensione arteriosa, diabete, aritmie, cardiopatia ischemica, ecc.), costituisce un altro elemento di sospetto.

Nel caso di sospetto clinico, la conferma diagnostica si ottiene effettuando un  esame strumentale che registra il respiro durante il sonno: il Monitoraggio Cardiorespiratorio Notturno,  comunemente detto anche Polisonnografia;  si tratta in realtà di una versione semplificata di questa. È un esame semplice, non invasivo, non doloroso; lo strumento è portatile e poco ingombrante. Indossato per tutta una notte a casa propria, nel proprio letto permette di studiare il respiro durante il sonno verificando il russamento e il numero e la gravità delle apnee e ipopnee presenti, nonché le diminuzioni dei valori dell’ossigeno ematico correlate agli eventi respiratori.  In base ai risultati, unitamente ai dati clinici, si  può definire  lo stadio della malattia (lieve-medio-grave-molto grave).

Esistono diversi trattamenti che possono essere impiegati  a seconda dello stadio della malattia e delle caratteristiche del paziente:  in generale, nelle forme lievi-medie possono essere sufficienti degli avanzatori mandibolari (che si applicano la notte sulle arcate dentali) oppure  l’intervento chirurgico otorinolaringoiatrico di rimozione dei tessuti molli che restringono lo spazio faringeo (ugola, palato molle, tonsille, base linguale, ecc). Nelle forme più avanzate il  trattamento di scelta è  pneumologico ed è rappresentato dall’uso regolare durante il sonno di un ventilatore (CPAP) che eroga aria a pressione positiva continua nelle vie aeree tramite una mascherina nasale o oronasale, impedendo il restringimento dello spazio  faringeo.

Per prevenire e per rallentare la progressione della malattia è importante mantenere un corretto stile di vita: in particolare è utile evitare l’incremento ponderale mantenendo sempre un peso corporeo ideale, evitare i farmaci miorilassanti,  i pasti serali abbondanti e la posizione supina nel sonno; inoltre trattare il reflusso gastroesofageo e  le allergie delle vie aeree,  fare attività fisica regolarmente,  non bere molto alcool ed  evitare il fumo di sigaretta.

Dott.ssa Federica Rondoni